Stare soli qui è diverso che al parco. Diverso ghe a Watson.
Ho tutte queste stanze, questi libri, qualcuno che si fida di me. Ogni tanto sento dei passi sul marciapiede o qualcuno che parla o ride, una macchina. Ma non mi preoccupano. Io sono qui, chiuso dentro. Posso dormire senza dovermi svegliare per controllare che cosa c’è intorno. Posso leggere senza dover usare la torcia.
Ci ho pensato molto e Sam ha ragione. Domani trovo un telefono e chiamo la polizia, gli dico di PLYR 1. Forse posso provare a chiamare anche mamma. Le dico che sto bene, che non deve essere in pensiero per me, me la cavo, un giorno tornerò, potrò mantenerla.
Che cosa farà? Piangerà? Si arrabbierà? Mi pregherà di tornare a casa?
E se invece non mi prega? No, sarebbe troppo brutto, deve avere un po’ di nostalgia.
Smetto di pensarci, allungo i piedi sul divano, mi tiro la coperta sulle ginocchia, comincio a leggere quest’altro numero di Life. Il servizio principale è tutto su John Kennedy e la sua famiglia, felici e belli in spiaggia.
Spiaggia californiana, la stessa spiaggia che c’è qui fuori. Potrei andarci, guardarla, fingere di essere John Kennedy e tornare a casa. Ma ho detto a Sam che resterò qui e lui mi ha dato il codice dell’allarme.
Uno-uno-due-cinque. Mi alzo e lo provo. Luce verde.
Luce rossa, luce verde, luce rossa.
Luce verde. Apro la porta, sento l’odore del sale, quell’odore di spiaggia. Non c’è nessuno in giro. Quasi tutte le case sono al buio.
Esco in veranda. Sento freddo. Ho paura.
Rientro. Perché mi basta uscire per avere paura?
Proverò più tardi. Torniamo ai Kennedy.