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Quando aprì la porta di casa, Petra era sfinita, non si sentiva affatto un rapace notturno. Pensava alla prova che avrebbe dovuto superare Kathy Bishop l’indomani. Problemi concreti. Nessuna autocommiserazione per te stasera, cara mia. Aprì una lattina di coca, controllò la segreteria. Un servizio di telefonia interurbana prometteva di mettersi a sua totale disposizione se si fosse abbonata, Ron Banks aveva chiamato alle sette lasciando un prefisso che era probabilmente quello di casa sua, che per piacere lo richiamasse. Stesso invito da parte di Adele, una delle centraliniste alla stazione di polizia, che aveva chiamato alle otto e un quarto.

Le sarebbe piaciuto sentire per prima cosa Ron. Stare con lui, soli a parlare, abbracciarsi sul divano, lasciare che andasse dove voleva il destino. Prima il lavoro: chiamò Adele.

«Salve, detective Connor. Ho un messaggio dalla Pacific Division, un certo detective Grauberg. Le do il numero.»

Il distretto di Pacific era quello del caso Eggermann. Si era scoperto qualcosa di nuovo? Grauberg non c’era, ma le passarono un collega di nome Salant. «Abbiamo già parlato con voi.»

«Con chi, di preciso?»

«Un momento… Qui sta scritto capitano Schoelkopf. Si vede che Grauberg non ha trovato nessuno degli incaricati a cui riferire e gli hanno passato il piano di sopra.»

«Riferire che cosa?»

«La carcassa di un’auto che vi interessava. Porsche nera intestata a Lisa Boehlinger Ramsey.»

«Una carcassa? Sventrata?»

«Sventrata e abbandonata agli avvoltoi. In questo momento probabilmente fa il taxi a Tijuana. Un testimone dice che è rimasta ferma nello stesso posto per almeno quattro giorni.»

«Dove?»

«Dietro al deposito degli autobus vicino alla Pacific Avenue. Il testimone è un conducente.»

«Sventrata fin dall’inizio?»

«No. Un pezzo alla volta. Ieri sera qualcuno le ha appiccato il fuoco. È per quello che siamo intervenuti.»

Quattro giorni e nessuna segnalazione.

«Dalla strada non si può vedere», aggiunse Salant. «Era nascosta dietro a una fila di magazzini. È un rinomato cimitero di macchine rubate.»

«Adesso dov’è?»

«Alla Centrale. Divertiti.»

Conferì con alcuni criminologi prima di individuare una certa Wilkerson, che stava esaminando la Porsche. L’automobile era ridotta a un guscio carbonizzato, senza ruote, sedili, motore, parabrezza.

«Come un’invasione di cavallette», commentò la Wilkerson.

«Impronte?»

«Per ora nessuna. Ti faccio sapere.»

Bevve la coca e cercò di ricostruire il viaggio di Lisa da Doheny Drive al Griffith Park. Come c’entrava Venice? La Porsche era stata semplicemente portata fin là perché rimanesse nascosta o era stata Lisa a guidarla dietro il deposito degli autobus? Si era data appuntamento con qualcuno in una via deserta di un quartiere tra i più malfamati?

Forse la sua ipotesi su com’era andato l’ultimo appuntamento era totalmente campata in aria e Lisa era stata invece sequestrata e costretta da uno sconosciuto a recarsi a Venice?

O da qualcuno che conosceva? Lisa parte da Doheny per un appuntamento con qualcun altro. L’assassino la spia, la segue, la rapisce per la strada.

Potrebbe essere stato Ramsey.

Venice… Kelly Sposito, l’attuale fiamma di Dàrrell Breshear, viveva nella Quarta Strada, a pochi passi dal deposito degli autobus.

E Breshear? Consultò il taccuino. La Motorizzazione dava un indirizzo di Ashland, Ocean Park, sul confine tra Santa Monica e Venice. Molto vicino. Tutto gravitava intorno alla spiaggia. Compreso il ragazzino, se si doveva credere all’informatore russo di Wil.

Breshear. Un altro ex attore. Una recita collettiva… La notizia del ritrovamento dell’automobile sarebbe apparsa sui giornali dell’indomani. Era importante che contattasse Breshear prima che avesse il tempo di inventarsi una storia.

Erano quasi le dieci. Chissà se era con sua moglie o con Kelly? Puntò sulla prima ipotesi, si rivestì e uscì di casa.


