Petra si svegliò confusa alle sei e mezzo, con la testa affollata di Ron Banks, Estrella Flores, Ramsey, il ragazzino con il libro dei presidenti. Indossò una vestaglia e recuperò il giornale. Era lì, pagina tre, al centro dell’articolo.
Il filo conduttore era la mancanza di sviluppi; l’implicito polizia brancolante nel buio. Il portavoce del dipartimento, Salmagundi, attento a minimizzare il ruolo del presunto testimone. Il ragazzino era «solo una delle diverse piste che stiamo valutando».
L’ultimo paragrafo le fermò il respiro in gola.
Venticinquemila dollari di ricompensa a chiunque avesse fornito informazioni sul bambino o altro che conducesse all’arresto di un indiziato. I soldi erano offerti dal dottor John Everett Boehlinger e sua moglie; tutte le chiamate dovevano essere inoltrate all’ufficio investigativo di Hollywood.
Il suo interno. Era esterrefatta. Le telefonate avrebbero dovuto essere passate a Schoelkopf, che gli venisse un colpo. In quel modo lei non avrebbe più potuto lavorare. Tutta la giornata a filtrare telefonate di mentecatti. Chissà se Stu aveva già visto l’articolo.
Normalmente lo avrebbe chiamato. Ma più niente era normale.
Infilò il primo indumento che le capitò tra le mani, prese il giornale e si precipitò alla stazione.
Sul suo tavolo c’erano già dieci messaggi: nove avvistamenti del bambino e un veggente di Fontana che sosteneva di sapere chi aveva ucciso Lisa. Quali altre meraviglie doveva attendersi per il pomeriggio? Stu non era ancora arrivato. Al diavolo anche lui. Anche Fournier era fuori.
Fece irruzione nell’ufficio di Schoelkopf agitando il giornale. Il capitano era seduto alla scrivania. Balzò in piedi e le puntò l’indice addosso: «Tieniti per te la tua piazzata. I genitori sono arrivati ieri e sono andati difilato dal vicecapo Lazara. Mi chiama alle dieci. Devo venire giù a riceverli. Il padre è evidentemente uno spaccacoglioni, abituato a far scattare la gente sull’attenti. Dio solo sa che cosa è capace di inventarmi».
Avevo cercato di avvertirti, idiota, e tu mi hai ignorata.
«Avresti potuto chiamarmi», gli disse.
«Avrei potuto comperare le Microsoft a dieci dollari. Che cosa c’è, Barbie?»
Il soprannome fu come una rasoiata su una fibra nervosa. «Il fatto è…»
«Il fatto è che sono stato messo nel tritacarne per voi fin dal primo giorno e in cambio voi ancora non mi avete fornito nemmeno un pugno di mosche. Vengo tirato giù dal letto, mi busco le occhiatacce di Lazara perché lui deve lavorare fino a tardi, se ne lava le mani e schiaffa a me la patata bollente, piantandomi in asso con mamma che frigna e papà che mi fa piovere dall’alto le sue ramanzine. Dopo Menendez e O.J., tutti sanno che la polizia di Los Angeles non è capace di trovare un criminale in un penitenziario. Così gli do quel poco che ho, vale a dire questa tua piccola opera d’arte, nella speranza di calmarlo. Lui dice va bene, che cosa ne state facendo, e io gli dico, lo stiamo cercando, signor Boehlinger. E lui mi dice dottor Boehlinger, poi mi dice che non basta, vuole degli incentivi, una ricompensa. Io cerco di spiegargli che le ricompense scatenano i fuori di testa e che comunque ci vuole tempo. Lui usa il mio telefono chiama non so quale avvocato di nome Hack, e gli dice, senti quel tuo amico al Times e gli altri contatti che hai in televisione. Facendomi vedere che questo Hack ha le mani in pasta. Ed evidentemente le ha, perché erano già le undici ed è riuscito a far pubblicare il tuo ritratto. Perciò fammi causa se non ti ho svegliata a mezzanotte. Se pensi che ti sia stato fatto un torto, inoltra un reclamo. Intanto vai a fare il tuo lavoro.»
La invitò a uscire con un gesto della mano.
Un telepoliziotto gli avrebbe consegnato pistola e distintivo.
