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Petra rimase al suo posto di lavoro, chiamò il suo contatto alla società dei telefoni e le fu risposto che senz’altro i dati sul traffico corrispondente al numero di Lisa le sarebbero pervenuti quel giorno stesso. Cominciò a preparare l’istanza da presentare al tribunale per ottenere i dati relativi ai mesi precedenti, sentì per telefono il coroner e i criminologi. Ancora nessun referto medico; nessuna impronta trovata sugli abiti, il corpo o i gioielli di Lisa. Forse avevano usato i guanti, ipotizzò il tecnico. Corroborata da un caffè, Petra controllò tutti i depositi di veicoli sequestrati dalla polizia e consultò i registri delle automobili ritrovate. Nessuna traccia della Porsche di Lisa.

Venne l’ora di tornare all’incarico ricevuto da Schoelkopf. Aveva già ascoltato decine di investigatori, coprendo il turno diurno da Van Nuys a Devonshire, aveva interpellato West L.A. e ora riprese dal distretto di Pacific.

La reazione era sempre la stessa: Starai scherzando.

Tutti sapevano chi era il cattivo in questo caso. Ma erano anche tutti consapevoli degli eccessi di zelo che partivano dalle alte sfere e dopo l’ilarità iniziale, otteneva immediata solidarietà.

Il risultato finale fu: nessun caso somigliante. Frattanto Cart Ramsey tirava palline sul green di casa, sguazzava nell’idromassaggio e si gongolava delle lucide cromature del suo piccolo museo di automobili, mentre alla sua ex consorte sdraiata sul tavolo del patologo legale stavano scuoiando la faccia.

E probabilmente la Mercedes era già stata lavata, strofinata e sterilizzata peggio di una sala operatoria.

Pensò al cadavere di Lisa, lo squarcio pieno di sangue nell’addome, le viscere sporgenti, quello che avevano fatto al suo viso di giovane donna, e si domandò che cosa potesse trasformare l’amore in quello.

Poteva accadere tutte le volte che la passione prendeva il sopravvento o era indispensabile una deviazione psicologica?

Felicità domestica, sangue domestico. C’era stato un momento, un istante brevissimo, in cui lei stessa era stata capace di uccidere.

Perché pensava al passato?

Confrontalo, figliola.

Si torturava di ricordi.

Una studentessa d’arte venticinquenne che si faceva passare per smaliziata ma così ciecamente, follemente innamorata da essere pronta a cambiare la pelle per Nick. Quel turbine di sensazioni, una passione come non aveva mai provato prima. Fare l’amore fino a non reggersi in piedi. Conversazioni postcoitali a letto, fianco a fianco, con la vagina che vibrava ancora.

Nick era stato un ascoltatore impagabile. Solo in seguito ne aveva capito la vera ragione: rifiutava di darle anche la più piccola parte di sé.

Gli aveva raccontato tutto: l’infanzia senza madre, l’irrazionale senso di colpa che aveva sofferto giudicandosi responsabile della morte di lei, l’inferno che aveva fatto passare a suo padre al punto da fargli concludere che l’unica soluzione era il collegio, metà dell’adolescenza trascorsa in muffose camerate, nei risolini e le sigarette proibite delle compagne, a chiacchierare di ragazzi, talvolta a masturbarsi, lei lo intuiva dal fruscio delle lenzuola.

Petra, la ragazza taciturna ed eccentrica della California immobile nel suo letto a meditare sull’uccisione di sua madre.

Aveva confidato il suo segreto a Nick perché quello era amore vero.

Poi una sera gli aveva riferito un segreto nuovo: sai una cosa, amore? Si era battuta la mano sul ventre.

Aveva previsto la sua sorpresa, forse una contrarietà iniziale, sapendo che poi si sarebbe tramutata in entusiasmo, perché lui l’amava.

I suoi occhi si erano raggelati, le sue guance sbiancate. La furia. Quello sguardo di ghiaccio, così carico di disprezzo, come mai avrebbe immaginato. Fra di loro il pranzo tutto speciale che aveva preparato per lui, le sue pietanze preferite, spinta apparentemente dal desiderio di celebrare, ma forse dall’intima consapevolezza che l’avrebbe presa male; forse il vitello e gli gnocchi, la bottiglia di Chianti da venti dollari, altro non erano che tentativi di corruzione.

