Kathy Bishop si svegliò alle nove sudata, intirizzita, in preda a un dolore terribile. Stu suonò il campanello di chiamata e le tenne la mano. Lei lo guardò ma dalla sua espressione lui non fu in grado di capire che cosa vedesse. Dove diavolo erano andate a cacciarsi le infermiere? Avrebbe voluto andare a chiamarle di persona, ma preferiva non lasciare Kathy.
Finalmente arrivarono e Stu dovette mordersi la lingua per non assalirle a male parole.
Ora Kathy era di nuovo sotto sedativi, dormiva, e Stu si rese conto che tutto si era risolto in fondo in un tempo assai breve.
La cameretta sembrava una cella. Si era assentato solo per un’ora, quando sua madre aveva portato tutti i figli a mangiare hamburger e patatine fritte al McDonald’s vicino all’ospedale. Tutti e sei erano più taciturni del solito e lui si era sforzato di tranquillizzarli, li aveva rassicurati sulle condizioni della mamma, aveva scherzato, si era mostrato di buonumore cercando di convincersi di averli ingannati. E così sentiva di aver fatto, aveva recitato con la sensazione di non essere se stesso, ma un impostore che aveva indossato le sembianze di papà.
I bambini avevano cominciato a farsi troppo esuberanti e la nonna li aveva incolonnati e portati via.
Mentre uscivano Stu aveva notato altri commensali che li guardavano e si era sentito saltare la mosca al naso.
Che cosa avete da guardare, tacchini, non avete mai visto una famiglia numerosa?
Aveva continuato a rodersi dentro fino all’ospedale. Strano, non era mai stato così irascibile.
E mentre Petra e Wil davano la caccia a un presunto pluriomicida, lui passava il suo tempo a chiamare al telefono le compagnie aeree, a farsi riempire la testa di fuffa e burocratese, a scavare buchi nell’acqua, a non trovare nessuna segnalazione di un Balch su nessun volo, ma, mettendo in conto tutti coloro che si erano rifiutati di controllare i registri, chissà…
Aveva fama di una speciale abilità nello spillare informazioni ai burocrati. Era il suo fascino mormone, come lo definiva Kathy, baciandogli la fronte e istigandolo con quella sua irresistibile strizzatina d’occhio. Quanto l’amava, quella strizzatina.
Ma quella sera il suo fascino era sceso in cantina. Tenne Kathy per mano. Gliela sentiva inerte, senza vita. Non fosse stato per la temperatura della pelle, si sarebbe lasciato prendere dal panico.
Respiro regolare. Le macchine dicevano che stava bene.
Niente più compagnie aeree da interpellare, nient’altro da fare che attendere.
Che cosa? Altro dolore?
Troppo teso per poter dormire, si alzò e cominciò a passeggiare. Aveva bisogno di riposare, aveva bisogno di tenersi in forma per Kathy… Su un tavolino c’era la pila di TV Guide. Forse i riassunti delle insulse trame degli episodi di Dack Price lo avrebbero fatto appisolare.
Stava consultando il secondo volume quando sentì i muscoli che si rilassavano e le palpebre che si abbassavano. Al terzo, nella stanza cominciò a scendere un’oscurità irreale.
Poi qualcosa filtrò nella sua stanchezza.
Parole, frasi… qualcosa di leggermente diverso.
A un tratto si drizzò a sedere più sveglio che mai.
Rilesse… meditò… Doveva chiamare Petra?
Strano, forse non era niente, tuttavia…
Non sapeva nemmeno dove trovarla. Tagliato fuori com’era, che probabilità restavano che le sue intuizioni fossero affidabili?
Avrebbe cercato di contattarla. Al peggio, avrebbe sprecato dell’altro tempo.
Sprecare tempo era comunque il suo nuovo hobby.