«Qualcuno aveva otturato gli sfiati del tuo impianto di riscaldamento, Sean» spiegò Todd Williams a King e Michelle più tardi in ospedale. Il capo era andato a trovarli con due suoi agenti e Sylvia. «I gas di scarico rientravano in cabina. Fortuna che è arrivata Michelle.»
«C’è mancato poco» disse Michelle, sfregandosi il braccio ferito, che ora era bendato e appeso al collo.
King la fissò dal letto con espressione corrucciata. «Avevi detto di star bene» brontolò. «Non credo che prendersi una pallottola si possa definire star bene.»
«È solo un taglietto.»
«Mica tanto, Michelle» osservò Sylvia. «È nella parte interna del braccio. Due centimetri più in là e avrebbe potuto colpirti le costole, e la ferita sarebbe stata di gran lunga peggiore.»
Michelle respinse con espressione spavalda le temibili parole e disse: «Nessuno ha trovato il proiettile o chi ha sparato?».
«Né l’uno né l’altro» rispose Williams. «Il proiettile probabilmente è nel lago. E chissà dove diavolo è chi ha sparato.»
«Se non altro è emerso qualcosa di buono» dichiarò King. Tutti lo fissarono increduli. «Se l’assassino voleva sbarazzarsi di me, deve sentirsi il fiato sul collo.»
«Be’, non lo cattureremo di certo restandocene seduti qui» disse Williams.
Dopo che il capo e i suoi agenti se ne furono andati, Sylvia disse a King: «Non puoi tornare alla tua houseboat. Potresti stabilirti da me. Ho un sacco di posto».
Michelle si alzò dalla sedia e disse con decisione: «Dovrà accontentarsi di una brandirla da campeggio a casa mia. Là sarò in grado di tenerlo sotto stretta sorveglianza».
King guardò imbarazzato le due donne. «Ha ragione, Sylvia. Tu hai un mucchio di cose da fare. Non puoi startene seduta tranquilla a farmi da babysitter, anche se mi sento bene.»
Michelle scosse la testa. «Hai sentito che cosa ha detto il dottore, Sean. Devi riposarti per qualche giorno.»
«Esattamente» intervenne Sylvia. «Ti hanno gonfiato di ossigeno e al momento può darsi che ti senta bene, ma il tuo corpo ha subito uno shock, e se lo prendi sotto gamba finirai di nuovo dritto qui.» Sylvia rivolse un’occhiata a Michelle. «Be’, vedi di riguardarti anche tu.»
«Mi rimetterò in forma, grazie.»
Sylvia abbracciò King con trasporto, gli bisbigliò qualcosa all’orecchio e poi uscì dalla camera.
«Che cosa ti ha detto?» domandò Michelle.
«Non posso avere segreti?»
«Non con me. Ti ho appena salvato la vita. E non è nemmeno la prima volta.»
King sospirò. «Okay. Mi ha detto di non spaventarla mai più in questo modo.»
«Tutto qui?»
«Spiacente di deluderti. Ti aspettavi forse che mi giurasse amore eterno? Per certe dichiarazioni una coppia ci deve lavorare su un po’. Almeno tre cene fuori, una sera al cinema e un po’ di petting spinto. O almeno così si dice.»
«Furbastro. Questo dimostra che ti senti già meglio.»
«Adesso possiamo levare le tende da questo posto?»
«Ti vogliono tenere sotto osservazione ancora per qualche ora.»
«Che diavolo, mi serve solo un po’ di aria fresca, e questa è l’unica cosa che manca in un ospedale.»
«D’accordo, vedrò cosa posso fare. Potremmo fare una scappata a casa tua in modo che tu possa prendere le tue cose.»
«Ce la fai a guidare con quel braccio?»
«A guidare e a sparare. Da come vanno le cose mi sa che avremo bisogno di entrambe le possibilità.»
Quando un’ora dopo uscirono dal parcheggio dell’ospedale a bordo del fuoristrada di Michelle, King disse in tono acido: «Be’, se non altro stavolta non mi hanno fatto saltare per aria la casa».
«Ammiro molto gli uomini capaci di trovare risvolti positivi in qualsiasi situazione.»
«Ora non mi resta che un’ultima sfida.»
Michelle lo guardò con espressione confusa. «Quale?»
«Sopravvivere a casa tua.»
Alle prime luci dell’alba Sally Wainwright si alzò dal letto per iniziare la sua giornata di lavoro. Doveva dare la biada ai cavalli, farli uscire per una galoppata e strigliarli. Doveva pulire i box dallo sterco, spargervi paglia nuova, sistemare selle e briglie, oltre a un mucchio di altre noiose incombenze che le avrebbero fatto passare in fretta le ore. Sempre la prima ad alzarsi al mattino, e solitamente la prima a coricarsi la sera, i movimenti di Sally quel giorno erano più lenti del solito, dopo che la sera prima si era ritirata a tarda ora. Era in ansia e aveva paura di ciò che poteva accadere dopo la conversazione avuta con King. Eppure, proprio come aveva detto lui, era stata la cosa giusta da fare. Se non altro tutti avrebbero saputo senza ombra di dubbio che Junior era innocente.
Sally si vestì e uscì di casa nell’aria frizzante di prima mattina. Le sue grandi falcate la condussero velocemente alle scuderie. Si accostò al box del primo cavallo, una bella bestia che stava cercando diligentemente di domare. Si domandò per quanto tempo ancora avrebbe lavorato nella tenuta dei Battle. Solo Savannah e Eddie andavano a cavallo, e con la probabile partenza di Savannah, ci sarebbe stato ancora bisogno di scuderie e cavalli? Forse era arrivato il momento di trasferirsi altrove. Troppe tragedie, troppe morti. Solo a pensarci le vennero i brividi.
Il coltello seghettato tagliò il collo di Sally come la lama affilata di un bisturi, recidendo la carotide e la giugulare, le altre vene e arterie del collo, tagliando talmente in profondità, in effetti, da incidere persino le vertebre cervicali nel suo slabbrato taglio a mezzaluna dall’orecchio sinistro all’orecchio destro. Sally sputacchiò sangue e saliva, balbettò tentando di parlare, sentì il sangue caldo colare a fiotti e imbrattarle la parte anteriore della camicetta, svuotando il suo corpo molto più in fretta di quello che ci sarebbe voluto per riempirsi. Cadde di schianto prima in ginocchio e poi a faccia in giù. Il cervello traumatizzato e intontito di Sally Wainwright le fece capire di essere stata assassinata un istante prima che spirasse.
Il suo assassino usò il rastrello da fieno per girarla sulla schiena. La giovane donna aveva gli occhi sbarrati e fissi verso l’alto, anche se ormai, naturalmente, non poteva più vedere il suo aggressore. Il rastrello le calò con forza dall’alto sulla faccia, rompendole il naso. Un altro colpo le squarciò brutalmente una guancia; il terzo le frantumò l’orbita dell’occhio sinistro. Ora che i violenti colpi cessarono, la madre di Sally non avrebbe saputo riconoscere la propria figlia.
Il rastrello e il coltello furono lasciati cadere accanto al cadavere mentre l’omicida indugiava sul luogo del delitto. La faccia stravolta da un’espressione di furia, di odio per la donna caduta. Un momento dopo Sally restò sola nella sua immobilità mortale, sulla paglia sparsa che la circondava impregnata del suo sangue. L’unico rumore era quello del cavallo che urtava lo sportello di legno, facendolo traballare, in attesa impaziente della solita galoppata mattutina; una cavalcata che non sarebbe avvenuta.