E lui dall’altra parte del tavolo, immobile, zitto, con quelle labbra sottili che aveva trovato così aristocratiche e ora così esangui, la bocca astiosa di un vecchio cattivo.

Nick…

Come hai potuto, Petra!

Nick, tesoro…

Proprio tu! Come hai potuto essere così stupida… tu che sai che cosa comporta la nascita di un bambino!

Nick…

Vaffanculo!

Se avesse avuto una pistola in quel momento…

Aprì gli occhi e solo in quell’istante si rese conto di averli chiusi. I rumori della sala operativa l’avvilupparono di nuovo. Vide i colleghi occupati nelle loro mansioni.

Quello che serviva a lei, lavorare.

Tornò al telefono, preparandosi a buttar via altro tempo.

Ma al quarto detective della Pacific, le si aprì uno spiraglio.

Un omicidio per accoltellamento di una giovane donna bionda e graziosa avvenuto tre anni prima all’estremità sud di Venice, vicino a Marina del Rey, di cui si era occupato un D-2 di nome Phil Sorensen, che affermò: «Sai, quando ho sentito della Ramsey, ci ho pensato, ma la nostra era una tedesca, una stewardess della Lufthansa in vacanza, e le nostre indagini ci avevano portato a un fidanzato austriaco, addetto ai bagagli, rientrato in Europa prima che potessimo parlargli. Abbiamo spiccato un mandato di cattura internazionale, ci siamo fatti aiutare dalla polizia austriaca e dall’Interpol, tutto quello che serve. Non l’abbiamo mai trovato».

«Perché era indiziato?» chiese Petra.

«La ragazza con cui viaggiava la vittima, stew come lei, ci aveva detto che si era presentato senza preavviso al loro albergo tutto infuriato perché la vittima, che, a proposito, si chiamava Ilse Eggermann, aveva lasciato Vienna senza dirglielo. Ilse aveva raccontato all’amica che avevano litigato parecchio, il ragazzo aveva un brutto carattere, le metteva le mani addosso, così lei lo aveva piantato. La goccia che aveva fatto traboccare il vaso era stato dover lavorare in prima classe con un occhio nero. Tuttavia quando il fidanzato era ricomparso a Los Angeles, era anche riuscito a convincerla a tornare con lui. Erano usciti alle nove di sera. La ragazza è stata ritrovata alle quattro, abbandonata in un parcheggio vicino a Ballona Creek. Abbiamo controllato il volo del fidanzato. Era arrivato la mattina precedente con la Lufthansa, sfruttando lo sconto riservato ai dipendenti. Niente bagagli e non si era registrato in nessun albergo o motel di qui.»

«Dunque aveva in mente un soggiorno breve», commentò Petra. «Farla finita e alzare i tacchi.»

«Così sembrava.» Sorensen doveva essere di mezza età. Tono di voce cortese, parlatore lento, qualche esitazione. «Stew», non assistente di volo.

«Com’era vestita Ilse quando l’avete trovata?»

«Abito elegante, scuro, blu o nero. Nero, mi pare. Molto graziosa, lei, aveva l’aria di una ragazza perbene. Di buoni sentimenti.» Sorensen tossì. «Niente aggressione sessuale. Non c’è stato bisogno di Sherlock per stabilire che quella sera era stata con il fidanzato, certo Karlheinz Lauch. Il cameriere che ha servito al loro tavolo, all’Antoine’s sul molo a Redondo Beach, si ricordava di loro perché non avevano né mangiato né parlato molto. Scarsi anche di mancia. Pensiamo che Lauch abbia tentato una riconciliazione, non ce l’abbia fatta, abbia perso la testa, l’abbia portata da qualche parte, dove l’ha uccisa e abbandonata. Non so che cosa guidasse perché non abbiamo mai rintracciato un’auto a noleggio e non risulta che avesse conoscenti in California.»

La voce di Sorensen si era alzata un po’. Molti particolari sulla punta delle dita per un caso di tre anni prima. Doveva essergli rimasto impresso.