Il poliziotto vero tenne la bocca chiusa. Il lavoro le piaceva e la struttura del dipartimento era paramilitare e così sarebbe sempre stata, vale a dire allineati e coperti, repressione dell’individuo, gerarchie. In polizia i rospi si ingoiavano, non si sputavano.
Guarda Milo Sturgis. Aveva lavorato con il detective gay, lo aveva visto l’asso che era. Ma prima di allora gli appellativi che accompagnavano il suo nome erano stati solo insulti. La più alta percentuale di casi risolti in West L.A.; per il dipartimento non bastava a perdonargli che andasse a letto con un uomo.
Tornò al suo tavolo, mise da parte i dieci messaggi e telefonò alla Nancy Downey Agency di Beverly Hills. «Deve parlare con il signor Sanchez», le rispose una voce femminile con accento latino. «È al nostro altro ufficio di San Marino.»
San Marino e Beverly Hills. Coprivano le aree delle famiglie più benestanti, a est e a ovest.
Le rispose un uomo, accento simile.
«Signor Sanchez?»
«Sì?»
Si presentò, gli spiegò che cercava Estrella Flores.
«Anch’io.»
«Scusi?»
«Ho appena ricevuto una telefonata da suo figlio dal Salvador. È preoccupato, non ha più notizie di lei da domenica. Riguarda forse l’omicidio della signora Ramsey?»
«Ci piacerebbe solo parlarle. Perché il figlio si preoccupa?»
«Di solito lei lo chiama due o tre volte la settimana. Ha detto di aver telefonato a casa Ramsey ma di aver trovato solo la segreteria. Ho provato anch’io ed è stato lo stesso. Ho lasciato un messaggio, ma non mi ha richiamato nessuno.»
«Guardi che la signora Flores non lavora più per il signor Ramsey.»
«Da quando?»
«Il giorno dopo l’omicidio.»
«Oh.»
«Dunque non vi ha contattati per trovare un altro posto?»
«No.» Sanchez era turbato.
«Ha idea di dove possa essere?»
«No, mi dispiace. Ha lavorato dai Ramsey per… aspetti che do un’occhiata… ecco qui. Due anni. Mai una lamentela.»
«Dove lavorava prima?»
«Prima dei Ramsey… non saprei dirle.» Nella sua voce era affiorata una vena di circospezione.
«Non aveva le carte in regola?»
«Quando si è presentata da noi, la sua situazione era del tutto legalizzata. Almeno in base ai documenti che ci ha mostrato. Noi facciamo del nostro meglio per…»
«Signor Sanchez, l’immigrazione clandestina è un problema che non mi concerne e non m’interessa…»
«Anche se fosse, detective, noi non abbiamo niente da nascondere. Le nostre donne hanno tutte regolare permesso di soggiorno. Noi le piazziamo nelle case migliori e non possiamo permetterci che ci sia nemmeno il minimo…»
«Naturalmente», tagliò corto Petra. «La prego, mi dia il nome e il numero di telefono del figlio della signora Flores.»
«Javier», rispose lui, per poi riferirle un indirizzo di Santa Cristina in San Salvador e un recapito telefonico. «È avvocato.»
«Non sa di altri posti dove ha lavorato?»
«Ci ha detto di aver lavorato per una famiglia di Brentwood, ma solo per tre mesi. Non ho il nome. Non voleva usarli come referenze perché diceva che erano ‘immorali’.»
«Immorali in che senso?»
«Credo che si riferisse al bere. La signora Flores è una donna… molto virtuosa.»
Petra riattaccò, rifletté sulla scomparsa della cameriera. Se la Flores se n’era andata spontaneamente, perché non aveva contattato il figlio? Non bisognava essere molto virtuosi per provare repulsione per un omicidio. Aveva visto qualcosa? O era stata vista?
Come procedere adesso… altre telefonate alle sottostazioni per vedere se la Flores era ricomparsa come vittima di qualche incidente? Improbabile. Se Ramsey l’aveva eliminata perché avrebbe potuto far saltare il suo alibi, ne aveva senza dubbio nascosto il corpo.
Meglio fare una scappata a RanchHaven e rivolgere ai guardiani quelle domande che aveva rimandato troppo a lungo. Già che c’era avrebbe potuto andare a trovare di nuovo Ramsey, buttare là qualche allusione alla Flores, vedere come reagiva.
