53

Venerdì mattina Petra si svegliò pensando a Balch come indiziato numero uno. Continuava a ritenerlo più che plausibile, sebbene non potesse scartare Ramsey.

Quale dei due? Tutt’e due insieme? Nessuno dei due… orribile solo pensarci.

L’articolo sull’auto di Lisa era a pagina cinque, accanto a una riedizione in dimensioni ridotte del suo identikit, ma senza menzione della segnalazione a Venice e di quelle provenute da Watson. Dunque Wil non era ancora stato costretto a fare rapporto.

Mentre s’insaponava sotto la doccia, si rese conto che in quel momento Kathy Bishop era sotto i ferri. Si ripromise di chiamare Stu. Quando fosse stato tutto finito. Intanto c’erano alcuni particolari di cui doveva occuparsi prima di partire alla volta di Montecito.

Nessuno le rispose alla stanza d’albergo del dottor Boehlinger: uscito di buon’ora, chissà a fare che cosa. Un giro di controllo agli uffici delle persone scomparse non le fruttò alcun indizio sull’ubicazione di Estrella Flores e alle nove era in viaggio per Granada Hills dove l’attendeva Ron.

Quando accostò, lui era in strada, armato di cellulare.

La sua casa era una minuscola Tudor in una stradina inondata di sole. Il tetto aguzzo ad assicelle, l’abbinamento di legno e muratura e i finti timpani ne facevano una struttura un po’ leziosa, ma anche commovente: qualcuno si era preso la briga di dare alla casa un carattere. L’erba era tagliata e rifinita lungo i bordi, ma pallida; i due cespugli di rose che fiancheggiavano il vialetto lastricato erano costellati di fiori appassiti e metà dei frutti sull’unico arancio erano anneriti.

Ron fu allo sportello prima che avesse il tempo di mettere in folle. Aveva i capelli umidi di doccia, in cui i tirabaci andavano spuntando come frumento nuovo. Il pullover blu a V, la camicia gialla con i bottoncini e i Dockers bianco sporco lo facevano apparire più giovane: un laureando, forse in economia e commercio. In un momento lungo la parabola da batterista rock a sbirro doveva essere passato attraverso una fase di ragazzo di buona famiglia. Vestito casual, sembrava molto più giovane, forse più giovane di lei.

«Salve», lo salutò.

Lui salì. «Ciao.» Dopobarba al lime. Non quello che aveva messo la prima volta. Le sembrava fossero passati anni. Questa volta non cercò un contatto fisico. Inserì la sicura e si sistemò il cellulare in grembo. «Giusto in caso mia madre abbia bisogno», si giustificò.

«Io farei bene a rassegnarmi al ventesimo secolo e a procurarmene finalmente uno.»

«Prendi uno di quelli che funzionano in vivavoce», le consigliò lui. «Ti vedono che parli da sola in macchina e pensano che sei mezzo matta e ti lasciano in pace.»

Lei ripartì ridendo, mentre si chiedeva se fosse opportuno illustrargli la sua teoria su Balch. No, ancora troppo ipotetica. Ron era in vantaggio di anni su di lei. Veniva impiegato nei salvataggi. Voleva fare bella figura davanti ai suoi occhi.

Conversarono. Argomenti lievi, ma con sagacia. Lui emanava un’aria di stabilità. Troppo banale per la cavallerizza spagnola? Oppure, se avesse atteso abbastanza a lungo, avrebbe lasciato emergere qualche sgradevole lato oscuro?

Sei una donna troppo diffidente. Grazie, Nick.

«Bella giornata», lo sentì dire. Le sue mani erano tranquille. Non si aggrappava alla maniglia, non dava altro segno di ansia per come guidava. I mocassini sembravano appena lucidati. Riga perfetta ai calzoni… non era in contrasto con il modello che indossava? Petra sorrise al pensiero di lui che cercava di far colpo su di lei.

Quando giunsero alla rampa d’accesso della 101, stavano conversando sul serio.