«È stata trovata alle quattro», disse Petra. «Avete idea dell’ora a cui è stata uccisa?»

«Fra le due e le due mezzo di notte.»

Prime ore del giorno, come Lisa. Abbandonata in un parcheggio. E le paludi di Ballona Creek erano un parco di contea, come il Griffith. «Molte ferite?»

«Ventinove. Segni evidenti di accanimento, in carattere con il fidanzato. Aggiungici i precedenti delle percosse e il quadro generale sembra quello giusto. Coincide anche con il tuo, vero?»

«Ci sono senz’altro delle analogie, Sorensen», ammise Petra, mantenendo un tono di voce pacato. Guardandola da una certa prospettiva, sembrava una fotocopia.

«Già, si sa come funziona il cervello di questa gente», commentò lui. «Quelli che odiano le donne. Hanno la tendenza a ripetersi.»

«Vero», gli concesse lei. «Dove lavorava questo Lauch?»

«All’aeroporto di Vienna, ma aveva famiglia in Germania. Dopo l’omicidio non è tornato né al posto di lavoro, né dai suoi. Abbiamo controllato anche presso le altre compagnie aeree, ma non abbiamo trovato niente. Può aver cambiato nome, o essersi andato a nascondere in qualche altra nazione. Sarebbe stato bello andare in Europa a dare un’occhiata di persona, ma ti rendi conto anche tu di quant’è difficile strappare al dipartimento un biglietto d’aereo transcontinentale, così abbiamo dovuto affidarci alla polizia austriaca e a quella tedesca e a loro il caso non interessava più che tanto, perché l’omicidio era avvenuto qui.»

«Se Lauch lavora sempre ai bagagli sotto un altro nome, ha ancora diritto allo sconto per i dipendenti», osservò Petra. «Forse sta ancora andando avanti e indietro.»

«Ed è tornato a Los Angeles a ripetersi?»

«Spero con tutto il cuore che non sia così, Phil, ma dopo quello che mi hai raccontato sembra che non potremo fare a meno di ricontrollare tutto quello che si è raccolto su di lui. Vorresti essere così gentile da mandarmi i suoi dati via fax?»

«Dammi un’ora», rispose Sorensen. «Certo l’idea che abbia avuto tanto fegato da tornare per… Naturalmente prima bisognerebbe stabilire che Lauch si trovava qui quando è stata uccisa la Ramsey, poi bisognerebbe trovare un collegamento tra lui e lei, e tutto questo quando già sapete di un’aggressione tra le mura domestiche da parte del marito. Divertente.»

«Spassosissimo. Grazie dell’aiuto, Phil.»

«Ehi, se per qualche miracolo dovesse risultare che ti è stato utile, sarà stato utile anche a me. Non l’ho mai mandata giù, di non essere riuscito a chiudere quel caso. Era una ragazza davvero carina e lui l’ha trasformata in una cosa orrenda.»


Era l’una, ora di cominciare a cercare quel Darrell/Darren, editor cinematografico, ma ora desiderava aspettare che il fax le consegnasse i dati su Karlheinz Lauch.

Il caso Ilse Eggermann era stato una sorpresa, ma Sorensen aveva ragione: si potevano spiegare le analogie con il comportamento tipico di chi è responsabile di violenze domestiche, vecchie tragedie di sempre, riedizioni della storia di Otello.

O con la legge dei grandi numeri: cerca e prima o poi qualcosa trovi. In un arco di tre anni a Los Angeles avvenivano più di tremila omicidi. Un’analogia fra due casi in un periodo come quello non era da Guinness dei Primati.

Nel frattempo avrebbe sentito gli altri investigatori di Pacific, avrebbe provato a rintracciare alcuni di quelli di Valley D che non aveva trovato al primo colpo, magari avrebbe tentato un’altra telefonata di condoglianze ai genitori di Lisa a Chagrin Falls, avrebbe cercato di parlare alla madre, avrebbe sentito se i genitori avevano intenzione di venire a vedere quanto restava della loro figlia.

Chissà se la signora Boehlinger provava per Ramsey gli stessi sentimenti ostili manifestati dal marito?