Entrò Fournier che la chiamò con un dito. Era contrariato. Qualcosa a che vedere con il bambino? Si affrettò a raggiungerlo.
«Che c’è?»
«C’è della gente ansiosissima di conoscerti.» Inclinò la testa in direzione del corridoio. Petra guardò fuori e vide una coppia sulla cinquantina che attendeva a qualche passo dalla sala operativa. Benvestiti, girati dall’altra parte.
«I genitori?»
«In persona» confermò Fournier. «Schoelkopf mi ha intercettato mentre arrivavo, ha detto che vogliono un resoconto di prima mano da tutti e tre. Dov’è Ken?»
«Non lo so.»
Il tono della voce lo lasciò perplesso. «Sai che cosa vogliono?»
«Informazioni. Ne hai?»
«No. E tu?»
«Ho sentito ricoveri e chiese e qualcuno dei nostri che si occupa dei minori. Nessuno conosce il ragazzo. Un paio di assistenti sociali dicono che è possibile che l’abbiano visto in giro, ma che non è stato in nessun centro di accoglienza.»
«Un vagabondo», commentò Petra. Pensando al fegato che doveva avere un undicenne per vivere da solo in un parco.
«Andiamo a fare la nostra buona opera da missionari», disse Fournier. «Un poliziotto in gonnella e uno con la faccia color carbone. Con questi due che sembrano arrivati freschi freschi dal secolo scorso.»
La signora Boehlinger era in tutto e per tutto come Petra l’aveva immaginata: minuta, impeccabile, attraente. Un’attraenza intessuta di antiche malinconie, alla Pat Nixon. Capelli ondulati e vaporosi del colore dello champagne incorniciavano un viso rotondeggiante. Sopracciglia ricalcate. Figurino asciutto in un sobrio St. John’s nero. Scarpe scamosciate senza tacco con borsetta coordinata. Occhi rossi.
Il marito smentì le sue previsioni. Petra si era figurata un uomo imponente, sanguigno, simile in un certo senso a Ramsey. Il dottor John Everett Boehlinger era invece di statura sotto la media, con spalle strette e una fisionomia più brutta che bella: naso grosso, occhi piccoli e scuri, un collare di pelle afflosciata sotto il mento. L’ampia calvizie era contornata da una frangia grigia. Con quella barbetta color acciaio avrebbe potuto impersonare Freud in una festa di Halloween.
Indossava un tre pezzi nero, con camicia bianca e cravatta grigia a minuscoli pallini neri. Fazzoletto bianco di seta nel taschino. Gemelli di onice. Le scarpe nere erano lucide come olio motore.
Due persone piccole vestite a lutto. La signora Boehlinger teneva gli occhi fissi sulla parete davanti a sé, aprendo e chiudendo un pugno. Nell’altra mano stringeva la borsetta. Le unghie erano laccate, ma spuntate. Volgeva ancora la schiena al marito, non si girò quando Petra e Fournier si avvicinarono.
Il dottor Boehlinger li aveva inquadrati all’istante, protendendosi in avanti come in procinto di fare a pugni. Quando i poliziotti erano ancora a tre metri da lui, disse a Petra: «Lei è quella con cui ho parlato al telefono».
«Sì, signore. Detective Connor.» Gli tese la mano e lui le concesse mezzo secondo di contatto fisico prima di ritrarre la sua. Per passarsela sulla giacca… oh, mio Dio.
Poi Petra ricordò a se stessa che aveva appena perso la figlia. Non c’era niente di peggio.
Niente.
«Vivian?» disse lui e la moglie ruotò lentamente su se stessa. Occhi straziati, con iridi color azzurro brillante, come quelle di Lisa, circondati da raggiere di capillari rotti. C’era più di una vaga somiglianza con Lisa nei lineamenti. Sarebbe diventata come lei anche la figlia, una matrona alla moda, compita e aristocratica?
«Il detective Connor, Vivian», la presentò il medico in tono di rimprovero.
L’espressione di Vivian Boehlinger stava per: e io che cosa diavolo devo farci?
«Piacere di conoscerla», disse, offrendo una mano gelida.
«E questi è il detective Fournier…»
«Abbiamo già conosciuto il detective Fournier», ribatté Boehlinger. «Dov’è il terzo? Bishop?»
«Al lavoro sul campo», rispose Petra.