Attraversò ad andatura sostenuta la Valley occidentale (oltrepassando RanchHaven), giù in Thousand Oaks, Newbury Park, Camarillo, oltre i campi coltivati e il tanfo di concime di Oxnard. A Ventura, Ron le indicò un Golf’n Stuff sul lato est dell’autostrada e le disse che ogni tanto ci portava le bambine. C’erano anche un autoscontro e un minibarche, molto spassoso quest’ultimo se non ti seccava bagnarti. Ma l’entusiasmo gli morì nella voce quando Petra, che aveva ripreso a pensare a Balch, commentò con un atono: «Dev’essere divertente».

«Se ti piace quel genere di cose», rispose lui imbarazzato.

«A me piacciono», affermò lei in un frettoloso tentativo di salvare il salvabile. «Crescendo in Arizona non ho visto molte barche, né mini né maxi. Sulla via del ritorno, dopo che avremo risolto il caso, potremmo farci un salto a inzupparci d’acqua.»

Lui tacque. Lei girò la testa quel tanto che bastava per notare la chiazza di rossore che aveva sul collo.

Dio del cielo. Com’era riuscita a mettersi in bocca una scarpa numero trentanove dalla punta fino al tacco?

«Oppure facciamo due tiri a golf», arrancò. «Ma solo se risolviamo Lisa. Perché oggi chiudiamo il caso, vero?»

«Certo», rispose lui sorridendo. «Arizona. Non è dove hanno trasferito il London Bridge?»


Uscirono a Santa Ynez.

«Conosci Montecito?» gli domandò Petra.

«Solo di fama.»

«Cioè?»

«Ricca.»

Accostò lungo un tratto alberato, consultò la sua Thomas Guide, localizzò la via di Ramsey a due miglia da lì, dopo due svolte a destra e una a sinistra, e ripartì. A Montecito la temperatura era dieci gradi più bassa che a L.A. Perfetta. La Santa Ynez Road era costeggiata da frutteti privati. Ricca davvero.

Petra aveva avuto occasione di recarsi qualche volta a Santa Barbara con Nick per semplici gite domenicali, a mangiare frutti di mare sul molo, a dileggiare le creazioni artistiche esposte lungo i marciapiedi. Avevano fiancheggiato Montecito sull’autostrada e Nick ne aveva decantato le bellezze, le grandi tenute, l’architettura spagnolesca, i patrimoni familiari tramandati per generazioni, la classe autentica degli abitanti. A sentirlo parlare, Beverly Hills era un luogo di pezzenti. Decollando in uno dei suoi voli di pindarica ambizione, aveva straparlato sul giorno in cui avrebbero avuto abbastanza soldi da cercar casa lì. Poi non le aveva dato la possibilità di metterlo alla prova.

Accelerò. Ancora nessun abitato in vista, solo il nastro d’asfalto che scavava il suo solco tra le sfumature color terra d’ombra e la clorofilla di alberi secolari, le esplosioni corallo della buganvillea, arance e limoni che scintillavano come gemme. Il cielo era azzurro, le nuvole erano bianche, un sole giallo intenso sorgeva da dietro le montagne, come ritagli neri, screziati di lavanda. Che posto.

Ramsey aveva tutto questo e anche la villa di Calabasas, le automobili, le proprietà. I soldi non sono tutto, ma averne era meglio. Che cosa spingeva i ricchi a sciupare in modo così madornale la loro vita? Lanciò un’occhiata a Ron e dall’espressione intuì che si stava ponendo lo stesso interrogativo.


Il centro commerciale di Montecito era un quadrangolo di botteghe pretenziose in edifici bassi color terra. Poi altra strada. La via di Ramsey era stretta, ombreggiata da ispidi eucalipti, e la sua proprietà ne delimitava la fine, annunciata da pilastri di pietra e un alto cancello nero a volute.

Il cancello era spalancato. L’ingresso era ostruito da un’automobile della polizia di Carpenteria. Un vicesceriffo sostava vicino allo sportello del posto di guida, con una mano sulla fondina; un altro era rivolto al veicolo, con le mani sui fianchi.

«Un comitato di benvenuto?» si meravigliò Petra. Si girò verso Ron. «Gli hai detto che venivamo qui?»

