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Kyle era furibondo. Era arrivato al motel in perfetto orario, aveva bussato, e nessuno aveva risposto. Aveva aspettato fuori mezz’ora per vedere se lei sarebbe venuta. Ma non era arrivata. Poi aveva deciso di bussare di nuovo. Magari si era addormentata. Magari era drogata e via con la testa. Provò a girare il pomello della maniglia. Era chiusa a chiave! Si guardò in giro. C’erano solo due altre auto parcheggiate in cortile, ed erano lontane da quella zona del motel. Mentre si dirigeva verso la sua Jeep, una macchina entrò nel parcheggio. Kyle si fermò a guardare un grassone flaccido e una donnina minuscola in minigonna, che camminava ondeggiando in equilibrio precario su dei vertiginosi tacchi a spillo, scendere dall’auto e dirigersi verso una delle camere senza degnarlo di uno sguardo. Kyle scosse la testa. Be’, se non altro quel tizio non sarebbe andato in bianco. Salì in macchina e partì.

Per tutto il tragitto fino a casa pensò a come rintracciare la donna e punirla crudelmente per il suo ultimo scherzo. Più di tutto era fuori di sé per aver perso i cinquemila dollari promessi.

Entrò nel parcheggio condominiale, sbatté la portiera della Jeep e salì di corsa i gradini. Era passata l’una di notte e aveva perso alcune ore di sonno per niente. Ma si sarebbe preso la rivincita. Aveva quello che lei bramava, altri analgesici. Aveva lui il coltello dalla parte del manico. Sarebbe andato a cercarla all’Aphrodisiac. Se lavorava là, avrebbe scoperto chi era. In caso contrario, sarebbe salito in camera sua, l’avrebbe affrontata, avrebbe finto di battere in ritirata e poi l’avrebbe aspettata di fuori quando avrebbe lasciato il locale. L’avrebbe seguita fino a casa e scoperto la sua identità. Con quell’informazione scottante in mano l’avrebbe spremuta ben bene. Se si poteva permettere di spendere mille verdoni per delle pastigliette il cui costo effettivo non superava i cinquanta dollari, poteva permettersi di pagare una bella cifra per tenerselo buono.

Ora che aprì la porta dell’appartamento aveva già elaborato mentalmente la maggior parte del piano. Lo avrebbe attuato l’indomani.

Andò in camera da letto e premette l’interruttore. Solo che la luce non si accese. Ancora quella dannata lampadina. Poi notò il movimento sul letto. Era lei! Lì, nel suo appartamento. Era distesa sul letto, coperta soltanto da un lenzuolo. Perfino nella penombra Kyle riusciva a distinguere il foulard avvolto a turbante intorno al capo e gli occhiali da sole che portava sempre.

«Che cosa cazzo ci fai qui? Ti ho aspettata al motel per quasi un’ora.» Non gli venne affatto in mente di chiederle come faceva a sapere dove abitava.

Per tutta risposta la donna si tirò su, mettendosi seduta, lasciò cadere leggermente il lenzuolo sulle spalle, che erano nude. Questo gli aumentò subito la pressione e tutta la sua collera si dissipò rapidamente. Poi la sconosciuta tirò indietro il lenzuolo sulle gambe, con un gesto seducente, fino a scoprirsi le cosce. Anche le gambe erano nude. Kyle si sentiva eccitato ogni secondo di più, e l’effetto aumentò quando lei gli fece cenno di raggiungerla a letto.

«Niente pistola stavolta, okay?» riuscì a balbettare Kyle, sovreccitato.

La donna annuì e indicò la scrivania contro il muro. Kyle andò là e intravide nell’oscurità le banconote sparse sopra.

Quando tornò a guardarla, si era alzata ed era in piedi davanti a lui, a malapena coperta dal lenzuolo bianco. Con un rapido cenno della mano libera lo invitò ad andare verso il letto.

Kyle obbedì sorridendo. La donna lo aggirò alle spalle. Kyle si girò per fronteggiarla, con le spalle rivolte al letto.

Il lenzuolo scivolò a terra.

La mano destra della donna si alzò di scatto e Kyle raggelò. Gli sembrava che stesse stringendo nel pugno una pistola. Quando premette il grilletto, Kyle alzò le mani in un gesto protettivo, come per deviare il proiettile.

I due dardi appaiati sparati ad aria compressa e collegati a cinque metri di sottile cavo elettrico alla pistola Taser partirono e gli perforarono il cotone sottile della camicia. Con una scossa terribile, cinquantamila volt lo colpirono in pieno torace, quanto bastava per far crollare di schianto un guardalinee della National Football League di centocinquanta chili, figurarsi un assistente d’obitorio tutto pelle e ossa. La scarica elettrica gli inibì istantaneamente il sistema nervoso centrale e Kyle cadde all’indietro sul letto, dove si raggomitolò in posizione fetale per la contrazione muscolare.

Nonostante sarebbe rimasto immobilizzato per un bel pezzo, la donna si affrettò a raggiungere il letto e a togliergli dal torace i due dardi. Ripose la Taser nella borsa che giaceva sul pavimento e si infilò in fretta un paio di guanti. Poi estrasse dalla borsa una siringa.

Kyle guardò spaventato a morte la donna che gli rovesciava il braccio paralizzato, gli arrotolava la manica, gli legava un laccio emostatico di gomma sull’avambraccio per fargli gonfiare le vene, ne trovava una adatta allo scopo e gliela bucava con l’ago della siringa, iniettandogli tutto il contenuto. Poi con rapidità professionale gli levò il laccio emostatico e lo depose con la siringa vuota sul comodino accanto al letto.

Mentre Kyle si contorceva spasmodicamente sul letto lei restò a osservarlo. La sostanza che gli aveva iniettato stava già facendo effetto. Le convulsioni erano sempre maggiori, ma ancora non abbastanza. Prese il cuscino, gli coprì la faccia e tenne premuto con forza. Due minuti dopo era finita. Rimosse adagio il cuscino ed esaminò di nuovo la sua vittima. Gli tastò il polso; non c’erano più pulsazioni. Kyle era morto.

Malgrado all’apparenza sembrasse nuda, in realtà era in mutandine e reggiseno. Prese dalla borsa una tuta sportiva, la indossò alla svelta, raccolse il denaro sparso sulla scrivania, perquisì le tasche di Kyle e trovò il biglietto che gli aveva scritto. Ficcò il biglietto nella borsa insieme al lenzuolo con cui si era avvolta. Si assicurò di non dimenticare nulla nell’appartamento tranne la siringa e il laccio emostatico e lasciò l’edificio.

Mentre si allontanava velocemente sulla sua auto dalla casa dell’uomo morto, trovò sollievo nel fatto che ora aveva un problema in meno da risolvere.

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