Rinvennero il corpo di Gregory Balch il giorno dopo, sepolto sotto terra, fieno e sterco di cavallo nella stalla dietro la casa a Calabasas. Sgozzato come Estreila Flores.
Tumulato nel concime. Non era necessaria l’interpretazione di uno psichiatra.
Dopo aver passato al microscopio il palazzo rosa, l’indizio più vicino a un movente che trovarono fu una singola pagina di taccuino nello scrittoio a tapparella in camera da letto. Al centro Ramsey aveva scritto:
L e G?
Lisa e Greg. La goccia di sudore sotto la scritta era indice di stress, secondo uno psicologo del dipartimento. Straordinario acume professionale. Tanto enfatico nei modi quanto superficiale nella sostanza, si propose come migliore interlocutore per raccogliere la testimonianza di Billy Straight.
Petra era di opinione discorde e si oppose con fermezza.
Stu aveva aggiunto il suo piccolo tassello al mosaico: la trama di un episodio di Adjustor di dieci anni prima, riportata in forma concisa da TV-Guide.
Giocatore di football cerca di fare incolpare di omicidio il suo migliore amico e Dack Price indaga.
Sarebbe servito forse un giorno a Stu per convincersi di aver svolto la sua parte nell’inchiesta. Al momento il suo primo impegno era la convalescenza di Kathy, che, con tardivo realismo, aveva finalmente accettato che lui chiedesse un permesso di trenta giorni per gravi motivi familiari.
L e G? C’era stato davvero qualcosa tra Lisa e Balch o era tutto frutto della paranoia di Ramsey? Rapporto sessuale o consorzio a scopo di lucro ai danni del coniuge/principale? Impossibile dare una risposta senza aver sottratto tutta la documentazione finanziaria di Ramsey dalle grinfie di Larry Schick. E forse non ci sarebbero riusciti mai, né a Petra importava più di tanto.
Altrettanto valeva per la meccanica dell’omicidio di Lisa, argomento ormai di competenza dell’ufficio della procura. Petra propendeva comunque per la sua prima ricostruzione: domenica sera Ramsey aveva somministrato un sonnifero a Balch, era uscito di nascosto, aveva seguito Lisa, l’aveva sequestrata. Usando la Mercedes, non la Jeep. Perché Billy aveva visto la targa: PLYR 1.
E si era scoperto che quello era l’unico dato preciso di cui era in possesso. La targa. Niente che servisse a puntare un dito accusatore su una persona in particolare. Il bambino era stato braccato inutilmente.
Restava comunque la possibilità che Ramsey avesse scambiato le targhe e usato la Jeep. O un altro dei suoi molti veicoli, aveva solo l’imbarazzo della scelta. Ci pensassero i tecnici.
Aveva ucciso Estrella Flores perché lo aveva visto uscire di nascosto. O perché poteva averlo visto. Per la cameriera aveva usato la Lexus di Balch. Ma non si poteva escludere che Balch gli fosse stato complice fin dall’inizio amico fino alla fine. Comunque fosse andata, Ramsey lo aveva usato e poi buttato via.
Giocatore di football cerca di fare incolpare di omicidio il suo migliore amico… scopiazzando da una sceneggiatura già scadente. Che poca fantasia. La vanagloria dell’Industria.
Nell’Industria gli attori di successo amavano farsi chiamare interpreti.
Anche a Ramsey piaceva essere considerato un interprete, quando sapeva di non esserlo. Perché il suo talento era mediocre, la sua arte recitativa anonima e il suo pene flaccido.
Al diavolo Ramsey. Ora c’era Billy.
Al Western Pediatric Hospital, dove era ricoverato, era stato classificato fin dall’inizio come un paziente difficile. Era al sesto giorno di degenza. Petra aveva trascurato il lavoro d’ufficio, non aveva risposto alle convocazioni di Schoelkopf, aveva trascorso tutto il tempo a disposizione con Billy. Quando andava via lei, le subentrava una terapeuta dell’ospedale. All’inizio Billy le aveva ignorate entrambe. Al terzo giorno aveva accettato i libri e le riviste che Petra gli aveva portato. Al quarto giorno Ron era venuto a prenderla per portarla fuori a cena al Biltmore.