Cercò di definire che opinione si era fatta lei di lui: sollecito nell’esibire un alibi e nel far loro sapere delle debolezze di Lisa; la telefonata al loro principale; quel discreto numero da dongiovanni che aveva recitato a suo beneficio esclusivo.

C’era puzza di egocentrismo, narcisismo. Bastava per presumere che fosse capace di perdere la testa se una donna lo contrariava o respingeva?

Difficile affermarlo, ma nella sua mente Ramsey non aveva fatto nulla per allontanare da sé il sospetto. Nonostante Ilse Eggermann, l’attore rimaneva l’indiziato principale.

S’immaginò uno scenario: Lisa, come Ilse Eggermann e come tante altre donne vittime di violenza, aveva ceduto alle insistenze del suo ex e accettato di vederlo. Un rianimarsi di antiche passioni o forse vulnerabilità femminile di fronte a una delle più affermate esche maschili: l’occasione di un franco chiarimento.

Perché in passato c’erano state reazioni chimiche tra loro e le reazioni chimiche non scompaiono, si attenuano. Perché i ricordi sanno essere selettivi e una donna non riesce a smettere di sperare che un uomo cambi.

Un appuntamento… dove? Un ristorante no, ci voleva qualcosa di più intimo. Romantico. Appartato.

Non andava bene nemmeno la casa a Calabasas, troppo rischioso. Anche se Greg Balch mentiva per proteggere il principale, avrebbe potuto accorgersene qualcun altro, il custode, un vicino. La cameriera.

Petra ricordò i modi sfuggenti di Estrella Flores. Meritava senza dubbio un secondo colloquio, ma come ottenerlo senza insospettire Ramsey? E c’era ancora un elemento fondamentale da includere nell’elenco: l’interrogatorio del guardiano di notte a RanchHaven. Un’omissione vistosa, ed ecco riapparire gli effetti negativi di un eccesso di diplomazia.

Quante cose da fare ancora… meglio tornare alla sua ricostruzione dell’ultimo appuntamento. Dove poteva aver portato Lisa?

Aveva forse un’altra casa, un nascondiglio per i fine settimana? Gli attori non avevano sempre un rifugio per i weekend?

Al mare? In montagna? Arrowhead, Big Bear? O su a nord, Santa Barbara, Santa Ynez. Erano tanti quelli dell’Industria ad aver aderito alla moda del ranch…

Se era al mare, la scelta più probabile era Malibu, onde lunghe, sabbia fine, che cosa poteva esserci di più romantico?

Prese nota di controllare tutte le proprietà immobiliari di Ramsey.

Per il momento si sarebbe accontentata della spiaggia. Immaginò la scena: Ramsey e Lisa su un comodo divano in una specie di scatola di vetri e legno con le fondamenta nella sabbia. Le tre C: champagne, caviale, coca. Magari un fuoco acceso a far da galeotto. Ramsey che ingrana il turbo del suo fascino.

Lisa che risponde? Il sexy vestitino nero le risale lungo le cosce? Reazioni chimiche… aiutate da uova di pesce, Móet Chandon e Medellin di prima qualità? O un altro genere di incentivo: il denaro. Lisa aveva un lavoro ma era ancora Ramsey a garantirle il grosso del reddito.

La compravendita dell’amore? La vecchia solfa di sempre? Petra si sentì rattristare, poi ricordò a se stessa che non doveva esprimere giudizi. Se il suo telefono avesse squillato in una sera di particolare solitudine e/o nostalgia e all’altro capo avesse udito la voce di Nick che la salutava: «Ehi, piccola…» Che cosa avrebbe fatto lei?

Avrebbe sbattuto la cornetta in faccia all’egoista a caccia di una scopata facile augurandosi di avergli fatto sanguinare l’orecchio.

Torniamo a Malibu. Scroscio di onde, tenere reminiscenze, scivolamento nell’intimità.

Ramsey fa la sua mossa.

Ma Lisa cambia idea, oppone resistenza, lo respinge.

Ramsey freme di collera, sente il desiderio di colpirla. Ma ricorda che lei lo ha già sputtanato in pubblico. Si trattiene.

Rimane calmo, l’accompagna a casa in macchina.

