Sono quasi le 11.00. Fra poco dovrebbe tornare Sam. Ho pensato di aspettarlo, ma adesso sono stanco. Mi sa che andrò a letto.
Probabilmente se la sta spassando con la signora Kleinman. Potrei mangiare un’altra carota, ma non ho più appetito… magari mi faccio un’altra doccia. No, mi basta così, non voglio sprecare l’acqua calda di Sam.
Vado a spegnere la lampada in soggiorno. Magari mi porto a letto qualche rivista da leggere… oh, ho dimenticato di reinserire l’allarme. Vado alla porta, allungo la mano ai tasti e dietro di me c’è un’esplosione, poi uno schianto. Oh no, ho lasciato un fornello acceso o qualcosa del genere?
Ma non c’è odore di gas, non sta bruciando niente e quando mi giro vedo un grande spazio nero dove prima c’era la porta della cucina e la porta è per terra e nello spazio c’è qualcuno, è in casa, mi vede, spalanca la porta della stanza di Sam, guarda dentro, viene fuori…
Viene da me.
Vestito tutto di nero.
Strana pelle rosea e capelli gialli.
Grosso.
Mi guarda. Io non lo conosco, ma lui conosce me!
PLYR 1!
Come?
Oddio, no, oh no… viene verso di me e ha un coltello… un uomo grosso e roseo con un coltello. Voglio gridare, ma ho la gola paralizzata. Cerco la maniglia, trovo solo aria, e lui arriva veloce, è più vicino, che coltello enorme… corro verso sinistra, ma lì c’è solo un angolo, non ho dove andare, la libreria mi chiude la strada. Devo fare qualcosa… lanciare qualcosa, ha già funzionato una volta… libri!
Comincio a toglierli dagli scaffali e glieli scaglio addosso con tutte le forze. Ogni tanto lo colpisco, ma lui si fa sotto lo stesso, cammina più piano, sorride, se la prende comoda, muove il coltello davanti a sé, avanti e indietro.
Io continuo a prendere libri dagli scaffali e a lanciarglieli addosso, lo colpiscono alla faccia, al petto, alla pancia, lui ride, ne para qualcuno con l’altra mano, viene avanti, la stanza è al buio, ma lui mi vede, viene per me.
Cerco di spingere in mezzo il divano, ma è troppo pesante.
Ride.
Afferro il leggio degli spartiti e gli scaglio addosso quello.
Non se l’aspettava. Perde l’equilibrio e io gli giro intorno, corro in cucina, verso la porta abbattuta.
A un tratto sono lungo e disteso.
Qualcosa mi tiene la gamba.
Mi tira per la caviglia, vedo le sue ginocchia che si flettono, vedo il suo mento, il braccio, il coltello che scende.
Mi ritorco come un serpente, devo muovermi, continuare a muovermi, forse se mi muovo sbaglia e riesco a scappare dalla porta della cucina. Mi stringe la caviglia, mi fa male, lo prendo a pugni, continuo a dibattermi, avvicino abbastanza la testa al braccio che mi tiene per la caviglia e mordo, mordo con forza, Billy Serpe, Billy Vipera.
Grida e mi lascia andare e vorrei scappare dalla porta aperta, ma c’è lui in mezzo, dove, dove, dove… L’unica alternativa è ingannarlo con una finta, spostarmi a sinistra e poi a destra, in bagno. Se mi va bene mi ci chiudo dentro.
Balzo in piedi corro veloce come mai attraverso la cucina corre anche lui ha il fiatone arrivo in bagno sbatto la porta la chiudo a chiave mi infilo tra il water e la vasca pavimento freddo sto ansimando il petto mi fa male da…
Nessun rumore.
Poi ride di nuovo. Passi. Passi lenti. Ha ripreso fiato.
Cerco di riprenderlo anch’io, ma a ogni respiro faccio un verso che sembra un cigolio.
Attraverso la porta sento: «Sei uno stupido stronzetto. Ti sei fregato».
Ha ragione.
In bagno non ci sono finestre.
Sta prendendo a calci la porta trema il legno si gonfia come un pallone e si crepa nel mezzo salto fuori apro l’armadietto dei medicinali frugo nel buio cerco qualcosa di affilato una lama di rasoio forbici qualsiasi cosa nessun rasoio niente forbici qui c’è qualcosa di appuntito una limetta per unghie credo non è affilata ma la prendo lo stesso lui scalcia un pezzo di gamba passa attraverso calzone nero scarpa da tennis nera io pianto la lima nel calzone colpisco l’osso ma la lima scivola non va dentro lui urla mi chiama piccolo bastardo…
Un’altra esplosione più forte di prima.
Qualcosa passa attraverso la porta mi sfreccia accanto lo specchio dell’armadietto dei medicinali si sbriciola sento un dolore dietro la testa ci metto una mano c’è caldo qualcosa di appiccicoso punture di frammenti di vetro.
Una pistola. Ha anche una pistola.
Mi infilo nella vasca lui spara di nuovo ora la porta è piena di buchi e adesso vedo parte di lui le gambe e le scarpe e la cerniera dei calzoni lui continua a sparare io schiaccio la faccia sul fondo della vasca ma una pallottola la colpisce e la porcellana si scheggia e viene giù un pezzo di muro è la fine sono in trappola ho fatto del mio meglio e non è stato abbastanza vi odio tutti… un’altra esplosione la pallottola finisce sopra di me mi casca addosso qualcosa polvere di piastrelle mi sta seppellendo.
Poi la porta non c’è più solo lui grande enorme il coltello in una mano la pistola nell’altra.
Accende la luce.
Io ho ancora la limetta. La vede e ride.
Si mette la pistola in tasca.
Oh no il coltello.
Mi raggomitolo non voglio vedere spero solo di non sentire.
Mi afferra per i capelli mi mette in ginocchio mi sposta la testa indietro.
Mi faccio pipì nei calzoni e la merda mi scivola per la gamba grazie di niente Dio tu non esisti sei un bugiardo…
Un’altra esplosione.
E ancora e ancoraancoraancora non sopporto il rumore non capisco che cosa sta…
Mi molla e io picchio la testa sul fondo della vasca.
Una voce di donna grida: «Mio Dio!»
Poi: «È tutto a posto, caro».
Una mano mi tocca il collo.
Urlo.