Cena gradevole, anzi, molto di più. Si era ritrovata a cercare la sua mano. La eccitava l’interesse con cui lui l’ascoltava. Fino a quel giorno si era domandata se quello che era accaduto tra loro fosse stata una conseguenza della tensione che aveva accompagnato l’inchiesta.
Con grande piacere, ora che le acque si erano calmate, scopriva di desiderarlo anche di più. Forse presto avrebbe conosciuto le sue bambine.
Dolci fantasie… Non s’illudeva di saper guarire le ferite emotive del ragazzino, aveva telefonato ad Alex Delaware, uno psicologo con il quale aveva lavorato e del quale si fidava, ma era fuori città con la fidanzata e sarebbe rientrato più tardi.
Intanto Billy rimaneva in ospedale, sottoposto a trattamento antibiotico e dieta ipercalorica, con un poliziotto di guardia a pochi metri dalla sua stanza, in corridoio. Petra non ne vedeva la ragione ma così aveva ordinato Schoelkopf. Forse si sentiva in colpa ed era il suo modo per mettersi la coscienza in pace.
L’angelo custode di Billy era dovuto entrare in azione una volta sola, quando si era presentato Sam Ganzer e aveva preteso di vedere il paziente. Il bellicoso vecchietto si era alzato sulla punta dei piedi e aveva affrontato l’agente in divisa a muso duro. L’alterco si era surriscaldato fino a quando era intervenuta Petra. Aveva assicurato a Ganzer che avrebbe potuto andare a trovare il bambino, ma non prima di aver bevuto con lei un caffè per darsi il tempo di calmarsi.
Ganzer voleva sapere che cosa sarebbe stato di Billy quando fosse stato dimesso. Aveva manifestato a Petra tutta la sua ammirazione, aveva magnificato il suo coraggio, l’aveva definita una «vera eroina», ma mai e poi mai avrebbe permesso a lei o ad altri di fare chiudere il ragazzo in qualche «stupido istituto per minori, ne so ben io qualcosa… sia chiaro, piuttosto che lasciarvelo rinchiudere in qualche schifoso orfanotrofio, lo adotto».
Petra gli aveva promesso che si sarebbe occupata personalmente del suo benessere. Anche lei aveva fantasticato di adozioni.
Billy sarebbe dovuto rimanere in ospedale per almeno tre settimane. Aveva riportato dal suo incubo solo pochi graffi superficiali, ma le analisi mediche avevano rilevato una blanda infezione batterica ai polmoni, una dermatite ai piedi, pressione del sangue lievemente sopra la norma e stato preulceroso allo stomaco. Secondo i medici gli ultimi due sintomi erano probabili reazioni allo stress. Sic! Preoccupati soprattutto del focolaio d’infezione, gli avevano assegnato una terapia intensiva a base di antibiotici. Nessuno gli aveva ancora detto della madre. Delaware aveva promesso di assumersene l’onere e Petra si era sentita grandemente risollevata.
Il caso Ilse Eggermann non sarebbe mai stato ufficialmente risolto, ma Petra era sicura che Ramsey avesse ucciso anche lei.
Com’era stato facile cadere nell’inganno. Pazienza, l’umiltà temprava l’animo. Ed era anche un bene per la sua carriera. In futuro sarebbe stata più cauta nel formulare tesi.
Immaginò come poteva essere andata tra Ramsey e Ilse: Ramsey che andava a trovare Balch alle Rolling Hills Estates, un paio di birre tra amici, poi a casa e, mentre percorre Hawthorne ad andatura indolente, decide di fermarsi al molo. Si era travestito anche quella volta? Aveva avuto in mente qualcosa già prima di uscire? O il fatto che Ilse fosse straniera lo proteggeva dall’essere riconosciuto? La serie dell’Adjustor non era mai sbarcata in Europa.
La tecnica dell’omicidio lasciava supporre che avesse ucciso altre donne. Petra aveva volentieri ceduto il passo ai federali su quel nuovo sviluppo dell’indagine, che si divertissero loro e chiunque altro a caccia di gloria. Schoelkopf indiceva già conferenze stampa, parlava della sua inchiesta.