«No.»

Quando furono più vicini, il vicesceriffo davanti all’automobile si portò al centro della strada e li fermò con la mano alzata. Petra ubbidì. Quando l’agente li raggiunse, aveva già estratto il distintivo.

Lui lo studiò. Giovanissimo, alto, robusto, capelli rossi a spazzola, baffi color ruggine di non più di due settimane, bicipiti in evidenza. Girò gli occhi su Ron.

«Banks, sceriffo di L.A. Sono stato in contatto con il capitano Sepulveda.»

«Sì, ce l’ha detto. Dal giorno dell’omicidio abbiamo comunque aumentato le ronde. E abbiamo fatto bene. Abbiamo appena preso un intruso.» Indicò la propria macchina con il pollice.

«Proprio adesso?» chiese Petra.

«Ce l’ha resa facile, aveva lasciato il cancello aperto. Non mi sembra molto per la quale, ci ha coperti di insulti. Sostiene di essere il suocero di Ramsey.»

Petra allungò lo sguardo. Attraverso il lunotto posteriore scorse l’espressione furente del dottor Boehlinger. Lo vide tirare una spallata al finestrino e ritrarsi, evidentemente in preda al dolore. Un chirurgo. Straordinario. Il vicesceriffo che lo sorvegliava disse qualcosa e Boehlinger cominciò a strepitare. Era troppo lontano perché lo sentisse, ma vedeva la bocca spalancata. Dietro il vetro aveva un che di conservato. Furore sottovuoto.

«Ma quello è veramente il suocero di Ramsey», disse.

«Andiamo», ribatté il poliziotto con i capelli rossi. Si chiamava Forbes.

«È il dottor John Everett Boehlinger. Non aveva un documento di identità?»

«Sì, sui documenti c’è scritto così, ma è un nome che noi non abbiamo mai sentito.» Forbes fece una smorfia. «Di sicuro non sembra un dottore. Dovrebbe sentire che bocca.»

«Che cosa stava facendo?»

«Usciva da un capanno per gli attrezzi dietro la casa. La porta era sfondata. È evidente che l’ha aperta a calci. Aveva preso una pala. L’impressione che ci ha dato è che avesse intenzione di schiantare una finestra per entrare nell’abitazione. Dunque è davvero suo padre? Andiamo.»

Petra annuì.

«Merda.» Forbes fece scricchiolare nocche massicce. «Dal modo di fare eravamo certi che fosse un matto. E parlava da matto, di corpi sepolti qui che doveva dissotterrare. Abbiamo dovuto legarlo. Mani e piedi. Non è stato simpatico far su come un salame una persona anziana, ma ha cercato di morsicarci.», Forbes si guardò la mano, liscia e abbronzata. Il pensiero di una ferita corporale era un insulto al suo narcisismo. Lavorando in un tranquillo ambiente di ricchi, era riuscito a mantenersi integro.

«Piccolino», aggiunse, «ma incredibilmente combattivo. Poi siamo riusciti a calmarlo abbastanza da slegargli i piedi. Non volevamo che gli prendesse un infarto o qualcosa del genere.» Scosse la testa. «Suo padre… merdai»

«Dove dice che sarebbero sepolti i corpi?» chiese Petra.

«Non gliel’abbiamo chiesto. L’abbiamo preso per un maniaco di celebrità con qualche rotella fuori posto. Ce ne capitano di tanto in tanto, con tutta la gente di Hollywood che ha una seconda casa quassù. E giornalisti a caccia di scandali. Eravamo già preparati a dover affrontare qualche problema con Ramsey.»

«Ce ne sono stati?»

«Questo è il primo. Forse nessuno sa ancora che ha un posto quassù.»

«Ci viene spesso?»

«Io non l’ho mai visto, ma magari ci viene di notte. Lo fanno in molti. Scendono di sera a Santa Barbara in elicottero o con l’aereo privato, oppure vengono in limousine direttamente da L.A. La cosa principale per loro è non farsi vedere. È un po’ un gioco, sa? Io sono famoso, ma tu non mi vedi. Non scendono mai a fare compere, hanno sempre qualcuno che lo fa per loro. E date le dimensioni delle proprietà, è difficile che abbiano dei veri e propri vicini di casa.»

