Routine. Sono sospettato?
Giocava al gatto con il topo?
Cercò Stu alla stazione. Era uscito da un’ora e quando provò a casa, non ottenne risposta. Fuori con Kathy e i bambini? Doveva essere bello possedere una vita.
Rientrata a Los Angeles, acquistò un po’ di insalata in un negozietto di Fairfax e la consumò a casa mentre seguiva il telegiornale. Niente su Ramsey. Provò di nuovo Stu. Inutile.
Ora di simulare una vita anche per sé.
S’infilò una felpa già macchiata di acrilici, preparò un sottofondo mozartiano e spremette colore sulla spatola. Appollaiata su uno sgabello lavorò fino a mezzanotte. Prima il paesaggio, che stava rispondendo un po’, si sentiva in vena, quell’ipnotica contrazione del tempo. Poi un’altra tela, più grande, vuota e invitante. Applicò due strati di mestica bianca, sulla quale stese un fondo abbondante di marrone spento e, quando il fondo si fu asciugato, cominciò in rapide pennellate a disegnare una serie di ovali grigi che si trasformarono in volti.
Niente composizioni, solo volti, a decine, alcuni sovrapposti, volti come frutti appesi a un albero invisibile. Alcuni con la bocca innocentemente dischiusa, tutti con occhi neri privi di pupille, forse orbite vuote, ellissi spettrali, in ciascuna delle quali si rispecchiava una variante sul tema della confusione.
Ogni volto più giovane di quello precedente, uno scorrere dell’età all’inverso, finché si ritrovò a dipingere solo bambini.
Bambini perplessi, che crescevano su un invisibile albero di bimbi… Un crampo le contrasse la mano e lasciò cadere il pennello. Invece di farsene un problema, rise apertamente, spense la musica, tolse la tela dal cavalletto e la posò per terra, rivolta al muro. Si denudò lasciando gli indumenti sul pavimento, restò a lungo sotto la doccia e andò a coricarsi. Appena spente le luci, rivisse il colloquio con Ramsey.
Era quasi certa che stesse manovrando.
Non sapeva che cosa farci.
Quando si svegliò, mercoledì mattina, ci stava ancora pensando. L’arroganza con cui aveva acceso le luci della rimessa mostrandole la Mercedes, come sfidandola a indagare più a fondo. Tutti quegli stimoli alla sua compassione, lo zucchero nel sangue, le cataratte, la difficoltà a guidare di notte.
Povero vecchietto, pieno di acciacchi. Ma c’era un problema clinico al quale non aveva accennato.
Il problema che avrebbe potuto essere all’origine di una grave esplosione d’ira.
E ancora niente avvocato, almeno in scena. Una sorta di duplice bluff? Rivolgigli la domanda sbagliata ed ecco che saltano fuori i parolai?
O più semplicemente si sentiva sicuro di sé perché aveva un alibi perfetto?
Non farti attirare nella trappola, nessun attacco frontale. Mira ai fianchi. Gioca sui sottoposti. Trova Estrella Flores, scambia due chiacchiere con il pilota, anche se la sua conferma non avrebbe dimostrato nulla, avrebbe avuto comunque tutto il tempo di tornare a casa, uscire, passare a prendere Lisa, ucciderla. Senza dimenticare Greg Balch, fedele lacchè e probabile spergiuro. Petra era certa che Ramsey avesse telefonato al suo assistente appena uscita lei, ma alle volte i subalterni covavano risentimenti profondi e Petra ricordava come Ramsey aveva aggredito Balch durante la prima visita. E come Balch aveva incassato in silenzio. Abituato a farsi maltrattare? Esercita un po’ di pressione, attizza un rancore rimasto a lungo sotto le ceneri e capita che lo schiavo si ribelli.
Arrivò alla sua scrivania alle otto e trovò un messaggio di Stu che la informava che si sarebbe fatto vivo più tardi, probabilmente nel pomeriggio.
Nessuna giustificazione.
Avvertì una vampata nelle guance. Accartocciò il messaggio e lo gettò nel cestino.
