Non le sembrò necessario, più tardi, raccontare tutta la storia a Robert, ma quando fu l’ora di andare a dormire Rebecca gli disse che doveva assolutamente finire di leggere una cosa per lavoro e lo pregò di andare pure a dormire, lei rimaneva di là, avrebbe fatto presto.
– Se si sveglia Emma?, chiese lui.
– Come al solito. La soffochi col cuscino.
– D’accordo.
Era un uomo dal carattere adorabile.
Sdraiata sul sofà, Rebecca prese il libro della Rode, lo riiniziò da capo e lo lesse fino alla fine. Erano le due di notte quando arrivò all’ultima pagina. La storia era ambientata in una cittadina danese dell’Ottocento, e parlava di un padre e dei suoi cinque figli. La trovò bellissima. Poco dopo l’inizio c’era in effetti, come incastonato, il ritratto che Jasper Gwyn le aveva fatto, ma invano Rebecca cercò, nel resto del libro, qualcosa che ne recasse delle tracce significative. Né le parve di trovare una sola pagina che potesse essere stata scritta apposta per lei. Solo quella specie di quadro, appoggiato in un angolo, con indubbia maestria.
Aveva chiuso da così tanto tempo con Jasper Gwyn, che cercare di capire, adesso, cosa significasse tutta quella storia le parve per un attimo una fatica che non aveva voglia di fare. Era tardi, il giorno dopo doveva portare Emma dalla suocera e poi correre a lavorare. Pensò che era meglio lasciar perdere e andare a letto. Ma mentre spegneva le luci e trovava ancora qualcosa da rimettere a posto, ebbe la sensazione strana di non essere lì, e di rifinire i dettagli della vita di un’altra. Con una punta di sconcerto capì che, in un solo giorno, una certa distanza a cui aveva lavorato per anni, si era scostata con eleganza – una tenda in un colpo di vento. E da lontano la raggiunse una nostalgia che credeva di aver sconfitto.
Così, invece di andare a letto, fece una cosa che mai avrebbe pensato di fare. Aprì un armadio e sfilò da sotto una pila di coperte invernali le cartelline dei ritratti. Si preparò un caffè, si mise al tavolo, e iniziò ad aprire le cartelline, a caso. Si mise a leggere qua e là, senza metodo, come avrebbe potuto passeggiare in una galleria di quadri. Non lo faceva per cercare di capire qualcosa, o per trovare delle risposte. Solo si godeva i colori, quella particolare luce, il passo sicuro, le orme di una certa immaginazione. Lo faceva perché tutto quello era un luogo, e in nessun altro luogo lei avrebbe voluto essere, quella notte.
Smise che già filtrava la prima luce dell’alba. Le bruciavano gli occhi. Sentì d’improvviso una stanchezza pesante, non rinviabile. Andò a infilarsi nel letto, e Robert si svegliò quel tanto da chiederle, senza in realtà accorgersene, se andava tutto bene.
– Tutto bene, dormi.
Si strinse un po’ a lui, girandosi su un fianco, e si addormentò.