55.

Non accadde nulla per cinque giorni. Poi Rebecca ricevette da Jasper Gwyn una spessa busta contenente il ritratto della ragazzina, confezionato con la solita meticolosa cura, e un biglietto di poche righe. Diceva che per un po’ gli sarebbe stato impossibile farsi vivo. Contava sul fatto che Rebecca tenesse a bada tutto quanto, nel frattempo. Si sarebbe reso necessario rinviare il prossimo ritratto: non era sicuro di poter tornare a lavorare prima di un paio di mesi. Ringraziava e salutava con un grande abbraccio. Non faceva alcun riferimento all’articolo del “Guardian”.

Per tutta la giornata Rebecca dovette respingere con garbo le tante telefonate che, da ogni parte, le arrivavano per saperne di più della storia di Jasper Gwyn. Non le piaceva essere stata lasciata sola in un momento così delicato, ma d’altronde conosceva a sufficienza Jasper Gwyn per riconoscere un modo di comportarsi che sarebbe stato inutile cercare di correggere. Fece quello che doveva fare, meglio che poté, e prima di sera telefonò a Mr Trawley per dirgli che il ritratto era pronto. Poi staccò il telefono, prese il ritratto della ragazzina, e lo aprì. Era una cosa che non faceva mai. Si era data come regola di consegnare i ritratti senza dargli nemmeno un’occhiata. Ci sarebbe stato il momento giusto per leggerli, aveva sempre pensato. Ma quella sera era tutto differente. C’era nell’aria qualcosa che assomigliava al disfarsi di un incantesimo, e sospendere i gesti consueti le sembrò ragionevole, forse perfino doveroso. Dunque aprì il ritratto della ragazzina e iniziò a leggerlo.

Erano quattro pagine. Lei si fermò alla prima, poi rimise a posto i fogli e richiuse la cartellina.

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