Ancora nessuna notizia sulla ricompensa. I coniugi Boehlinger erano ritornati nell’Ohio a occuparsi delle esequie di Lisa e non avevano risposto alle sue telefonate. Quali che fossero i diritti di Billy sul piano legale, senz’altro meritava il premio su quello morale. Boehlinger avrebbe probabilmente cercato di non pagare. Dopo quello che Billy aveva passato, Petra avrebbe voluto trovare il modo per costringerlo, ma che cosa poteva fare? Forse una soffiata anonima ai giornali. Ma c’era ancora la speranza di un intervento risolutivo della moglie.
Tutte questioni secondarie. Al momento Billy dormiva, grazie anche a una cena sostanziosa e una dose di sedativi.
Faccino da angioletto, pallido e liscio, così sereno.
Si chinò, lo baciò sulla fronte, uscì dalla stanza e andò a cercare la terapeuta.
Mentre lasciava l’ospedale fu dirottata da uno degli amministratori, un certo Bancroft.
«Come sta il nostro piccolo eroe, detective Connor?»
«Bene.»
Bancroft l’aveva presa per un braccio, ma si affrettò a ritrarsi quando lei abbassò lo sguardo sulla sua mano. «Se ha un momento, detective, c’è una persona con cui vorrei che scambiasse due parole.»
«Chi?»
«Nel mio ufficio, prego.»
L’ufficio era grande, arredato in stile coloniale. In poltrona erano sedute due donne di una certa età. L’una era corpulenta, spalle larghe, capelli grigi come fili di ferro sotto un cappellino scuro, asettico tailleur di tweed alquanto demodé, sguardo da tagliare il ghiaccio. L’altra era molto magra, con i capelli color brandy accuratamente acconciati, gioielli di gran gusto, un tocco di trucco. Completo blu scuro che poteva essere uno Chanel, scarpe intonate. Il suo viso era allungato, angoloso, una fisionomia che era un ritratto di sofferenza. Doveva essere stata bella da giovane. Ora appariva spaventata. Petra dovette affrontare un attimo di disorientamento.
«Detective», spiegò Bancroft, «questa è la signora Adamson. Lei e il compianto signor Adamson suo marito erano tra i nostri più generosi benefattori.»
Una lieve enfasi sul verbo al passato. Bancroft abbozzò una smorfia. La donna magra sorrise. Aveva mani bianche, leggermente maculate, le vene blu in rilievo. Petra notò un dito indice che disegnava minuscoli cerchi sulla borsetta. Scarpe eleganti, abito elegante, ma, come nel caso della sua tarchiata compagna, la sensazione era quella di un guardaroba d’altri tempi. L’estetica generale era pervasa da un senso di storico.
Nessuno le presentò l’altra donna, che la esaminava con gli occhi di un pescivendolo che sta stimando il valore di una cassa di triglie.
«Be’, io vi lascio a parlare», disse Bancroft congedandosi.
Si alzò anche la matrona, tutt’altro che volentieri.
«Grazie, Mildred», le disse la signora Adamson. Mildred rispose con un brusco cenno del capo prima di chiudere la porta.
La signora Adamson alzò gli occhi su Petra. Le sue labbra tradirono un tremito di nervosismo. «La prego di chiamarmi Cora», cominciò. «Le chiedo scusa per il tempo che le rubo, ma…» Invece di continuare, prese qualcosa dalla borsetta e gliela porse.
Una foto a colori di Billy. Un po’ più giovane, forse a undici anni. Era sul ponte di un’imbarcazione, nell’atto di salutare.
«Dove ha preso questa, signora?»
«È mia. L’ho scattata io.»
«Lei conosce Billy Straight?»
Il labbro inferiore della donna tremò e i suoi occhi si gonfiarono di lacrime. «Questo non è Billy Straight, detective Connor. È Billy Adamson. William Bradley Adamson, junior. Mio figlio. E ora non c’è più.»
Petra esaminò il dorso della fotografia. A mano c’era scritto: Billy, Arrowhead, 1971. I colori erano un po’ sbiaditi. Avrebbe dovuto notarlo. Tanti complimenti al detective.
Il ragazzino sorrideva, ma l’espressione non era del tutto naturale, cercava di nascondere una piccola forzatura.