Petra si guardò intorno. Lunghe mura alte tre metri su entrambi i lati. Al di là del cancello di Ramsey si snodava un selciato fiancheggiato da palme. Aveva la passione delle palme.

«Chi si occupa della casa di Ramsey quando non è qui?» domandò.

Forbes alzò le spalle. «Ci sarà una ditta di pulizie. So di giardinieri che vengono con regolarità, tutti i martedì e, mi pare, i sabati.» Forbes si toccò le ciglia di un occhio, si grattò a lato del naso. «Ramsey ha anche uno scagnozzo che viene su a controllare la casa. Mi ci sono imbattuto un paio di giorni fa durante una ronda.»

«Greg Balch?»

«È lui.»

L’altro vicesceriffo aveva girato le spalle alla sua automobile. Più basso e più scuro di Forbes, braccia muscolose conserte su un torace possente. Un altro culturista. L’ufficio dello sceriffo doveva poter contare su un’ottima palestra.

«Venuto a scambiare le automobili», disse Petra.

«Sì, con una Lexus. È ancora dietro la casa. All’inizio mi è sembrato strano, ma aveva le chiavi e una lettera di Ramsey che lo autorizza a guidare tutte le sue automobili.»

Colpi e tonfi dall’auto di pattuglia. Il dottor Boehlinger prendeva a calci il finestrino.

«Perché non lo lasciate scendere?» chiese Petra.

«Vuole prenderlo in custodia lei?»

«Voglio parlargli.»


Sedare Boehlinger richiese una certa fatica. Indossava una felpa grigia dell’Università di Washington, un paio di sformati pantaloni grigi, probabilmente residuo di un vecchio abito, e scarpe da tennis bianche. Aveva gli angoli della bocca bianchi di saliva, i capelli separati in ciuffi scomposti e la barbetta elettrizzata.

Finalmente con trenta secondi di silenzio si guadagnò il diritto ad aver liberati i polsi. Appena gli furono tolte le manette, mostrò i pugni ai vicesceriffi. «Stupidi imbecilli teste di cazzo!»

I due poliziotti fecero orecchie da mercante. Prima di togliergli le manette, lo avevano tenuto a distanza di braccio in attesa che smettesse di urlare e scalciare. Una situazione da cartoni animati. Ora tornarono alla loro automobile a conferire con Ron, mentre Petra accompagnava Boehlinger alla sua macchina.

«Idioti!» sbraitò Boehlinger. Tossì, sputò per terra, riprese a imprecare. Petra gli strinse con forza la spalla. Boehlinger tremava come un cagnolino da grembo, schiumando ancora dalla bocca. «Idioti cerebrolesi…»

«La prego, dottore!»

«La prego un corno!…»

Spingendolo più velocemente, Petra gli parlò all’orecchio. «Dottor Boehlinger, so che per lei è stato un inferno, ma se non la smette, saremo costretti a lasciare che l’arrestino.»

«Allora è un’idiota anche lei!» gridò con veemenza Boehlinger. «Quel macellaio se ne va libero e mentre alle sue spalle si accumulano i cadaveri, lei viene a minacciare me! Andate al diavolo tutti quanti, vi ridurrò tutti al sussidio di disoccupazione…»

«Dove sono i cadaveri?»

«Là dentro!» Boehlinger agitò il dito in direzione del cancello. «Dietro lo stagno… Ma ci deve pur essere un Dio! Ero venuto per entrare in casa, frugare nelle carte del macellaio, trovare qualche prova di quello che ha fatto a Lisa, ma ho visto molto più di quello che speravo di…»

«Che genere di prove stava cercando, dottore?»

«Qualsiasi», rispose prontamente lui.

«Che cosa le ha fatto pensare che Ramsey abbia lasciato qualche indizio?»