Ashland era una bella via nella zona più elegante di Ocean Park, case di tutte le dimensioni, vasto campionario di stili architettonici. L’abitazione di Breshear era in cima alla salita, un piccolo cottage ben tenuto con molti cactus e gladioli al posto del prato. Dietro a un cancello di ferro c’era una BMW decappottabile bianca. Le luci intense che illuminavano il cielo lasciavano intuire che si godesse di una vista fantastica da dietro la casa. Suonò il campanello e venne ad aprire Breshear in maglietta nera e short verdi, con una bottiglia di Heineken in mano. Quando la vide, strabuzzò gli occhi.

«Questo è un brutto momento», protestò. «Mia moglie…»

«Potrebbe peggiorare», lo ammonì lei. «Credo che lei mi abbia mentito. Oggi abbiamo trovato la macchina di Lisa. Proprio qui a Venice. Non è che domenica sera aveva appuntamento con lei? Guardi che se è così, lo scopriremo.»

Lui si gettò un’occhiata alle spalle. Chiuse la porta e uscì. «Possiamo parlare sul marciapiede?»

«E sua moglie?»

«È in bagno.»

Petra lo accompagnò a qualche passo di distanza dal cottage.

«Non era proprio un appuntamento», si giustificò lui. «Aveva detto che voleva parlare.»

«Di che cosa?»

«Non lo so. Oh, maledizione, sì, voleva fare sesso.»

«Dunque la vostra relazione è continuata dopo quei sette giorni gloriosi.»

«Non proprio», rispose lui. «Ci si vedeva raramente, forse una volta al mese.»

«E l’idea di chi era?»

«Assolutamente tutta sua. Di Lisa.»

«Ahi ahi», sospirò Petra. «Lisa, Kelly, sua moglie… come si chiama, a proposito?»

«Marcia.» Breshear si girò a guardare in direzione della casa. «Senta…»

«Molto attivo», commentò Petra.

«Non è un reato.»

«Ostacolare la giustizia lo è.»

«Io non ho ostacolato proprio niente. Non… non avevo da raccontarvi niente che potesse aiutarvi perché quando sono arrivato all’appuntamento, lei non c’era. Che figura avrei fatto a dire che quella sera dovevo vedermi con lei?» La fissò negli occhi. «Un nero. Sai che allegria.»

«Mi risparmi le stronzate razziste», ribatté Petra. «I soli diritti civili che sono stati violati sono quelli di Lisa. A che ora dovevate vedervi?»

«Alle dieci e mezzo.»

«Quando vi siete accordati?»

«Ha fatto tutto lei. Quella stessa domenica. Mi ha telefonato sul lavoro verso le sette.»

«Lavorava di domenica?»

«Terminavo un montaggio definitivo. Controlli all’ingresso, ho firmato il registro.»

«Lo farò», promise Petra. «Dunque Lisa le ha telefonato perché voleva vederla.»

«Ha detto che si sentiva sola, giù di corda, non aveva dormito per tutto il giorno, aveva sniffato un po’, così le aveva preso la smania, non riusciva più a stare ferma, aveva voglia di fare un giro.»

In macchina. Sempre in macchina.

«Un giro», ripeté Petra.

«Voleva che ci si vedesse alle nove, ma le ho detto che fino a quell’ora avrei lavorato e che più tardi avevo appuntamento a casa di Kelly, ma avrei visto se potevo sganciarmi verso le dieci e mezzo. Ci saremmo trovati dietro il deposito degli autobus.»

«Perché proprio lì?»

«Non era la prima volta. È…»

«Clandestino?»

«A me non piaceva, è una zona troppo pericolosa, ma piaceva a Lisa. Il rischio la eccitava.» Alzò le spalle.

«Vada avanti», io incitò Petra.

«Ho avuto qualche problema a venir via. Kelly… mi ha bloccato fin dopo le undici. A un certo punto le ho detto che avevo bisogno di prendere una boccata d’aria, che uscivo a fare un giretto in macchina. Sono arrivato alle undici e dieci circa e ho trovato la macchina di Lisa, ma lei non c’era. Ho aspettato fino alle undici e venti, poi ho concluso che non sarebbe tornata e me ne sono andato.»

«C’era la macchina, ma non c’era Lisa. Non si è preoccupato?»

«Le ho già detto che a Lisa piaceva correre rischi. Farlo ai semafori rossi con una macchina della polizia ferma di fianco a noi. Coldwater Canyon, quel genere di cose. Ho pensato che forse aveva trovato qualcun altro e aveva di che spassarsela per conto suo. A me andava bene così. Non avevo molta voglia di vederla quella sera. Non avevo voglia di vederla più, ma…»

«Ma che cosa?»

«Sa com’è, ho difficoltà a dire di no a una donna.»