Da Malibu a Doheny Drive Hills offre un’alternativa, o la Pacific Coast Highway fino al Sunset o la superstrada attraverso la Valley, e poi giù per uno dei canyon. Ma invece di puntare a sud, continua in direzione est, magari per il Laurel Canyon e l’Hollywood Boulevard, su per la Western a Los Feliz, da lì al Griffith Park.

Poco traffico a quell’ora. Si reca al parcheggio. Lisa sa che c’è qualcosa che non va, cerca di scappare.

Lui la trattiene per un ultimo abbraccio.

Poi un bacio d’acciaio.

Niente violenza sessuale perché ha avuto un orgasmo al sangue.

A Petra sembrava potesse andare.

Dipendeva anche dalla capacità di Gregory Balch di mentire sull’alibi di Ramsey.

Avrebbe dovuto raccogliere altre informazioni anche su Balch. A suo tempo.

Senza togliere niente a Ilse Eggermann e a Karlheinz Lauch. Un caso analogo. Incredibile. Si figurò il ghigno di Schoelkopf. Il disgusto sul volto di Stu. Quand’era uscita, lui non aveva alzato gli occhi, aveva borbottato un saluto distratto.

Quella trovata del libro della biblioteca, così imprevista. Stu era un metodico coatto, superorganizzato. Forse non era il matrimonio, forse era l’ansia di carriera. L’occasione improvvisa di fare domanda per il grado e proprio in quel momento si ritrova incastrato in un caso senza speranza. Per Petra, un lavoro come un altro. Per lui, la vita o la morte.

L’avrebbe usata? L’avrebbe sacrificata se ne avesse avuto bisogno?

Per otto mesi avevano pattugliato insieme, mangiato insieme, lavorato gomito a gomito, Stu aveva trascorso con lei lo stesso tempo che dedicava a Kathy, qualche volta di più, e mai l’aveva sfiorata con un dito, mai le aveva rivolto un commento allusivo, nemmeno l’accenno più vago di un sottinteso.

Credeva di conoscerlo, ma otto mesi non erano un periodo molto lungo, vero?

Lei e Nick erano stati insieme per più di due anni, più o meno lo stesso che Lisa e Ramsey.

Uomini e donne…

Una volta, quando aveva quindici anni ed era a casa per le vacanze estive, si era svegliata all’una di una lunga notte in Arizona per aver sentito rumori immaginari. Poi aveva capito che era il vento caldo del deserto che frusciava lungo il fianco della casa. Nervosa, irrequieta, era uscita in corridoio, aveva visto la solita scheggia di luce sotto la porta dello studio del padre, aveva bussato, era entrata nella stanzetta buia e ingombra di reperti.

Papà era semisprofondato nella poltrona di quercia davanti alla sua Royal manuale, con un foglio bianco inserito nel rullo. Lui l’aveva vista e le aveva rivolto un sorriso spento e quando lei si era avvicinata aveva sentito l’odore dello scotch nel suo alito, aveva notato l’opacità dei suoi occhi e ne aveva approfittato come solo un’adolescente sa fare. Lo aveva indotto a parlare dell’argomento che più detestava. Della donna che era morta mettendo al mondo lei.

Sapeva di provocargli dolore, ma dannazione, aveva il diritto di sapere!

E lui aveva parlato, a voce bassa, lasciando scivolare le parole l’una nell’altra.

Aneddoti, ricordi, l’incontro dell’allampanato Kenneth Connor e dell’avvenente Maureen Mellwaine sul Long Island Ferry e lo sboccio dell’amore vero. Vecchie storie di sempre, ma lei non ne era mai sazia.

Quella notte era rimasta seduta ai suoi piedi sulle tavole imbarcate del pavimento di legno, immobile, in silenzio, timorosa che una qualsiasi distrazione lo inducesse a interrompersi.

Finalmente lui si era ammutolito, l’aveva guardata dall’alto, poi si era battuto le mani sul volto e lì le aveva tenute.

«Papà.»

Le mani gli erano ricadute in grembo. Quanta tristezza. «È tutto quello che ricordo, cara. Mamma era una donna splendida, ma…»

Poi aveva cominciato a piangere e aveva dovuto nascondersi di nuovo da lei.

