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Nell’avvicinarsi al montacarichi, Mildred Board udì passi al piano di sopra. Poi lo sciacquone, l’acqua del bagno. La grande casa era costruita con tutti i crismi, ma se ti fermavi in certi posti i rumori viaggiavano liberi lungo le travi.

La padrona si preparava il bagno da sola. Una bella novità.

Forse era una buona giornata.

Tornò in cucina, mangiò le uova strapazzate e bevve il caffè al tavolino di legno di tasso, buttò il caffè avanzato, ne preparò di fresco e attese, concedendo alla padrona tutto il tempo per starsene a mollo. Alle nove meno un quarto saliva con una seconda colazione. Niente giornale sul vassoio. Ma non perché l’avesse ritenuto troppo cruento. Quel giorno non lo avevano consegnato. Di nuovo. Che mondo di negligenti.

Se ne sarebbe occupata dopo, avrebbe chiamato l’ufficio abbonamenti e gliene avrebbe dette quattro.

Alle volte sperava che la padrona disdicesse l’abbonamento. Non c’era bisogno di leggere le brutte cose che stampavano.

Uscì sulla moquette dell’ultimo piano. Passò davanti allo spazio dove una volta c’era lo Steinway a coda, passò davanti ai fantasmi della cassapanca Regency con i suoi delicati intarsi in tartaruga, della coppia di monumentali Kang Xi, blu come il cielo, bianchi come il latte, sui loro alti piedestalli di marmo di Carrara. Notò un velo di polvere in un’alcova e si fermò a toglierlo con l’orlo del grembiule.

Per arrivare alla suite della padrona attraversò gli echi di porcellane cinesi, teche dorate, una piena di animali di bronzo, l’altra di arte giapponese, vasi di giada, avorio, leghe metalliche.

Tutti insostituibili. Come la cassapanca. Ora era proibito uccidere tartarughe. I bambini non nati sì, ma le tartarughe no.

Bussò alla porta, dopo la debole risposta entrò.

La padrona era a letto, in una casacca di raso chiara con i bottoni rivestiti (che fatica trovare la tintoria adatta), i capelli in un asciugamano bianco, niente trucco ma bella come sempre. L’aroma dell’acqua di rose addolciva l’aria dell’enorme camera. Sul comodino c’erano solo una Limoges per i fazzoletti di carta e una mascherina nera per gli occhi. Il letto era appena appena in disordine; anche nel sonno la padrona era signora.

Ma la padrona si comportava in modo strano, guardava diritto davanti a sé, non le sorrise.

Di nuovo brutti sogni?

La stanza era ancora al buio, le tende accostate. Mildred si fermò, non volendo interferire, e un secondo dopo la padrona si girò verso di lei. «Buongiorno, cara.»

«Buongiorno, signora.»

Quel viso così magro, così bianco. Stanca, molto stanca. Dunque probabilmente non sarebbe stata una buona giornata.

Mildred si ripromise di farla uscire un po’. Una passeggiata fino agli Huntington Gardens? Il mese scorso avevano trascorso un’ora fantastica passeggiando all’andatura da lumaca della padrona. Una settimana dopo Mildred le aveva proposto di rifarlo, uscire per andare a visitare per esempio una galleria d’arte, ma la padrona non aveva voluto. Magari un’altra volta, cara.

C’era stata un’epoca in cui per la Cadillac e la Lincoln c’era un autista. La Cadillac non c’era più. Mildred guidava con apprensione la Lincoln… quanta benzina avevano nel serbatoio?

Se non fossero uscite in macchina, almeno due passi dietro casa, una boccata d’aria. Dopo pranzo, per esempio.

«La sua colazione, signora.»

«Grazie, Mildred.» Una risposta meccanica, così cortese che Mildred capì che la padrona non aveva appetito, probabilmente non avrebbe toccato nulla. Un organismo ha bisogno di sostentamento. È semplice logica. Eppure, nonostante tutta la sua istruzione, la laurea a Wellesley, la più raffinata università femminile d’America, talvolta la padrona sembrava ignara delle leggi fondamentali della vita. In quei momenti Mildred si sentiva come la sorella maggiore intenta ad accudire una bambina.

«Ha bisogno di nutrirsi, signora.»

«Grazie, Mildred. Farò del mio meglio.»

Mildred posò la colazione, aprì le tende, prese il tavolino da letto e lo preparò. Notò una pieguzza nel panneggio delle tende, la lisciò e guardò fuori. La vasca piastrellata in azzurro era vuota e sporca. L’aiuola artistica di arbusti di bosso… Troppo doloroso guardarla. Mildred distolse gli occhi ma non prima di essere aggredita da uno scorcio del centro di Los Angeles. Tutto quell’acciaio e quel vetro, una bruttura da vicino, ma da lontano aveva forse una sua… imponenza.

Quando si girò del tutto, la padrona si stava asciugando gli occhi. Piangeva? Mildred non aveva sentito niente.

La padrona estrasse un fazzoletto di carta dal contenitore di porcellana e si soffiò discretamente il naso. Un altro raffreddore? O veramente aveva pianto?

«Il toast è appena cotto come desidera lei, signora.»

«Perdonami, Mildred, è una splendida colazione ma… forse fra un po’, ti prego, lasciala qui.»

«Un sorso di caffè per stimolare l’appetito?»

La padrona fece per rifiutare, poi si arrese. «Sì, grazie.»

Mildred sollevò il bricco e diresse un getto nero e fumante nella tazza Royal Worcester. La padrona alzò la tazza. Doveva usare entrambe le mani, per via del tremito incontrollabile.

«Che cosa c’è, signora?»

«Niente. Va tutto bene, Mildred… che bella rosa.»

«Fiori giganteschi quest’anno, signora. Sarà una bella annata.»

«Sì, ne sono sicura… grazie di tanto disturbo.»

«Nessun disturbo, signora.»

Lo stesso dialogo di tutte le mattine. Centinaia di mattine. Un rito ma non una formalità, perché la gratitudine della padrona era genuina, la sua grazia di livello reale… e anche di più. Guarda che sconcio i reali di oggi! Era difficile considerarla un’americana. Piuttosto una… internazionale.

La padrona prese un altro fazzoletto e si tamponò gli occhi. Mildred raccolse il primo e lo lasciò cadere nel cestino veneziano sotto il tavolino. Notò che c’era qualcosa.

Un giornale. Di oggi!

«Sono scesa presto e l’ho preso io. Non ti arrabbiare.»

«Presto, signora?» Mildred si era alzata alle sei, aveva fatto il bagno, non più di dieci minuti di bollicine. Non aveva udito nulla, la sortita della padrona celata dallo scorrere dell’acqua!

«Sono uscita a guardare gli alberi. Tutti quei venti… i Santa Ana che abbiamo avuto la notte scorsa.»

«Capisco, signora.»

«Oh, Mildred, non stare in pensiero.»

Mildred s’incrociò le braccia sulla pettorina. «Quanto presto è il suo presto, signora?»

«Davvero non saprei, cara… le sei, le sei e mezzo. Mi devo essere addormentata troppo presto.»

«Molto bene», concluse Mildred. «Desidera altro?»

«No, grazie.» Le tremavano di nuovo le mani. Strinse la coperta. Sorrideva, ma non era un sorriso naturale. Mildred pregò che non fosse una sciagura. Abbassò gli occhi sul giornale.

«Puoi prenderlo», la invitò la padrona. «Se lo vuoi leggere.»

Mildred s’infilò l’orribile pubblicazione sotto il braccio. Leggerlo, figuriamoci! Lo avrebbe buttato nell’immondizia.

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