La direzione della Westward Charter confermò il viaggio di Ramsey e Balch a Tahoe e il ritorno a Burbank alle otto e mezzo di sera. Per caso Ed Marionfeldt era negli uffici, così poté conferire anche con lui. Gentile, disponibile, aveva compiuto chissà quanti viaggi con The Adjustor, nessun problema, niente di insolito nell’ultima occasione. Petra non voleva porre troppe domande per paura di consolidare la posizione di Ramsey come indiziato principale. Anche se lo era. S’immaginava un avvocato della difesa che utilizzava la testimonianza di Marionfeldt per dimostrare che quel giorno lo stato d’animo di Ramsey era del tutto normale. Se mai si fosse arrivati a un processo…
Da una telefonata alla sede della Previdenza Sociale risultò che Estrella Flores aveva tutti i documenti in regola e che il suo solo indirizzo ufficiale era quello della casa di Ramsey a Calabasas.
«Dunque è lì che verrebbero recapitati eventuali assegni?» chiese all’impiegato.
«Non ha fatto domande di sussidi o indennizzi, quindi non ci sono assegni.»
«Se dovesse pervenirle un cambio di indirizzo, sarebbe così gentile da farmelo sapere, signor…»
«Vicks. Se giungesse alla mia attenzione, mi premurerò per quanto mi è possibile, ma guardi che non trattiamo casi individuali se non per problemi specifici…»
«Io ho un problema specifico, signor Vicks.»
«Sono sicuro che è così… Va bene, mi lasci prendere nota, ma l’avverto che qui si perde tutto, quindi le conviene farsi viva lei di tanto in tanto.»
Petra chiamò la Player’s Management. Non rispose nessuno, nemmeno una segreteria telefonica. Forse Balch era andato a Montecito, si era preso qualche ora di permesso per cancellare indizi pericolosi per conto del suo principale.
Poi la volta del broker alla Merrill-Lynch. Morad Ghadoomian aveva una voce gradevole, priva di accento, sembrava che si fosse preparato alla telefonata.
«Povera signora Boehlinger. Immagino che voglia sapere se aveva qualche complicazione di ordine economico. Sfortunatamente no.»
«Sfortunatamente?»
«Nessuna complicazione», spiegò lui, «perché non c’era niente da complicare.»
«Niente soldi sul conto?»
«Niente di rilevante.»
«Vuole essere un po’ più preciso, signore?»
«Mi piacerebbe… Limitiamoci a dire che aspettavo sviluppi che non si sono mai materializzati.»
«Le aveva detto che intendeva investire grosse somme e poi non l’ha fatto?»
«Be’… non sono sicuro di come funzioni questo caso in termini di riservatezza. E nemmeno il mio capo. Non abbiamo mai avuto a che fare con un omicidio. Sì, ci capitano clienti deceduti più spesso che no, allora trattiamo con gli avvocati per questioni di proprietà immobiliari, con i funzionari del fisco, ma in questo caso… Limitiamoci a dire che la signora Boehlinger è stata nel mio ufficio una sola volta e solo per compilare alcuni moduli e avviare il conto.»
«Su che basi lo ha avviato?» chiese Petra.
«Be’… non vorrei venir meno ai miei doveri su questo punto… Limitiamoci a dire che ha versato il minimo.»
Petra attese.
«Mille dollari», rivelò Ghadoomian. «Giusto per aprire una situazione.»
«In titoli?»
Il broker rise sommessamente. «L’intenzione della signora Boehlinger era di costruirsi un sostanzioso conto in obbligazioni. Non avrebbe potuto scegliere un momento migliore, sono sicuro che sappia anche lei del vento favorevole che tira in questo periodo sul mercato. Però poi non ci sono mai arrivate istruzioni di investimenti e i mille dollari sono rimasti in un fondo valutario che frutta il quattro per cento.»
«Quanto aveva detto di voler investire?»
«Non lo ha mai detto, lo ha lasciato intendere. La mia impressione è stata di una somma sostenuta.»
«Sei cifre?»
«Ha parlato di acquisire indipendenza economica.»
«Chi le ha suggerito di rivolgersi a lei?»
«Mmm… credo che abbia chiamato di sua spontanea volontà. Sì, ne sono certo. Telefonò lei per spiegarmi che cosa voleva. A carico del destinatario.» Ridacchiò di nuovo.
«Ma poi non ne ha fatto niente.»
«No. Una volta l’ho persino cercata. Limitiamoci a dire che ero deluso.»
