22.

Bello, disse la signora con il foulard impermeabile. Mise ad asciugare l’ombrello su un radiatore e se ne andò un po’ intorno a guardare da vicino i particolari. La scarpiera, i tappeti dai colori caldi, le macchie di umidità sui muri e quelle di olio sul pavimento. Andò a controllare che il letto non fosse troppo molle, e provò le poltrone. Bello, disse.

In piedi, in un angolo del suo nuovo studio, il cappotto ancora addosso, Jasper Gwyn guardava quello che aveva messo su in un mese e mezzo, dal nulla e inseguendo un’idea insensata. Non trovò errori, e pensò che ogni cosa era stata fatta con attenzione e misura. Allo stesso modo un copista avrebbe potuto disporre carta e penna sul tavolo, infilarsi le mezze maniche di tela, scegliere l’inchiostro, sicuro di riconoscere la più appropriata sfumatura di blu. Pensò che non si era sbagliato: era un mestiere magnifico. Per un attimo lo sfiorò l’idea di una targa in ferro arrugginito, alla porta. Jasper Gwyn. Copista.

– E sorprendente quanto tutto ciò sia inutile in assenza di un qualsiasi modello, osservò la signora con il foulard impermeabile. O sono io che non l’ho visto?, aggiunse guardandosi intorno con l’aria di uno che cercava il reparto salse in un supermercato.

– No, niente modello, per ora, disse Jasper Gwyn.

– Immagino che non ci sia proprio la coda fuori dalla porta.

– Non ancora.

– Ha in mente come risolverla, o prevede di rimandare la cosa finché le scade il contratto d’affitto?

Ogni tanto alla vecchia signora tornavano su i toni da maestra di scuola. Quel modo burbero di avere a cuore le cose.

– No, un piano ce l’ho, rispose Jasper Gwyn.

– Sentiamolo.

Jasper Gwyn ci aveva pensato a lungo. Era evidente che avrebbe dovuto ingaggiare qualcuno, la prima volta, per mettersi alla prova. Bisognava però scegliere bene, perché un modello troppo difficile avrebbe potuto scoraggiarlo inutilmente, e uno troppo facile non lo avrebbe spinto a trovare quello che cercava. Non era neanche semplice intuire quale potesse essere il grado di estraneità giusto per quel primo esperimento. Un amico, per dire, gli avrebbe facilitato molto il compito, ma avrebbe falsato l’esperimento, perché troppe cose già avrebbe saputo di lui, e non sarebbe stato possibile guardarlo come un paesaggio mai visto. D’altra parte scegliere un perfetto estraneo, come la logica avrebbe suggerito, implicava tutta una serie di imbarazzi che Jasper Gwyn si sarebbe volentieri risparmiato, almeno quella prima volta. A parte la difficoltà di spiegare la cosa, di intendersi sul tipo di lavoro da fare insieme, c’era poi quella questione della nudità – spinosa. Istintivamente, era sembrato a Jasper Gwyn che la nudità del modello fosse una condizione imprescindibile. La immaginava come una specie di frustata necessaria. Avrebbe spostato tutto al di là di un certo confine, e senza quella scomoda dislocazione sentiva che non si sarebbe aperto nessun campo aperto, nessuna prospettiva infinita. Dunque bisognava rassegnarsi. Il modello doveva essere nudo. Ma Jasper Gwyn era un tipo riservato, e apprezzava la timidezza. Non aveva dimestichezza con i corpi e nella sua vita aveva lavorato solo con suoni e pensieri. La meccanica di un pianoforte era ciò che di più fisico avesse avuto modo di dominare. Se pensava a un modello nudo, davanti a lui, quel che provava era solo un imbarazzo profondo e uno smarrimento inevitabile. Per questo la scelta del primo modello era delicata, e incauta l’ipotesi di scegliere un perfetto estraneo.

Alla fine, tanto per semplificare un po’ le cose, Jasper Gwyn aveva deciso di escludere l’ipotesi di un maschio. Non ce la poteva fare. Non era questione di omofobia, ma di semplice desuetudine. Non era il caso di complicarsi troppo la vita, in quel primo esperimento: imparare a guardare un corpo maschile era una cosa che, per il momento, preferiva rinviare. Una donna sarebbe stata senz’altro meglio, non si sarebbe trovato a partire proprio da zero. La scelta di una donna, però, aveva delle implicazioni di cui Jasper Gwyn si rendeva perfettamente conto. Lì si aggiungeva la variabile del desiderio. Gli sarebbe piaciuto iniziare con un corpo che fosse bello scoprire, guardare, spiare. Ma era chiaro che fare un ritratto era un gesto da tenere al riparo dal desiderio puro e semplice, o, tutt’al più, doveva prendere avvio da quel desiderio e poi lasciarlo, in qualche modo, decadere. Doveva essere una questione di intimità distanti, fare un ritratto. Dunque troppa bellezza sarebbe stata fuori luogo. Troppa poca, d’altra parte, sarebbe stata un’inutile afflizione. Quel che cercava Jasper Gwyn era una donna che sarebbe stato bello guardare, ma non così tanto da finire per desiderarla.

– Facciamola breve, l’ha trovata?, chiese la signora con il foulard impermeabile, mentre scartava una caramella agli agrumi.

– Sì, credo di sì.

– E allora?

– Devo trovare il modo di chiederglielo. Non è così facile.

– E un lavoro, Mr Gwyn, mica le sta chiedendo di andare a letto.

– Lo so, ma è un lavoro strano.

– Se glielo spiega, capirà. E se non capisce, un lauto compenso la aiuterà a chiarirsi le idee. Perché è previsto un lauto compenso, vero?

– Non lo so con esattezza.

– Cos’è, fa lo spilorcio?

– No, non è quello, si figuri, è che non vorrei offendere. Alla fine sono soldi in cambio di un corpo nudo.

– Certo, se la mette giù così…

– È così.

– Non è vero. Solo un puritano complessato come lei può immaginare di descrivere la cosa in quei termini.

– Ne conosce di migliori?

– Certo.

– Sentiamo.

– “Signorina, in cambio di cinquemila sterline si lascerebbe guardare per una trentina di giorni, giusto il tempo di trascrivere il suo segreto?” Non è una frase difficile da dire. Si alleni un po’ davanti allo specchio, aiuta.

– Cinquemila sono tantine.

– Cosa fa, ricomincia?

Jasper Gwyn la guardò, sorridendo, e le volle molto bene. Per un attimo pensò che con lei sarebbe stato semplice, sarebbe stato un modo perfetto di iniziare, con quella donna.

– Lasci perdere, son troppo vecchia. Non deve cominciare con qualcuno di vecchio, troppo difficile.

– Lei non è vecchia. Lei è morta. La signora alzò le spalle.

– Morire è solo un modo particolarmente esatto di invecchiare.

Tornato a casa, Jasper Gwyn si allenò un po’ davanti allo specchio. Poi telefonò a Tom Bruce Shepperd. Erano le due di notte.

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