«E il bambino è assolutamente sicuro che si trattasse di suo padre?» chiese King per la terza volta.
Erano alla stazione di polizia e stavano riesaminando i fatti accaduti la notte precedente in casa Robinson.
«Così ha detto» rispose Williams. «Non so proprio che motivo avrebbe di mentire.»
«Ma vi ha detto che era in cima alle scale e guardava in basso nell’oscurità.»
«Suo padre gli ha parlato. Lo ha chiamato per nome, sapeva come si chiama suo fratello, e che c’era di sopra un bebè e persino il nome dell’orsacchiotto di Tommy. Chi altro poteva essere?» King non replicò; si accasciò sulla sedia e giocherellò nervosamente con la penna che aveva in mano.
Williams proseguì. «E in casa abbiamo trovato tutti gli effetti personali prelevati dai cadaveri delle prime cinque vittime.»
«Avete trovato impronte digitali sugli oggetti?» domandò King in tono brusco.
«No. Ma non mi sorprende affatto. Non ne avevamo trovato neppure sul luogo del delitto degli altri omicidi.»
«Una mossa astuta, tenersi tutte le prove in casa.»
«No, abbiamo avuto una fortuna sfacciata a ritrovarli. Il mio agente ci ha fatto caso solo perché il coperchio a tappo era avvitato male sul tubo di scarico e perciò era un po’ inclinato, mentre sul tubo accanto era in posizione corretta. Era sceso nello scantinato solo per controllare se l’assassino si fosse introdotto in casa da lì e l’ha scoperto per puro caso.»
«Che cosa dice il signor Robinson?»
«Di essere partito da casa verso mezzanotte e di essere già quasi a metà strada da Washington quando ha ricevuto la telefonata.»
«Non si è fermato da nessuna parte?»
«No. A quell’ora lo ha chiamato sua moglie con il cellulare. Abbiamo verificato. Ma potrebbe avere effettuato la chiamata da solo, in casa sua, maneggiando i due cellulari contemporaneamente.
«Eppure è giunto a casa più di un’ora dopo il vostro arrivo?» insistette King caparbiamente.
«E allora? Ha guidato nella campagna circostante tutto il tempo per procurarsi un alibi. E non sembrava affatto scioccato più di tanto che sua moglie fosse morta. Ha preso i bambini e se n’è andato in casa di parenti pochi isolati più in là.»
«E che movente avrebbe avuto per tutti questi omicidi?»
«È un serial killer travestito da bravo paparino di provincia. Non sarebbe la prima volta. Ha scelto a caso le sue vittime e le ha uccise una dopo l’altra.»
«E per quanto riguarda i collegamenti tra Deaver, Canney e Battle?»
«Pure e semplici coincidenze, oppure i collegamenti erano sbagliati.»
«E l’ipotesi sui motivi che l’hanno spinto a uccidere sua moglie?» insistette ancora King.
«Forse lei nutriva dei sospetti su di lui» azzardò Bailey. «Ed è stato costretto a eliminarla, prima che i sospetti diventassero pericolosi, attribuendo la responsabilità dell’ennesimo omicidio al misterioso serial killer. Harold Robinson viaggia molto spesso di notte, da solo: è perfetto come serial killer. Al momento stiamo verificando dove si trovava nelle ore corrispondenti a ciascun omicidio. È stato un bel rischio, ucciderla proprio in casa sua. Ma può darsi che si fosse convinto di non avere altra scelta. Se non l’avesse visto suo figlio non l’avremmo mai sospettato.»
«Sì, l’istinto mi dice che è l’uomo che cercavamo» disse Williams.
«Eppure suo figlio gli ha parlato ed è ancora vivo?» osservò King.
«Forse anche un animale come quello ha i suoi limiti» ribatté Bailey. «O forse ha pensato che suo figlio fosse ancora nel dormiveglia e non avrebbe ricordato la breve conversazione, o che nessuno gli avrebbe creduto se il bambino lo avesse confidato a qualcuno. Hai studiato legge e hai la toga, Sean. Un avvocato della difesa ci sguazzerebbe con un bambino così piccolo.»
King si abbandonò esasperato contro lo schienale mentre Bailey lo osservava attentamente. «La tua socia ci ha detto che eri fuori città per delle ricerche per conto tuo. Trovato nulla?»
Dalla domanda trapelò abbastanza sarcasmo da far venire voglia a King di strangolare l’agente dell’FBI. Intuendolo, Michelle, una volta tanto, lo blandì con una mano sulla spalla.
«Stai calmo» gli bisbigliò sottovoce.
«È dopo questa battuta che devo dire: “Vaffanculo, Michelle”?» borbottò per tutta risposta.
Però invece di reagire si alzò e disse: «Be’, se l’assassino è proprio lui, congratulazioni. Teneteci informati». Poi si levò di tasca il distintivo da vice. «Questo glielo devo restituire, capo?»
«No. Ufficialmente il caso non è chiuso fino a quando non avremo una confessione o qualche altra prova schiacciante.»
«Bene, perché in questo momento mi piace essere vicecapo. Anzi, potrebbe tornare utile.»
E uscì.
«Riesce sempre a essere acido come l’uva acerba» commentò Bailey.
Michelle si schierò prontamente in difesa del suo socio. «Non sappiamo con assoluta certezza che Robinson è proprio l’assassino.»
«Be’, ci arriveremo presto» ribatté Bailey.
Michelle si alzò a sua volta per uscire.
«A proposito, Michelle» soggiunse Bailey «assicurati di tenerci informati di qualsiasi vostro eventuale progresso nell’indagine. Sono certo che si dimostrerà preziosissimo ai fini dell’inchiesta.»
«Chip, questa è la cosa più intelligente che hai detto da quando ti ho incontrato per la prima volta.»
Michelle seguì King fuori dalla stazione di polizia.
«Allora, che cosa hai in mente?» domandò al socio.
«Gli lasceremo sbattere dentro Robinson. Probabilmente sarà più al sicuro in carcere.»
«Ma non credi che sia stato lui, vero?»
«Non è esatto. So che non è stato lui.»
«Allora sai chi è il serial killer?»
«Ci sto arrivando. Hai avuto la possibilità di parlare con i Battle?»
«Non certo dopo quello che è successo. Vuoi ancora che lo faccia?»
King ci rifletté un momento, battendo nervosamente il palmo della mano sul tetto del fuoristrada bianco.
«No, salteremo tutto e punteremo direttamente al percorso finale. Non c’è più tempo.»
«Pensi che l’assassino colpirà ancora?»
«Ha fatto apposta in modo che la polizia creda che il serial killer sia dietro le sbarre. È la sua via di scampo. Anche così, però, ci sono buone probabilità che Robinson abbia un alibi di ferro per almeno uno dei delitti. Ma più aspettiamo, meno possibilità abbiamo di inchiodare il vero assassino.»
«Se il serial killer non commetterà altri omicidi, perché tenere Robinson in carcere?»
«Perché se fosse libero sono convinto che lo ritroveremmo in qualche vicolo con il cervello spappolato da un proiettile e un biglietto stretto in pugno, con scritto a mano: “Sono stato io”.»
«Allora adesso che si fa?»
King aprì la portiera del fuoristrada di Michelle. «È arrivato il momento di usare il nostro colpo proibito. E di pregare Dio che sia una mazzata da KO.»