Indipendenza economica. Lisa aveva avuto in previsione un lascito o un introito importante? O, alla soglia dei trent’anni, aveva semplicemente deciso di dare inizio a un serio programma di risparmio mettendo a frutto gli alimenti che riceveva mensilmente da Ramsey per vivere del solo stipendio? Un accantonamento di ottantamila dollari l’anno poteva trasformarsi in una somma discreta.
Una riduzione avrebbe sconvolto i piani di investimento di Lisa.
Forse che Ramsey aveva fatto marcia indietro quando Lisa aveva trovato lavoro e aveva minacciato di tornare in tribunale inducendola così a sospendere i suoi progetti?
O era accaduto qualcosa di più elementare, si era per esempio trovata un altro broker.
Poco probabile. Perché avrebbe lasciato i mille dollari sul conto di Ghadoomian?
Il denaro era stato un altro motivo di dissapore tra i Ramsey?
Denaro e frustrazioni sentimentali: terreno fecondo per un omicidio.
Passò un’ora al telefono con gli impiegati all’ufficio del Registro e riuscì infine a localizzare l’originale dell’atto di divorzio dei Ramsey. La sentenza era diventata esecutiva poco più di cinque mesi prima. Nessuna complicazione apparente, nessuna richiesta di modifiche agli alimenti, dunque se c’era stato un voltafaccia di Ramsey, non lo aveva formalizzato.
Poi ricevette un invito anonimo a chiamare l’ufficio Identificazioni a Parker Center.
Un’impiegata le disse: «Le passo l’agente Portwine».
Lo conosceva di nome. Portwine era uno degli analisti di impronte digitali, di cui aveva trovato la firma in calce a più di un rapporto.
Una voce un po’ stridula le parlò a mitraglia. «Grazie di aver richiamato. Questa può essere una cantonata galattica o qualcosa di interessante. Spero che lei possa risolvermi il dilemma.»
«Di che si tratta?»
«Lei ci aveva mandato del materiale acquisito sulla scena del delitto Lisa Boehlinger-Ramsey. Un cartoccio per generi alimentari e un libro. Abbiamo ottenuto molte impronte, probabilmente femminili date le dimensioni, ma nessuna che abbia dato riscontro nei nostri archivi. Stavo per farle avere un rapporto in questo senso quando mi sono arrivate le impronte relative a un altro caso, un furto a North Gardner, prese da un coltello da cucina e alcuni contenitori per cibi. Avevo un po’ di tempo a disposizione e ci ho dato un’occhiata. Corrispondono alle sue. Allora quello che ho bisogno di sapere è se c’è stato qualche scambio nei numeri di archiviazione, se qualcuno ha incasinato le impronte. Perché è un po’ singolare che due serie che arrivano da Hollywood in due momenti diversi corrispondano alla stessa persona. L’hanno scorso qui è scoppiata una grana che non le dico. Anche se ci stiamo attenti, non ha idea di quante impronte dobbiamo analizzare. Così adesso abbiamo adottato la tattica del petto in fuori e pancia in dentro, nel senso che se qui è successo qualche pasticcio, sono affari vostri e non nostri.»
Com’era possibile parlare così velocemente? Petra lo aveva ascoltato affondandosi le unghie nel palmo.
«Quando è avvenuto il furto?» chiese.
«La notte scorsa. Se n’è occupata una pattuglia della Mobile che ne ha riferito a uno dei vostri… W.B. Fournier.»
Petra allungò lo sguardo verso la scrivania di Wil. Non c’era.
«Su che genere di contenitori avete trovato le impronte?»
«Una bottiglia di plastica di succo d’arancia. Le impronte erano sull’etichetta. E un ananas. Mi sono divertito, perché non avevo mai analizzato le impronte prese da un ananas. Sembra che debbano arrivarne delle altre. Qui dice che ne avrebbero prelevate con un nastro adesivo da elementi in acciaio inossidabile di un impianto idraulico e da un flacone di shampoo. C’è un nastro anche… sì, un frigorifero. Sembrerebbe l’incursione di un affamato. Allora?»
«Del furto non so niente. Noi vi abbiamo mandato solo l’involto di qualcosa da mangiare, il libro e gli indumenti della vittima trovati sul luogo del delitto Ramsey.»