Gli uomini si nascondevano quando piangevano.

Petra si era alzata e aveva abbracciato le sue grandi spalle dure. «Oh, papà, sono…»

«Era davvero splendida, piccola. Una su un milione, ma non era perfetta, bimba mia. Non era una situazione da libro delle favole.»

Aveva aperto un cassetto e abbassato lo sguardo su quella che doveva essere la bottiglia.

Quando si era girato di nuovo verso di lei, i suoi occhi erano asciutti e sorrideva, ma non era uno dei sorrisi che Petra gli conosceva, non uno di quelli affettuosi e protettivi o uno di quelli asciutti e sarcastici, nemmeno di quelli un po’ sfatti agli angoli di quando era ubriaco e che una volta la preoccupavano ma ora non più.

Quello era diverso: epidermico, scolpito come la bocca di una statua. Aveva studiato la tragedia classica al corso di letteratura ed era stata sicura in quel momento di viverne una rappresentazione dal vivo.

Sconfitto, quel sorriso. Terrificante come uno scorcio di eternità.

«Papà…»

Lui si era grattato la testa, l’aveva scossa, si era rialzato una calza afflosciata sulla caviglia pallida. «Il fatto è, piccola, che comunque la si voglia… Quello che sto cercando di dire, cara, è che gli uomini e le donne sono due specie separate. Forse qui sta parlando l’antropologo, ma non è meno vero. A separarci c’è un pezzettino piccolo piccolo di DNA. E sai una cosa buffa? È il cromosoma X quello che conta davvero, Petra. L’Y non fa che causare problemi, sembra che non serva ad altro che a originare aggressività. Capisci dove voglio arrivare, tesoro? Noi uomini non valiamo un gran che.»

«Oh, papà…»

«Mamma e io avevamo le nostre difficoltà. Perlopiù per colpa mia. È giusto che tu lo sappia perché non ti lasci andare a fantasticherie romantiche, non ti aspetti troppo da… non esigi troppo da te stessa… Hai capito, bimba? Riesco a spiegarmi?»

Le aveva preso le spalle, quella luce negli occhi era quasi maniacale.

«Sì, papà, sì.»

L’aveva lasciata andare. Ora il sorriso era giusto. Umano.

«Il fatto, Petra, è che ci sono interrogativi fondamentali. Quesiti cosmici che non c’entrano niente con le stelle e le galassie.»

Aveva atteso la sua reazione. Lei non aveva saputo come ribattere. Lui aveva continuato.

«Domande come possono veramente gli uomini e le donne conoscersi a vicenda o dovrà essere sempre e soltanto una stupida danza goffa nella sala da ballo dell’interpersonale?»

Un sussulto, una smorfia, un rutto represso. Era balzato in piedi, era andato in camera sua, aveva chiuso la porta. Lei aveva sentito girare la chiave nella serratura.

Il mattino dopo il primo a presentarsi per la colazione era stato suo fratello Glenn, il solo che viveva ancora in famiglia.

«Che è successo a papà?» aveva chiesto.

«In che senso?»

«È uscito. Dev’essere partito prima del sorgere del sole. Mi ha lasciato questo.» Le aveva mostrato un foglietto. C’era scritto: FUORI NEL DESERTO, RAGAZZI.

«Sarà andato a caccia di ossa come al solito», aveva commentato Petra.

«Ha portato via l’attrezzatura da campeggio, perciò si vede che vuole andare lontano», aveva risposto Glenn. «A te ha detto niente? Perché ieri si era parlato di andare giù al Big Five a vedere che cos’hanno nel reparto di hockey.»

«Sì, in effetti me ne aveva accennato», aveva mentito Petra.

«Che bellezza», aveva esclamato Glenn. «Che gioia. A te parla, ma a me non dice mai niente.»

«Sono sicura che ne aveva intenzione, Glenn.»

«Sì sì, figuriamoci. Peccato che io ho davvero bisogno di un bastone nuovo, merda! Non è che avresti dei soldi da prestarmi?»


Telefonò ad altri sette investigatori, subì altri sette «starai scherzando», non trovò altri casi analoghi.