«Io non ho pensato! Io ho sperato! Almeno questo ho fatto, mentre Dio sa che cos’avete fatto voi! Assolutamente niente. Io ho offerto del denaro di tasca mia e voi non avete avuto quel minimo di cervello e la decenza di approfittare…»

«Dottor Boehlinger» lo richiamò all’ordine Petra. «Che prove sperava di trovare qui?»

Silenzio. Gli occhi azzurri di Boehlinger si abbassarono. «Non avevo un… concetto chiaro. Ma che male facevo? Questo è il posto dove ha picchiato la mia Lisa. Chi può dire che non abbia scritto qualcosa per sé… o che ci sia qualcosa che ha scritto Lisa… La smetta di interrompere il corso dei miei pensieri, signorina. Il punto è che sono andato a cercare qualcosa per entrare in casa…»

«La pala.»

«No, no, no! Ho scelto la pala dopo averla vista! Stavo cercando uno scalpello per far saltare una serratura. Sono abile con gli utensili.»

Patetica vanteria. Guarda mamma, come sono in gamba. Boehlinger lasciò partire uno sbuffo allo zolfo. Nei suoi occhi c’era apprensione. Forse non era stato il miglior padre al mondo, ma la morte di Lisa lo aveva straziato. Un uomo così piccolo.

«Ha rinunciato allo scalpello per la pala dopo…»

«Dopo che ho visto la fossa. Dietro lo stagno.»

«Una fossa? Come fa a essere…»

«Ci scommetta quello che vuole», dichiarò Boehlinger. «Terra smossa da poco, un rettangolo lungo un paio di metri. Sull’altra sponda dello stagno. Piante calpestate, piante distrutte. Ero già stato qui. Dopo il matrimonio, quando quel bastardo stava cercando di far colpo su di me. Ho occhio per i particolari, noto subito una differenza.»

«Ci sono tubature che arrivano o partono dallo stagno?» domandò Petra. «Forse c’è stata qualche riparazione…»

«E forse il Papa sta per beatificare Charles Manson. Non sia stupida, signorina! Ho assistito ad autopsie, ho visionato la mia razione di fotografie scattate sui luoghi in cui sono avvenuti omicidi. So che aspetto ha una fossa.»

Tornò Ron. «Sembra che per il momento la lascino in libertà, dottore», annunciò.

Boehlinger sbuffò. Forbes chiamò Petra con un gesto e lei andò a conferire con il vicesceriffo.

«Va bene, è vostro. Spero che ve lo riportiate diritto a L.A.»

«Lo faremo», lo rassicurò Petra. «A suo tempo», aggiunse poi.

«A suo tempo?»

«Siamo finiti in una situazione di stallo, agente. Sostiene di aver visto la terra smossa di una sepoltura recente nella proprietà di Ramsey, ma noi non abbiamo giurisdizione e non possiamo entrare per controllare.»

«Una fossa? State prendendo i suoi deliri sul serio?»

«Date le circostanze del nostro caso, non possiamo permetterci di ignorarli.»

«Oh, andiamo. Avrebbe seppellito qualcuno proprio qui?»

Petra si strinse nelle spalle.

«Ci mancava anche questa», brontolò Forbes. Si girò. «Gary?» chiamò rivolto al collega seduto in macchina a stilare il rapporto. Il vicesceriffo più basso, che si chiamava Gary Beckel, aveva faccia larga, mento carnoso ed espressione stoica. Forbes lo mise al corrente.

«Cos’è, abbiamo a che fare con un serial killer?» domandò Beckel.

«Probabilmente è solo una fantasia», lo mise in guardia Petra. «D’altra parte, se è successo qualcosa, è di vostra competenza.»

«Noi non possiamo entrare come se niente fosse», osservò Forbes. «Non abbiamo un mandato.»

«Ma siete già entrati. Perché il dottor Boehlinger aveva violato una proprietà privata. L’evidenza di un reato vi ha dato il diritto di farlo. Una volta entrati avete arrestato un presunto reo e allora avete notato qualcosa. Terra scavata di recente.»

«Oh, andiamo», protestò Forbes. «Così ci sta mettendo con il cu… ci sta mettendo in una posizione antipatica.»

