Due ore dopo Mallory chiuse l’ultima cartellina e per un po’ rimase immobile. Rebecca alzò lo sguardo dal libro e fece per dire qualcosa. Ma Mallory le fece un cenno, per fermarla. Voleva starsene ancora a pensare, o gli serviva del tempo per tornare da qualche posto molto lontano.
Alla fine chiese a Rebecca cosa ne avevano pensato i clienti, di quei ritratti. Così, per curiosità.
– Erano sempre molto soddisfatti, rispose Rebecca. Si riconoscevano. Era qualcosa che non si aspettavano, una specie di magia.
Mallory annuì.
– Sì, posso immaginare. Poi chiese un’altra cosa.
– Tu sai qual è quello di Tom?
Sui ritratti non c’erano i nomi, avrebbero potuto essere ritratti di chiunque.
– Non ne sono sicura, ma credo di averlo riconosciuto. Si guardarono.
– Quello dove ci sono solo bambini?, azzardò Mallory. Rebecca annuì.
– C’avrei scommesso, disse Mallory, ridendo.
– E proprio Tom, no?
– Sputato.
Rebecca gli sorrise. Era incredibile come quell’uomo avesse capito tutto senza praticamente fare una sola domanda. Forse leggere migliaia di libri non è poi così inutile, pensò. Poi si ricordò che era lì per sapere una cosa molto precisa.
– E di quella storia delle scopiazzature che mi dici, Doc? Lo disse come se non fosse un dettaglio poi molto importante.
Mallory esitò un attimo. Fece qualche gesto vago e guadagnò un po’ di tempo tirando fuori un grande fazzoletto e soffiandosi il naso rumorosamente. Mentre lo ripiegava e lo rimetteva in tasca disse che lui, uno di quei ritratti, l’aveva già letto. Sfilò una cartellina dalle altre e la posò sul tavolo. La aprì. Rilesse qualche riga.
– Sì, questo viene dritto dritto da un altro libro, disse poco volentieri.
Rebecca sentì una fitta da qualche parte e non riuscì a nascondere una smorfia.
– Sei sicuro?, chiese. -Sì.
Tutto si faceva dannatamente più complicato.
– Ti ricordi che libro è?, chiese.
– Sì, si intitola Tre volte all’alba. Un bel libro, breve. Che io mi ricordi la prima parte è molto simile a questo ritratto, forse non è proprio letteralmente uguale, mi sa che è più lunga. Ma alcune frasi potrei giurare che sono identiche. E la scena è quella, i due nell’albergo, non c’è dubbio.
Rebecca si passò una mano tra i capelli. ‘Fanculo, pensò. Prese la cartellina aperta, la girò, diede un’occhiata all’inizio del ritratto. Uno dei più belli, dannazione.
– Ce l’hai ‘sto libro?, chiese.
– No, ce l’avevo, ma è andato via subito. L’aveva stampato una piccola casa editrice, in poche copie, era una specie di rarità.
– In che senso?
– Mah, l’avevano trovato tra le carte di un vecchio maestro di musica, un indiano che era morto qualche anno prima. A nessuno risultava che avesse mai scritto alcunché, ma spuntò fuori quella specie di racconto. Lo trovarono bello e lo pubblicarono, sarà un paio d’anni fa. Ma un migliaio di copie, anche meno. Una cosa da nulla.
Rebecca alzò lo sguardo su di lui.
– Cosa hai detto?
– In che senso?
– Ripeti quello che hai detto.
– Niente… Che l’ha scritto un indiano morto qualche anno fa, uno che faceva tutt’altro, uno che da vivo non aveva mai pubblicato niente. Dai, una specie di chicca, no? Ma molto bella, devo dire. La tipica cosa che uno come Jasper Gwyn poteva aver letto.
La tipica cosa che uno come Jasper Gwyn poteva aver scritto, pensò Rebecca. E Doc Mallory non capì bene perché d’improvviso se la ritrovò dall’altra parte del bancone, che lo abbracciava. E neanche quegli occhi rossi li capiva bene.
– Doc, ti amo.
– Dovevi dirmelo anni fa, baby.
– Non li copiava, Doc, non li copiava affatto.
– Veramente ti ho appena dimostrato il contrario.
– Un giorno poi ti spiego, ma devi credermi, non li copiava.
– E con Tre volte all’alba come la mettiamo?
– Lascia perdere, non puoi capire, dimmi piuttosto se ce l’hai.
– Te l’ho già detto. No.
– C’hai mai niente, tu.
– Ehi, signorina!
– Sto scherzando, dai, scrivimi qua titolo e autore. Mallory lo fece. Rebecca diede un’occhiata.
– Akash Narayan, Tre volte all’alba, okay.
– La casa editrice aveva uno di quei nomi assurdi tipo Il grano e la spiga, quelle cose lì.
– Mi arrangio. Adesso devo scappare a cercarlo.
Raccolse le cartelline, le mise nel borsone. Mentre si infilava l’impermeabile ricordò a Mallory cosa gli sarebbe successo se solo osava parlare a qualcuno di quello che aveva letto quel giorno.
– Va bene, va bene.
– Torno presto e ti racconto tutto. Sei grande, Doc. Corse via come se fosse in ritardo di anni. In un certo modo, lo era.
Prima di chiudere, quella sera, Doc Mallory andò allo scaffale dove teneva due dei tre romanzi di Jasper Gwyn (il primo non gli era mai piaciuto). Li prese, e per un po’ se li rigirò in mano. Disse qualcosa sotto voce, facendo un piccolo cenno con la testa, forse un inchino.