37.

Passarono dei giorni, e un pomeriggio una lampadina si spense. Il vecchietto di Camden Town aveva lavorato bene. Si spense senza esitazioni e silenziosa come un ricordo.

Rebecca si voltò a guardarla – era seduta sul letto, fu come un’impercettibile oscillazione dello spazio. Sentì una fitta di angoscia, le fu impossibile evitarlo. Jasper Gwyn le aveva spiegato come sarebbe finito tutto quello, e adesso sapeva cosa sarebbe successo, ma non a che velocità, o con quale lentezza. Da tempo aveva smesso di contare i giorni, e sempre si era rifiutata di chiedersi come sarebbe stato dopo. Aveva timore di chiederselo.

Jasper Gwyn si alzò, camminò fin sotto la lampadina spenta e si mise ad osservarla, con un interesse che si sarebbe detto scientifico. Non sembrava inquieto. Sembrava chiedersi perché proprio quella. Rebecca sorrise. Pensò che se lui non aveva paura, non avrebbe avuto paura neanche lei. Si sedette sul letto e da lì vide Jasper Gwyn aggirarsi per lo studio, la testa china, per la prima volta interessato a quei foglietti che aveva attaccato al pavimento, e che mai era tornato a guardare. Ne raccolse uno, poi un altro. Toglieva la puntina, prendeva il foglietto, se lo metteva in tasca e poi andava a posare la puntina su un davanzale, sempre lo stesso. La cosa assorbiva tutta la sua attenzione e Rebecca si rese conto che avrebbe potuto anche andarsene e lui nemmeno se ne sarebbe accorto. Quando si spense la seconda lampadina, entrambi si girarono a guardarla, per un attimo. Sembrava quando si aspettano le stelle cadenti, nelle notti d’estate. A un certo punto Jasper Gwyn parve ricordarsi di qualcosa, e allora andò ad abbassare il volume del loop di David Barber. Con la mano sulla manopola, teneva fisso lo sguardo sulle lampadine, e cercava una simmetria millimetrica.

Quel giorno Rebecca tornò a casa e disse al ragazzo stronzo se per favore poteva andarsene, solo per qualche giorno – disse che le sarebbe piaciuto stare da sola, per un po’.

– E dove vado?, chiese il ragazzo stronzo.

– Da qualche parte, disse lei.

Il giorno dopo non andò nemmeno a lavorare da Tom.

Le era venuto in mente che stava finendo qualcosa, e lo voleva fare bene, voleva fare solo quello.

Un’idea non molto diversa doveva averla avuta anche Jasper Gwyn, perché quando arrivò nello studio, il giorno dopo, Rebecca vide i resti di una cena, in un angolo, per terra, e capì che Jasper Gwyn non era tornato a casa, la notte – né l’avrebbe più fatto prima che tutto quello finisse. Pensò com’era esatto, quell’uomo.

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