«A che ora è tornato a casa di Kelly?»

«Saranno state le undici e venticinque, undici e mezzo.»

«E ha trascorso la notte lì.»

«Quello è assolutamente vero.»

«L’alibi perfetto che le ha fornito Kelly non è poi così perfetto.»

«Andiamo», si difese lui. «Sono rimasto via per mezz’ora al massimo. Non avrei mai potuto arrivare fino al Griffith…»

«Lei e Kelly siete entrambi passibili di un’incriminazione per spergiuro e ostacolo alla giustizia», dichiarò Petra.

«Ma no, per piacere! Sta trasformando un granellino in una montagna!»

Petra gli si avvicinò, gli puntò un dito al petto, ma senza toccarlo. «Nella migliore delle ipotesi, signor Breshear, mi è costato un mucchio di ore di lavoro. Se sa qualcos’altro, me lo dica subito.»

«Nient’altro, lo giuro.»

Lei lo guardò diritto negli occhi.

«Nient’altro», ripeté lui.

«Mi ascolti bene», gli disse puntandogli di nuovo il dito addosso. «Non l’arresto. Per ora. Ma che non le passi nemmeno per l’anticamera del cervello di andare da qualche parte. Ci saranno agenti di polizia a sorvegliare casa e ufficio. Sarà messa sotto sorveglianza anche Kelly. Fate la mossa sbagliata e io do il via ai fuochi artificiali. Cominciando con una bella e lunga chiacchierata con Marcia.»

Breshear sbatté convulsamente le palpebre.

Era piacevole, ammise tra sé Petra. Finalmente qualcuno che riusciva a intimidire in quella dannata inchiesta.

Mentre si allontanava, si aprì la porta di casa e una voce femminile domandò: «Darrell, caro? Chi era?»


Tornò a casa sentendosi improvvisamente molto lucida, ora che la struttura portante dell’ultima notte di Lisa prendeva forma… se Breshear era stato finalmente sincero.

Un appuntamento alle dieci e mezzo, il sequestro avvenuto fra quell’ora e le undici e venti, il trasferimento al Griffith Park della durata di mezz’ora almeno, probabilmente di più. Assassinata tra la mezzanotte e le quattro.

La macchina. Quale? PLYR 1? PLYR 0? Una delle altre? Ramsey, con tutti i suoi mezzi di trasporto, le sue case, i suoi recinti e cancelli, il suo Larry Schick, era un indiziato da incubo. Il crimine paga se hai le tasche già ben imbottite.

Erano quasi le undici quando varcò la soglia di casa. Troppo tardi per chiamarlo? Lo fece lo stesso. Quattro squilli, poi una vocina di bimba disse: «Quando sentite il bip, lasciate un messaggio. Bip. E bip e bip e…»

Intervenne Ron. «Banks.»

«Ciao, sono Petra.»

«Petra.» Pronunciò il suo nome con piacere. Aveva bisogno di sentirsi adulata. «Come va?»

Gli riferì della Porsche, del nuovo racconto di Breshear, della cronologia che ne risultava.

«Pensi che sia sporco?»

«Se la fidanzata non ci sta raccontando balle galattiche sul suo alibi, non avrebbe avuto il tempo. Ma chi può dirlo. Che cosa c’è?»

«Avevo chiesto allo sceriffo di Carpenteria se potevano tenermi un occhio sulla casa di Ramsey. Mi avevano assicurato che avevano già disposto delle pattuglie e oggi alle sette meno un quarto mi hanno telefonato dopo averti cercato al tuo ufficio, dove non ti hanno trovata. Risulta che Ramsey non si è visto per un po’, ma stamattina è arrivato Greg Balch, ha lasciato la sua Lexus ed è ripartito a bordo della Jeep di proprietà di Ramsey, quella con la targa…»

«PLYR 0», lo precedette Petra.

«Allora lo sai già.»

«Sapevo che Ramsey possiede una Jeep, ma non che l’avesse presa Balch.»

«Non volevo calpestarti i piedi chiamando Carpenteria, ma… siccome ero già stato in contatto con loro, mi è sembrata una buona mossa. Un aiuto sceriffo ha fermato Balch che usciva dalla casa verso mezzogiorno. Balch gli ha mostrato le sue credenziali, un biglietto da visita, una foto di lui con Ramsey, le chiavi della villa. Ha detto che era passato a prendere la macchina perché doveva portarla dal meccanico per un controllo. Abbastanza strano, visto che non mancano i meccanici a Santa Barbara.»