«Sul campo. Sembra che sia andato a piantar patate.»
«In effetti è abbastanza vero», azzardò Fournier. «Noi coltiviamo piste…»
«Splendido», sbottò Boehlinger. «Dunque sa che cos’è una similitudine. Adesso, bando ai convenevoli e diteci che cosa avete coltivato su Ramsey.»
La moglie si girò di nuovo dall’altra parte a fissare il muro. Lui non se ne accorse. «Allora?»
In corridoio uscì un detective di nome Bernstein con un bicchierino di caffè in mano. Fece per proseguire, ci ripensò e rientrò in sala operativa.
«Andiamo a parlare in privato», propose Petra.
Le tre stanze per gli interrogatori erano orribili, più piccole di una cella di prigione, senza finestre, il vistoso falso specchio che la gran parte degli idioti che venivano fatti accomodare là dentro riconoscevano subito per quel che era, ma della cui presenza prontamente si scordavano.
Odore cattivo in tutte e tre: sudore, pomate, profumo economico, tabacco, ormoni.
Petra scelse la numero uno perché conteneva tre sedie invece di due. Fournier ne recuperò una quarta e si sedettero tutti insieme intorno al minuscolo tavolino di metallo. Intimità forzata. La signora Boehlinger continuava a guardarsi le unghie, le ginocchia, le scarpe, posava gli occhi dappertutto meno che su un altro essere umano. Il chirurgo sembrava ansioso di incidere tessuti umani con un bisturi.
Petra chiuse la porta e fece subito capolino un senso di claustrofobia. La signora Boehlinger si tormentava la gonna, suo marito cercava di sopraffare Fournier con gli occhi.
Tendenza al predominio. A quale scopo? Forza dell’abitudine?
Ricordò che cosa le aveva detto Ramsey della responsabilità che entrambi i genitori avevano scaricato sulle spalle di Lisa cercando di dirigerne l’esistenza. «Vorrei cominciare esprimendo il nostro cordoglio per il lutto che vi ha colpiti. Stiamo facendo tutto quanto è in nostro potere per trovare l’assassino di Lisa.»
Al nome della figlia la madre cominciò a piangere. Il chirurgo non fece alcun tentativo per consolarla. «Noi sappiamo chi è l’assassino.»
«C’è niente che potete dirci a sostegno di questa affermazione?»
«Lui la picchiava, lei lo ha lasciato. Che cos’altro vi occorre?»
«Purtroppo…»
«Questo bambino, il possibile testimone oculare», la interruppe Boehlinger. «Sono sicuro che ci sono state risposte alla nostra offerta di una ricompensa.»
«Sono arrivate alcune telefonate», ammise Petra.
«E allora?»
«Ancora non le abbiamo vagliate. Abbiamo altre piste da controllare.»
«Ma perdio!» Boehlinger calò violentemente la mano sul tavolo. Sua moglie trasalì, ma non lo guardò. «Ci metto i miei soldi, faccio io il lavoro per voi e voi non avete nemmeno la decenza di darci un’occhiata…»
«Lo faremo, stia tranquillo», lo rassicurò Petra. «Appena saremo liberi di occuparcene.»
«Perchè non siete liberi?»
«Siamo qui», rispose Fournier.
Boehlinger alzò di nuovo la mano e per un secondo Petra ebbe l’impressione che intendesse colpire Wil. Ma il pugno si arrestò a mezz’aria. Lieve tremito. Era lo stress o il chirurgo non aveva più il polso fermo della gioventù?
«Siamo noi a intralciarvi? Noi siamo il problema…»
«No, signore», lo rintuzzò Fournier. «Vi siamo grati per tutto…»
La mano piombò di nuovo sul tavolo. «Lei», sibilò il chirurgo, «è un uomo molto maleducato. Tutti e due siete maleducati.»
«John!»
«Tipico», ringhiò Boehlinger, spostando gli occhi rancorosi da Petra a Fournier. «Alla faccia del pubblico impiego. Dunque non sapete niente di questo ragazzino. Impagabile, assolutamente impagabile. Efficienza operativa al suo apice. Vivian, credo che dovremo intervenire in maniera più consistente. Assumeremo…»
«Smettila, John. Ti prego.»
Boehlinger si lasciò andare a una risata di scherno. «Assumeremo senz’altro un investigatore privato perché questi due non sono evidentemente…»
«Basta, John!»