Cora Adamson si era portata un fazzoletto agli occhi. «Forse ci sono cose che avrei dovuto fare diversamente, ma così non è… Come posso esserne certa?»
«Di che cosa, signora Adamson?»
«Mi perdoni, non sto seguendo un filo logico, mi lasci riorganizzare i pensieri… Billy, e intendo il mio Billy, era figlio unico. Molto intelligente. A quattro anni sapeva già leggere avendo imparato da solo. Si laureò in legge tredici anni fa e cominciò subito a lavorare per il Sindacato dei Lavoratori Agricoli. Mio marito era persuaso che fosse una fase di passaggio, un momento di ribellione contro il potere economico costituito. Ma io lo avevo capito, conoscevo Billy per com’era, uno spirito sensibile, generoso. Anche da bambino si preoccupava di non fare del male. Non voleva pescare. Suo padre era un patito della pesca, ma Billy non ne voleva sapere. Il giorno in cui scattai quella foto, lui e Billy avevano appena litigato. Bill, mio marito, aveva deciso di insegnare a pescare a suo figlio una volta per tutte. Billy aveva pianto, non voleva nemmeno salire in barca. Si rifiutava di uccidere un essere vivente. Alla fine Bill gli disse che se non era in grado di comportarsi da uomo, poteva starsene a terra con sua madre. Cosa che lui fece, ma con angoscia, perché amava suo padre. Io scattai la fotografia per cercare di consolarlo.»
Petra osservò di nuovo il ritratto. Stessi occhi, stessi capelli. Stessa fossetta nel mento. Gesù, persino l’espressione sembrava clonata.
«A dodici anni diventò vegetariano», continuò Cora Adamson. «Di nuovo Bill pensò che fosse una fase, ma Billy non toccò mai più cibi che contenevano carne di qualunque genere… oh, mi scusi, sto divagando. Dov’ero rimasta? Ah, i lavoratori agricoli. Billy avrebbe potuto trovare lavoro presso qualsiasi studio legale, invece scelse di viaggiare per tutto lo stato con i contadini, vivere la loro vita difendendo in tribunale i loro diritti. Sembrava felice, poi all’improvviso capitò a casa ad annunciare che aveva lasciato il lavoro, che si era fatto assumere al patrocinio gratuito. Ma non si trovò bene nemmeno lì, durò poco.
«Da quel momento cominciò a girare un po’ dappertutto su una vecchia macchina, con i capelli lunghi, la barba, a prestare i suoi servizi legali a vari consultori, senza mai fermarsi da nessuna parte. Sapevo che qualcosa lo rodeva, ma non voleva parlarne con me. Non si tratteneva mai abbastanza a lungo. Suo padre era molto in collera con lui… Billy era sempre in viaggio, non lasciava mai un recapito… Sapevo che era sperduto, ma si rifiutava di farsi trovare.»
Sedette più eretta torcendo il fazzoletto tra le mani. «Poi un sabato si presentò alla nostra casa di Arrowhead. Avevamo ospiti, soci in affari di suo padre, e Bill era molto imbarazzato per l’aspetto di Billy. Mio figlio non se ne accorse neppure. Era venuto a parlare con me. Entrò nella mia stanza di notte con una candela. L’accese e disse che era venuto il momento della sua confessione. Poi mi raccontò di avere avuto una relazione con una ragazza di Delano, un’immigrata, molto giovane, minorenne. L’aveva messa incinta. O così aveva sostenuto lei. Billy non aveva mai visto il bambino, perché quando lei gli aveva dato la notizia si era fatto prendere dal panico perché era un avvocato. Data l’età della ragazza, sapeva bene che per la legge aveva commesso un reato, uno stupro. Lo preoccupava soprattutto che qualche agricoltore lo scoprisse e se ne servisse contro il sindacato. Invece di affrontare di petto le sue responsabilità, diede alla ragazza tutti i dollari che aveva con sé e lasciò la città. Fu allora che andò a lavorare al pubblico patrocinio. Ma il senso di colpa non smise di tormentarlo, cosicché cominciò a girare la California in cerca della ragazza. Disse che si chiamava Sharia, né istruita, né intelligente, ma di buon cuore. Non la trovò mai.