«Mi sta dicendo che quest’altro materiale non arriva da voi?»
«Proprio così», confermò Petra.
Portwine sibilò. «Due serie di impronte della stessa persona in due luoghi diversi dove sono stati commessi dei reati.»
«Così pare», concordò Petra. Il cuore le batteva veloce. «Avete ancora i reperti del caso Ramsey? Il libro, in particolare?»
«No, abbiamo mandato tutto al deposito ieri alle cinque del pomeriggio. Ma io ho conservato una copia delle impronte. Ci sono alcune linee molto particolari, è per questo che mi sono accorto della somiglianza.»
«Va bene, grazie.»
«Prego», rispose Portwine senza entusiasmo. «Almeno sappiamo che non è successo qualche pasticcio.»
Lasciò a Wil Fournier un messaggio perché si mettesse in contatto. Ancora nessuna notizia di Stu, che era uscito senza il cellulare.
Giunta al Parker Center, usò un sorriso e qualche moina perché le fosse concesso di lasciare l’automobile nel parcheggio riservato ai dipendenti e salì al deposito reperti, dove compilò un modulo di richiesta per il libro della biblioteca. La Sipes, l’addetta di colore con i capelli tinti di biondo, si mostrò del tutto indifferente al fatto che la vittima fosse L. Boehlinger-Ramsey e fece notare a Petra che il numero del caso da lei scritto sul modulo era quasi illeggibile. Petra lo cancellò e lo riscrisse, mentre la Sipes scompariva dietro file e file di scaffalature metalliche e riappariva dieci minuti dopo scuotendo la testa. «A quel numero non risulta niente.»
«Ma sono sicura», insisté Petra. «Ieri sera. L’agente Portwine dell’ufficio Identificazioni l’ha mandato qui ieri alle cinque del pomeriggio.»
«Ieri? Perché non l’ha detto subito? Allora è in un’altra sezione.»
Un altro quarto d’ora prima che Petra si vedesse consegnare la busta.
Seduta nella Ford, sfilò il libro. I nostri presidenti: La marcia della storia americana.
Una vagabonda appassionata di storia che entrava in casa altrui a rubare da mangiare. Molto probabilmente una disadattata con turbe psichiche. Sfogliò qualche pagina, cercò qualche annotazione a margine, qualche bigliettino di cui nessuno si fosse accorto. Niente. Restava il particolare curioso della tessera dove venivano registrate le uscite, ancora infilata nella sua busta.
Succursale di Hillhurst. Sì, non lo aveva dimenticato. Nessun movimento per nove mesi.
Nessun movimento da quando Vagabonda lo aveva rubato?
Petra cercò di immaginarsela a vivere in strada, rubando, leggendo. Rubando cibo e sapienza. C’era un contorto lato romantico in quella singolare bivalenza.
Accovacciata su una roccia a orinare. Uno Schizo-Thoreau in gonnella.
Tornò a Hollywood e trovò la succursale di Hillhurst in una zona commerciale pochi isolati a sud di Los Feliz. Non il tipo di costruzione che Petra si sarebbe aspettata per una biblioteca, una lastra priva di finestre in puro grigio statale, di fianco a un supermercato. L’ingresso era quasi del tutto ostruito dai carrelli. Un cartello avvertiva che la sede era provvisoria.
Entrò armata di busta in una mano e biglietto da visita nell’altra. La biblioteca era costituita da un unico stanzone. In un angolo, al telefono, una bibliotecaria dai capelli grigi e, al banco della consegna e restituzione dei libri, un’impiegata più giovane. Un solo utente, un uomo molto anziano in berretto di cencio a leggere il giornale con un ombrello arrotolato sul tavolo a portata di mano, anche se il cielo di giugno era limpido e celeste e non pioveva da mesi.
Scaffali in betulla naturale su rotelle, tavoli da lettura dello stesso legno chiaro. Patetico il tentativo di non far rimpiangere le finestre disseminando le pareti di manifesti di viaggi.
La bibliotecaria più anziana era tutta assorta nella sua conversazione telefonica, così Petra si rivolse alla collega più giovane. Era di origine spagnola, alta e slanciata, ben vestita in un completino grigio che faceva la sua scena più di quanto meritasse. Il viso era accattivante, occhi cordiali, pelle discreta, ma ad attirare l’attenzione di Petra furono i capelli: neri, folti, dritti, lunghi fin oltre l’orlo della minigonna. Come quella cantante country, Crystal Gayle.