Lo strillo riempì la stanzetta. Boehlinger sbiancò e cercò di aggrapparsi al tavolo. Non trovò appigli e le sue mani si appiattirono. «Vivian», disse senza guardare la moglie, «ti sarei grato se volessi…»
«Sta’ zitto, John! Zitto zitto zitto!»
Fu lei ora ad alzare la mano. Fendette l’aria come un piccolo aeroplano e l’atterrò sul petto, sopra il cuore. Corse fuori lasciando la porta aperta.
Fournier pregò con gli occhi Petra perché la seguisse. Persino il dottor Travaso di Bile era preferibile a una madre sconvolta dalla morte della figlia.
Petra la raggiunse in fondo al corridoio, nella tromba delle scale, seduta sul primo gradino con la fronte appoggiata al muro e i capelli color champagne che tremavano a ogni singhiozzo.
«Signora…»
«Mi spiace!»
«Non ha niente di cui scusarsi, signora.»
«Sono così dispiaciuta, così dispiaciuta!»
Petra si sedette accanto a lei e le passò con qualche titubanza un braccio intorno alle spalle. Sotto il tessuto sentì ossa sottili. Percepì l’aroma del trucco, mentine, Chanel N. 5. «Andiamo a metterci da qualche parte.»
Vivian Boehlinger si raddrizzò e indicò le stanze degli interrogatori. «Non con lui!»
«No», promise Petra. «Noi due sole.»
Petra scelse la stanzetta dove si trovava il distributore automatico. Non aveva serratura, così bloccò la porta con una seggiola. Si accomodò e invitò Vivian Boehlinger a sedersi vicino al tavolino pieghevole sul quale i detective consumavano i loro spuntini.
«Caffè?»
«No grazie.» Voce sommessa ora, il tono di vergogna mista a stanchezza di chi è reduce da una crisi di nervi. Le piccole mani raccolte nel grembo. Sotto le lampade al neon Petra scorgeva l’ombra di rughe profonde dissimulate da un trucco applicato con mano esperta. Gli occhi erano tormentati, privi di speranza. Un contrasto così inquietante con l’aspetto generale di dignitoso contegno.
«Mi dispiace», ripeté Vivian.
«Guardi che non è successo niente, signora. In situazioni come questa…»
«Quando sarà finita, lo lascerò.»
Petra non parlò.
«Volevo farlo quest’anno», seguitò Vivian, «Ora dovrò aspettare. Trentasei anni di matrimonio, che barzelletta.» Scosse la testa, fece un verso tremendo, più uno starnazzo che una risata.
«Frequenta prostitute», proseguì. «Crede che sia così stupida da non saperlo.» Un altro verso da uccello. Fece accapponare la pelle a Petra. «Storie sporche di donnacce. E adesso Lisa non c’è più.»
Strana giustapposizione, ma forse no. Una classificazione delle sue sventure. Attese che aggiungesse qualcosa, ma si limitò a mormorare: «La mia Lisa, la mia bella Lisa».
Trascorsero altri minuti di silenzio, poi Petra si decise a riprendere la conversazione. «Signora», chiese, «lei crede che sia stato Cart Ramsey?»
«Non lo so.» Risposta veloce. Ci aveva pensato. Si strinse nelle spalle in un gesto desolato e tirò su con il naso. Petra le procurò un tovagliolo di carta. Lei si asciugò.
«Grazie. Lei è molto gentile. Non so che cosa pensare.» Riuscì a sedere più eretta. «John crede che tutto si possa comperare. Aveva offerto soldi a Lisa perché non sposasse Carter e, quando non funzionò, più soldi ancora perché divorziasse. Che stupidaggine. Lisa avrebbe divorziato da Carter comunque. Me lo aveva detto. Se John avesse mai comunicato con lei, si sarebbe risparmiato l’offerta. La quale era priva di fondamento. Lisa divorziò da Carter, ma crede che John abbia mantenuto la sua promessa?» Le sue labbra sottili si distesero in un sorriso inquietante. Aveva usato rossetto e matita per estendere la linea delle labbra e modificare radicalmente i contorni della bocca. Senza trucco sarebbe stata irriconoscibile.
«Non pagò?» chiese Petra.