«’Ma guardiamoci in faccia, mamma’, mi disse. ‘Se avessi voluto rintracciarla davvero, l’avrei trovata, no? Io non sono sicuro di voler sapere… Papà ha ragione, sono un vigliacco, un uomo senza spina dorsale. Un uomo inutile.’ Gli risposi che il fatto stesso che raccontava tutto a me in quel momento dimostrava il suo estremo coraggio. Aveva ancora la possibilità di rimediare. Gli promisi che avrei fatto tutto il possibile per aiutarlo a trovare la ragazza, a prendere provvedimenti per il mantenimento del figlio. Se un figlio c’era perché io ero scettica, pensavo che la ragazza avesse cercato di incastrarlo. S’infuriò. Cominciò a picchiare pugni sul letto, gridò che io ero come tutti gli altri, riducevo tutto a una questione di soldi e nient’altro che soldi. Poi soffiò sulla candela e se ne andò ancora profondamente alterato. Io non lo avevo mai visto in quello stato e ne ero rimasta molto turbata. Pensai di dargli tempo di calmarsi. La mattina dopo fu ritrovato nelle acque del lago Arrowhead. Dissero che era stato un incidente. Io non cercai mai la ragazza. Non sono mai stata sicura che in quella storia ci fosse del vero. Era un dubbio che mi faceva compagnia riaffiorando di tanto in tanto… fino al giorno in cui ho visto l’identikit sul giornale. Allora ho saputo. E ora l’ho trovato, detective Connor.»
Petra osservò ancora per qualche istante la fotografia e gliela restituì. Erano troppi gli elementi che collimavano perché potesse essere solo una coincidenza e la cronologia corrispondeva. William Bradley Adamson, William Bradley Straight.
«Che cosa vuole che faccia per lei, signora Adamson?»
«Detective, io non so se ho il diritto di… Forse legalmente, ma moralmente… Però c’è questo bambino. Deve essere mio nipote. Non c’è altra spiegazione razionale. Sono sicura che possiamo provarlo con un test del DNA. Ma non ora, non dopo tutto quello che… Io voglio… aiutarlo.»
All’improvviso abbassò gli occhi.
«Non ho più le risorse di un tempo. Mio marito è incorso in… in una serie di disavventure prima di lasciarci.»
Petra annuì in uno spontaneo gesto di compassione.
«La verità», riprese Cora Adamson evitando ancora il suo sguardo, «è che da anni vivo dei miei risparmi, ma sono una brava amministratrice e in nessun modo potrei essere classificata come povera. L’aver appreso di Billy, questo Billy, mi ha schiarito le idee. Vivo in una casa di dimensioni grottesche che da tempo meditavo di vendere. Finora mi è mancato l’incentivo e la forza di volontà per operare questo cambiamento. Ora mi è tutto chiaro. La casa non è ipotecata. Il denaro che posso ricavare vendendola, al netto delle tasse, dovrebbe essere sufficiente a garantire un ragionevole tenore di vita per me e mio nipote.»
Nella sua voce era affiorata un’inflessione supplichevole. Chanel o no, si appellava a Petra nel rivendicare i suoi diritti di parentela. Che cosa dire?
Cora Adamson rialzò la testa. «Forse è meglio che sia andata così. L’eccesso di privilegi ha le sue specifiche controindicazioni.»
Petra avrebbe voluto obiettare, invece annuì.
«Io amo i bambini, detective Connor. Prima di sposarmi, insegnavo. Ho sempre desiderato molti figli, ma il parto di Billy fu difficile e i medici mi vietarono di riprovarci. A parte la perdita di Bill e dei miei genitori, non potere avere altri figli fu l’esperienza più dolorosa che ho dovuto affrontare nella mia vita.»
Un’esile mano bianca le afferrò la manica. «Quello che sto dicendo è che credo sinceramente di avere qualcosa da offrire. Non cerco giustificazioni per non aver… Detective Connor, pensa di potermi aiutare?»
La guardava diritto negli occhi. Ansiosa, disperata.
E Delaware sarebbe rientrato in città solo quella sera. Perché non era lì adesso?
«La prego», mormorò Cora Adamson.
«Parliamone», disse Petra.