In fondo allo stanzone il fax cominciò a ronzare. Si precipitò e in meno di un secondo stava già raccogliendo i fogli dal cestino. Il suo scatto era stato così repentino che un paio di colleghi le avevano lanciato un’occhiata perplessa. Ma non più di un’occhiata, avevano da fare anche loro. Quella stanza, quella città, il sangue che non smetteva mai di scorrere.

Karlheinz Lauch era un omone, un metro e ottantatré per centodieci chilogrammi. E brutto. Occhietti scuri e sfuggenti piantati come uvette in una faccia pastosa e deforme. Una virgola a fargli da bocca sbilenca, baffi che sembravano uno schizzo di grasso. Capelli dritti, chiari; secondo la descrizione ufficiale dovevano essere castani, quindi probabilmente se li ossigenava. L’acconciatura era quella arruffata in voga ancora in certi paesi europei.

Dall’aspetto Petra lo giudicò uno sgradevole poco di buono.

Il ritratto era una copia di una foto segnaletica scattata a Vienna quattro anni prima, un sacco di parole tedesche di cinquanta lettere l’una e manciate di umlaut. La nota di Sorensen diceva che Lauch era stato arrestato per aggressione l’anno prima dell’omicidio di Ilse Eggermann. Era stato coinvolto in una rissa e non aveva scontato pene detentive.

A vederlo in fotografia, sembrava capace di qualsiasi atrocità. E se davvero quel bastardo fosse tornato a L.A. a caccia di belle bionde e fosse casualmente entrato in contatto proprio con Lisa?

Che bel colpo se si fosse trattenuto in città e loro fossero riusciti a prenderlo. Un caso importante, risolto con disinvolta maestria, così Stu avrebbe ottenuto la sua promozione e lei avrebbe aggiunto dei punti al suo curriculum.

Fantasie, bimba.

Studiò ancora per un po’ le sembianze di Lauch e si domandò come avrebbe potuto uno come lui indurre Lisa a indossare un vestitino nero e dei brillanti?

D’altra parte era pur riuscito ad avvicinare Ilse Eggermann, che, secondo Phil Sorensen, non era da meno di Lisa. Ma una stewardess non era l’ex moglie di una star della TV che aveva assaggiato la bella vita.

D’altro canto era anche vero che Lisa aveva scelto di girare le spalle alla bella vita. E certe donne, anche donne molto belle, avevano un debole per la fauna dei fondali, trovavano stimolo nel rozzo e nel brutale, erano eccitate da uomini che si trovavano sotto di loro nella gerarchia sociale.

La bella e la bestia? Lisa che metteva a repentaglio la propria vita nel sottomondo e ne subiva le conseguenze?

Continuava a fissare la fotografia di Lauch. Il pensiero di permettere al suo corpo di entrare in contatto con quello di lei le dava il voltastomaco.

A lei piacevano gli uomini intelligenti, premurosi, attraenti nella maniera più convenzionale.

Probabilmente perché suo padre era stato un uomo intelligente, dolce, di bell’aspetto. Per la gran parte un gentiluomo.

Com’era il padre di Ilse Eggermann?

Com’era il dottor John Everett Boehlinger quando non era ottenebrato dal dolore?

Basta psicoanalisi. Più lontano di così non le era dato spingersi.

Inserì i dati del caso Eggermann-Lauch nel fascicolo sull’assassinio di Lisa, attraversò lo stanzone, aprì il suo armadietto e prese uno Snickers dalla borsa che conservava sul ripiano più alto, sopra le scarpe da ginnastica e la tuta e gli indumenti neri che serbava a portata di mano per le notti fredde e i cadaveri straziati.

I suoi asciugamorte, li chiamava.

Acrilici che sembravano acrilici, occhio, care clienti, i nostri cardigan all’ultima moda ora in saldo a 13,95 dollari in un’ampia gamma di colori. Ne comprava cinque alla volta, tutti neri, li gettava appena erano intrisi di sangue.

In otto mesi ne aveva fatti fuori dieci.

Non ne aveva indossato uno per Lisa, perché la chiamata era arrivata di sorpresa.

Non si era macchiata con il cadavere di Lisa.

Non si era avvicinata abbastanza.

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