«Certo che no. Non le diede un centesimo. Disse che aveva scherzato, che comunque era meglio per lei, non aveva niente di cui lamentarsi. Lisa non se la prese, sapeva con chi aveva a che fare. Ma resta la promessa mancata. Non le sembra orribile?»
«Quanto aveva offerto a Lisa?»
«Cinquantamila dollari. E adesso ne promette metà per il ragazzo.» Vivian scosse la testa. «Non si aspetti che paghi una ricompensa, detective. Provo compassione per chi si illude di ottenere soldi da John. Credo che sia stato Carter? Non lo so. A me era sempre sembrato una persona civile. Poi Lisa mi disse che l’aveva picchiata, quindi non lo so.»
«Quante volte le ha detto di essere stata picchiata, signora?»
«Solo una. Avevano litigato, Carter ha perso la testa e l’ha colpita. Più una sberla che altro, ma le causò un occhio nero e un taglio al labbro.»
«Una sola volta», ripeté Petra.
«Una era troppo per Lisa.» Una punta di orgoglio eccessivo. Perché la figlia aveva saputo imporsi in un modo di cui la madre non era stata capace. «Mi disse che non lo avrebbe tollerato. Ero d’accordo con lei. A dispetto di tutto quello che mi ha fatto suo padre in trentasei anni di vita insieme, non ha mai alzato un dito su di me. Se lo avesse fatto, chissà come avrei reagito.» Sollevò la borsetta, brandendola come un’arma. «Naturalmente non sapevo che Lisa sarebbe andata a raccontare tutto in televisione. Lo avesse detto a me, probabilmente le avrei consigliato di rinunciare.»
«Troppa esposizione?»
«Cattivo gusto. Ma avrei sbagliato. Perché tenere tutto dentro? A che serve stare zitti, subire facendo la bella statuina?»
Pianse di nuovo, si asciugò gli occhi. «Se credo che sia stato Carter? Perché no? È un uomo. Sono loro i responsabili di tutta la violenza che c’è in questo mondo, o no? Sono sicura come lo è John? No. Perché nessuno riesce mai a essere tanto sicuro quanto John.»
Si alzò. «So che fate del vostro meglio, detective. John chiede sangue, ma io desidero solo… qualcosa che non potrò mai avere. Che mi sia restituita la mia bambina. Ora le chiedo per piacere di chiamarmi un taxi.»
«Senz’altro, signora.» Petra aprì la porta per lei. «Qui c’è il mio biglietto da visita. Se le viene in mente qualcosa, qualsiasi cosa, la prego di farmelo sapere.»
Uscirono in corridoio. La porta della numero uno era ancora chiusa.
«Il suo povero amico», sospirò Vivian Boehlinger. «John è anche razzista. Non sa quanto lo disprezzo.»
«Le chiamo quel taxi. Dove deve andare?»
«Al Beverly Wilshire. Lui alloggia al Biltmore.»
Erano passate da poco le nove e si sentiva sfinita. La visita dei Boehlinger l’aveva spremuta di tutte le energie. Il povero Wil era ancora in trincea.
Che coppia, pur considerando la tragedia subita. Non un gran modello di figura maschile per Lisa. Quanta libera volontà è data a ciascuno di noi?
La pila dei messaggi era cresciuta, altre quattro segnalazioni. Pensò con orrore alle telefonate che avrebbe ricevuto da Boehlinger.
In certi casi ci si allea con i familiari della vittima. Lei si trovava alle prese con un uomo a cui avrebbe volentieri cambiato i connotati a mani nude e una donna che le dava i brividi con le sue risate da volatile. Non andava affatto bene. E Stu ancora non si vedeva. Evidentemente non gli importava più niente. La qual cosa si scontrava con il suo desiderio di far carriera. Dunque c’era forse davvero un problema coniugale.
Contattò inutilmente alcuni uffici che si occupavano di persone scomparse senza trovare informazioni sulla Flores e stava posando il ricevitore quando Stu disse: «Buongiorno».
Sbarbato di fresco, i capelli perfettamente pettinati. Indossava un elegante abito di gabardine grigio scuro, camicia grigio perla, cravatta a disegni astratti grigi e rossi. Così perfettamente composto.
Le fece saltare la mosca al naso.
«Buono?» lo apostrofò.
Lui girò sui tacchi e uscì.