40.

Jasper Gwyn ci mise cinque giorni a scrivere il ritratto – lo fece a casa, al computer, uscendo di tanto in tanto per camminare, o mangiare qualcosa. Lavorava ascoltando a ripetizione dischi di Frank Sinatra.

Quando pensò di aver finito, copiò il file su un ed e lo portò da uno stampatore. Scelse fogli quadrati di una carta vergata piuttosto pesante, e un inchiostro blu che sfiorava il nero. Decise l’impaginazione in modo che fosse sufficientemente ariosa senza diventare futile. Per il font si orientò, dopo lunga riflessione, su un carattere che simulava alla perfezione le lettere che una volta uscivano dalle macchine per scrivere: nel tondo delle o c’era anche un accenno di sbavatura dell’inchiostro. Non volle nessuna rilegatura. Si fece fare due copie. Alla fine lo stampatore era visibilmente provato.

Il giorno dopo Jasper Gwyn passò ore a cercare una carta velina che ai suoi occhi apparisse appropriata, e una cartellina con gli elastici non troppo grande, non troppo piccola, non troppo cartellina. Trovò entrambe in una cartoleria che stava per chiudere, dopo ottantasei anni di attività, e svuotava i magazzini.

– Perché chiudete?, chiese, arrivato alla cassa.

– Il titolare va in pensione, rispose, senza emozione, una signorina con certi capelli senza importanza.

– Non ha figli?, insisté Jasper Gwyn. La signorina alzò lo sguardo.

– La figlia sarei io, disse.

– Bene.

– Vuole una busta regalo o è per lei?

– E un regalo per me.

La signorina fece un sospiro che poteva voler dire molte cose. Tolse i prezzi dalle cartelline e infilò tutto in una busta elegante chiusa da un sottile spago dorato. Poi disse che suo nonno aveva aperto quel negozio al ritorno dalla Prima guerra mondiale, investendo tutto quello che aveva. Non aveva mai chiuso, neanche sotto i bombardamenti, nel ’40. Sosteneva di aver inventato lui il sistema per sigillare le buste leccandone un bordo. Ma probabilmente, aggiunse, era una palla.

Jasper Gwyn pagò.

– Non si trovavano più buste come quelle, disse.

– Mio nonno le faceva al gusto fragola, disse lei.

– Sul serio?

– Così diceva. Limone e fragola, ma quelle al limone la gente non le voleva, chissà perché. Io comunque mi ricordo di aver provato, da piccola. Non sapevano di niente. Sapevano di colla.

– La prenda lei, la cartoleria, disse allora Jasper Gwyn.

– No. Io voglio cantare.

– Davvero? Opera?

– Tanghi.

– Tanghi?

– Tanghi.

– Fantastico.

– Lei invece che fa?

– Il copista.

– Fantastico.

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