«Va bene», si arrese Petra. «Ma io dovrò mettere questa storia per iscritto per il mio capo e potete scommettere che la prima cosa che farà Boehlinger appena tornato a casa sarà contattare la stampa. È un giochetto che gli riesce bene.»

Forbes imprecò sottovoce.

«Chiamiamo l’ufficio, Chick», propose Beckel.

«Sì», convenne subito Forbes. «Chiamo il mio principale.»

Quando tornò alla sua automobile, Petra trovò Boehlinger seduto sul sedile posteriore a discorrere animatamente con Ron. Occhi asciutti, ancora teso, ma con la voce a un volume normale. Ron lo ascoltava con attenzione e annuiva. Boehlinger sorrise. Ron ricambiò. «Interessante», disse.

«Estremamente interessante», replicò Boehlinger.

Petra si sedette al volante.

«Allora?» volle sapere Boehlinger.

«Gli ho detto che secondo me fanno bene a prenderla sul serio, dottore. Stanno consultando i loro superiori.»

«Nel loro caso», puntualizzò Boehlinger, «sarebbe come dire quasi il mondo intero.»

Petra non riuscì a trattenersi. Rise.

«Dottore?» lo richiamò Ron in tono di sollecitazione.

Boehlinger si schiarì la gola. «Detective Connor, voglio chiederle scusa per tutto quello che ho detto prima.»

«Non è necessario, dottore.»

«Invece lo è. Sono stato peggio che maleducato. Ma… ma non ha idea di che cosa significhi perdere tutto.»

«Vero», ammise Petra. A un tratto immaginò Kathy Bishop sotto il bisturi. Era quasi mezzogiorno, probabilmente Kathy era uscita dalla sala operatoria con il petto ricucito. Quanto di lei le avevano portato via? Si ripromise di chiamare l’ospedale al più presto.

«Dunque mi dica, dottore», riprese Ron. «Quelle autopsie a cui ha accennato, rientravano nei suoi compiti di primario del pronto soccorso o erano consulenze speciali?»

«È stato anni fa, Ron», rispose in tono malinconico Boehlinger. Ron? «Quando ero aiuto. Decisi di occuparmi di patologia legale e trascorsi un periodo alle dipendenze del coroner di St. Louis. Giorni incredibili, l’obitorio a quei tempi era un autentico…»

Un uomo nuovo. Dottor Banks, provetto psicologo.

Un fruscio richiamò il suo sguardo al finestrino. I grandi piedi di Forbes grattavano l’asfalto. «Va bene», le comunicò, guardando lei ed evitando Boehlinger. «Il capo viene qui. Poi daremo un’occhiata a questa cosiddetta fossa.»


Il capitano Sepulveda era un individuo massiccio sui quarantacinque, capelli argentati, pelle color scamosciato e uniforme impeccabile. Arrivò su un veicolo senza contrassegni con un terzo aiutante, entrò da solo nella proprietà di Ramsey e ne emerse qualche momento più tardi ordinando agli altri tre di seguirlo.

Petra, Ron e Boehlinger attesero seduti in macchina ad ascoltare il chirurgo raccontare della scuola di medicina, la laurea con il voto più alto del suo corso, i molteplici trionfi ottenuti al pronto soccorso.

Venti minuti dopo ricomparve Sepulveda con macchie di terra sulla camicia, intento a sfregarsi le mani. Pochi passi atletici lo portarono al fianco di Petra. I suoi occhi erano feritoie, così sottili che Petra si domandava come riuscisse a vedere.

«Sembra che abbiamo un cadavere. Femmina, sepolta a un metro e mezzo di profondità. Larve di mosche, tracce di deterioramento, ma molto tessuto ancora integro, quindi sono passati giorni, non settimane.»

«Forse due giorni», disse Petra, pensando: lo scambio delle macchine serviva solo a coprire la sortita di Balch? «Tratti ispanici? Anziana? Sotto il metro e sessanta? Fra i sessanta e i settanta chilogrammi?»

Le feritoie si arricciarono agli angoli. «La conosce?»

«Credo di sì. Forse le conviene cercare anche su quella Lexus nera.»

«Cercare che cosa?»

«Sangue.»

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