«Posso esserle utile?»
Petra si presentò e le mostrò il biglietto da visita.
«Magda Solis», rispose l’impiegata, visibilmente sconcertata dall’apparizione di un investigatore della Omicidi.
Petra sfilò dalla busta il libro rosso e lo posò sul banco. Magda Solis si portò improvvisamente la mano destra al seno sinistro. «Oh no, gli è successo qualcosa?»
«A chi?»
«Al ragazzino che…» La Solis lanciò un’occhiata alla bibliotecaria.
«Il ragazzino che l’aveva rubato?» domandò Petra. Sagoma di un corpo piccolo sul terreno, mani piccole, non di una donna, di un bambino. Perché non ci aveva pensato? A un tratto ricordò il quadro che aveva cominciato la sera prima, l’albero colmo di bimbi sperduti, e lottò contro il brivido che le partì dalle spalle e le scese insinuandosi per tutto il corpo verso l’ombelico.
La Solis si toccò il mento. «Possiamo parlare fuori?»
«Certo.»
L’impiegata corse dalla bibliotecaria in un’andatura lievemente paperesca che riuscì a essere lo stesso aggraziata, con le braccia piegate in un atteggiamento di nervosismo e un gran ondeggiare della gloriosa pettinatura. Disse qualcosa che strappò un mezzo cipiglio alla bibliotecaria e tornò sui suoi passi morsicandosi il labbro.
«Va bene, ho qualche minuto.»
«Sono in prova», confidò a Petra quando furono fuori, vicino alla Ford. «Non volevo che la signora sentisse. Gli è successo qualcosa?»
«Perché non mi dice che cosa sa, signorina Solis?»
«Ma… so che è un bambino, forse di dieci o undici anni. All’inizio non ero nemmeno sicura che fosse lui. A portar via i libri, intendo. Ma era il solo ad aver letto quelli che poi scomparivano. Questo in particolare gli interessava molto, è tornato spesso a leggerlo, poi un giorno non c’era più.»
«Dunque ne ha presi degli altri.»
La giovane impiegata soffriva. «Ma li restituiva sempre», volle precisare. «Un ragazzino molto serio. Fingeva di fare i compiti. Credo che cercasse di non attirare l’attenzione. Poi, un giorno, l’ho visto che rimetteva a posto qualcosa. Era uno dei libri che avevo segnato nel registro degli scomparsi. Un saggio di oceanografia, credo.»
«Fingeva di fare i compiti?»
«Così sembrava a me. Sempre le stesse pagine di problemi di matematica. Faceva sempre matematica. Anzi, algebra. Dunque forse ha più anni di quelli che dimostra. O è particolarmente dotato. A giudicare da quello che leggeva, direi che è più intelligente della media.» Scosse la testa. «Faceva un po’ di matematica, e poi tornava agli scaffali, trovava qualcosa e leggeva per un paio d’ore. Si capiva che amava leggere. Ed è una cosa rara, noi cerchiamo sempre di attirare i giovani ed è una lotta. Anche quando vengono, passano il tempo a scherzare e a fare chiasso. Lui non era così. Molto beneducato, un piccolo gentiluomo.»
«A parte quel vizietto di rubare i libri.»
La Solis si tormentò di nuovo il labbro. «Be’, so che avrei dovuto dire qualcosa, ma lui li restituiva, non faceva male a nessuno.»
«Perché non gli ha suggerito una bella tessera come tutti gli altri?»
«Per la tessera ci vogliono un documento d’identità e la firma di un adulto ed era ovvio che quello era un ragazzo di strada. Si capiva dai vestiti. Si sforzava di presentarsi in ordine, si bagnava i capelli e se li pettinava, ma i vestiti erano vecchi e malridotti, pieni di strappi. E anche le scarpe. E poi indossava sempre le stesse cose, avrà avuto sì e no un ricambio. Aveva i capelli lunghi, gli coprivano quasi tutta la fronte. Mi sa che era da molto che non li tagliava.» Si toccò i propri e sorrise. «Da questo punto di vista forse avevamo un’affinità speciale… La prego, detective, mi dica, gli è successo qualcosa?»
«Può darsi che sia stato un testimone oculare di qualcosa che è successo. Che cos’altro può dirmi di lui?»
«Piccolo, magro, anglosassone, un mento un po’ affilato. Carnagione chiara, molto, da anemico. Capelli castano chiaro. Lisci. Sugli occhi non saprei, blu, mi pare. Qualche volta cammina con un bel portamento, ma altre l’ho visto un po’ curvo. Come un vecchietto. Ha nel complesso un’aria da vecchio. Sono sicura che l’avrà notato anche lei nei bambini di strada.»
«Gli ha mai parlato?»
«Una volta, all’inizio, mi sono avvicinata e gli ho chiesto se potevo aiutarlo in qualcosa. Lui ha scosso la testa e ha abbassato gli occhi sul tavolo. Con un’espressione impaurita. L’ho lasciato stare.»
«Un bambino di strada.»
«L’altro anno al college ho svolto del volontariato in un ricovero e direi che mi ricordava i bambini che ho visto là. Non che quelli si occupassero di libri. Sapesse invece che cosa leggeva lui! Biografie, scienze naturali, storia… Quello, sui presidenti, era il suo preferito. Insomma quello era un bambino che la società ha sbagliato a trascurare e che lo stesso continua a credere nel sistema. Non lo trova straordinario? Deve essere dotato. Non ho potuto denunciarlo. È indispensabile che la bibliotecaria lo sappia?»
Petra sorrise e scosse la testa.
«Ho pensato che il miglior modo per aiutarlo», confessò Magda Solis, «era lasciargli usare la biblioteca come preferiva. Lui restituiva tutto. Eccetto il libro sui presidenti. Ma dove l’ha trovato?»
«Nei paraggi», rispose Petra e l’impiegata non pretese di più.
«Per quanto tempo ha frequentato la biblioteca?»
«Due, tre mesi.»
«Tutte le settimane?»
«Da due a tre volte la settimana. Sempre di pomeriggio. Arrivava verso le due e restava fino alle quattro o le cinque. Mi sono chiesta se sceglieva il pomeriggio perché in quell’orario quasi tutti i bambini non vanno a scuola e così avrebbe dato meno nell’occhio.»
«Buona deduzione», si complimentò Petra.
L’impiegata arrossì. «Potrei aver sbagliato tutto su di lui. Forse è un bambino ricco di Los Feliz ed è solo un po’ strano.»
«Quando l’ha visto per l’ultima volta, signorina?»
«Vediamo… pochi giorni fa. L’altra settimana. Dev’essere stato venerdì scorso. Sì, venerdì. Ha letto non so quanti numeri del National Geographic e dello Smithsonian. Ma non ha portato via niente.»
L’ultimo giorno feriale prima dell’assassinio di Lisa. Da allora non si era più fatto vedere.
Un bambino. Che viveva nel parco. Leggeva al buio. Come? Con una torcia? Un articolo presente nella dotazione per la sopravvivenza di un bambino di strada?
Dal Griffith Park alla casa di North Gardner dov’era avvenuta l’intrusione c’erano quattro miglia buone, forse cinque. Dunque si era spostato a ovest. Perché? Quel ragazzino non era un vagabondo, aveva consolidato uno schema comportamentale in un ambito ristretto.
Paura? Forse perché aveva visto qualcosa?
«Non voglio metterlo in pericolo», disse la giovane impiegata.
«Al contrario, signorina Solis. Se lo trovo potrò essere sicura che stia ben lontano dal pericolo.» La giovane donna annuì, desiderosa di crederle. Aveva gli occhi arrossati. Affinità… Aveva sottinteso qualcosa di più della lunghezza dei capelli?
«Grazie dell’aiuto», disse Petra.
«È sicura che non… che stia bene?»
Stava ancora bene la notte prima, quando era penetrato in una casa disabitata e si era tagliato fette di ananas. «Sta bene, stia tranquilla, ma ho bisogno di rintracciarlo. Forse lei mi può dare una mano.»
«Le ho detto tutto quello che so.»
Petra estrasse il taccuino e una matita numero 3. «Io so disegnare discretamente. Vediamo se riusciamo a combinare qualcosa insieme.»