«Una pulizia particolarmente approfondita?» ipotizzò Petra. O Ramsey voleva avere a disposizione una vettura a trazione integrale perché aveva in progetto un po’ di fuoristrada? Tutte quelle colline…

«Forse adesso che c’è un possibile testimone oculare Ramsey non è più tranquillo come prima.»

«Forse.» Lo mise al corrente dell’intervento di Larry Schick.

«Allora quadra», concluse lui. «Comunque…»

«Grazie di nuovo, Ron. Tua figlia ha una vocina simpatica.»

«Cosa… ah, era Bee. È un’esibizionista. Adesso dormono tutt’e due. Finalmente.»

«È un bell’impegno, vero?»

«Ci vuole un po’ perché chiudano gli occhi. Mia madre dice che si approfittano di me. Comunque domani posso dormire fino a tardi. È il mio giorno libero. Le accompagna a scuola la nonna.»

«Buon per te», ribatté Petra. «Io potrei fare un salto a Montecito. Ti va di accompagnarmi?»

«Senz’altro», accettò prontamente lui. «È una bella passeggiata.»


Sdraiata in un’oscurità così densa da sentirsi sospesa, rifletté su Lisa che veniva rapita e squartata, su Balch che saliva alla villa a prendere la Jeep.

Ramsey sulle spine per colpa di un bambino che rubava libri… dovunque fosse.

Il fatto che nel giro dei senzacasa non lo conoscesse nessuno la lasciava perplessa. Non si era aggregato ad altri fuggiaschi, non aveva cercato aiuto in qualche centro di assistenza. Un solitario. Eppure una logica c’era. Un bambino con la passione dei libri rappresentava un caso anomalo. Era probabilmente un emarginato anche a casa sua. Ma perché nessuno ne aveva denunciato la scomparsa? Dov’erano i suoi genitori?

La spiegazione più immediata era che aveva subito qualche violenza. Un intellettuale undicenne… che scappava da Dio solo sapeva che cosa. Un bambino così testimone di un delitto. Comprensibile che non si fidasse di nessuno.

Un sopravvissuto. E ora la polizia aveva fatto di lui una preda.

Lei era la polizia.


Si era appena assopita quando squillò il telefono. Era passata da molto la mezzanotte e il cuore le salì in gola per un orribile momento di panico irrazionale sulla sorte di suo padre. Poi ricordò che per lui le sofferenze erano un capitolo chiuso per sempre. Uno dei fratelli? Kathy?

«Detective Connor?» chiese una nervosa voce femminile. «Sono di nuovo Adele, dalla stazione. Sono davvero spiacente di disturbarla a quest’ora, ma è arrivata una chiamata per il detective Bishop, intercontinentale, e a casa sua non risponde nessuno. Lei è la sua partner e visto che è un’intercontinentale, ho pensato…»

«Intercontinentale da dove?»

«Vienna. Un ispettore di polizia di nome Tauber. Deve aver dimenticato la differenza di fuso orario.»

«Grazie, me lo passi.»

«Detective Bishop?» disse una voce ruvida.

«Sono la sua partner, detective Connor.»

«Ah. Sì, sì, sono l’ispettore Ottemar Tauber, chiamo da Vienna.»

La comunicazione era priva di disturbi, la ruvidezza era tutta nella voce dell’austriaco. Tossì, si schiarì la gola un paio di volte.

«Salve, ispettore. Mi chiama per Karlheinz Lauch?»

«Due giorni fa il detective Bishop ha inoltrato una richiesta di indagine sul conto di Herr Lauch», spiegò Tauber. «Lo abbiamo localizzato. Purtroppo non vi sarà possibile interrogarlo perché è deceduto.»

«Quando è morto?»

«Quindici mesi fa, pare.»

«Causa del decesso, ispettore?»

«Cirrosi epatica, pare.»

«Un uomo così giovane», commentò Petra.

Tauber fece schioccare la lingua. «Cose che capitano.»

Lauch depennato dalla lista degli indiziati per l’assassinio di Lisa. Valeva a dire che le analogie tra il caso di Lisa e quello di Ilse Eggermann non valevano niente.

O no?

Ramsey nei panni del pluriomicida? No, troppo fantasioso.

La telefonata di Tauber le aveva pregiudicato il sonno oltre ogni speranza. Era tesa, sveglissima. Andò in cucina, bevve acqua gelata, passeggiò, si sedette al tavolo, si alzò e accese lo stereo. Derek and the Dominos. Non aveva più ascoltato musica dopo la visita di Ron.

Pensa, pensa… L’eliminazione di Lauch obbligava a concentrarsi su Ramsey. L’aveva spiata, pedinata. I responsabili di violenza coniugale erano spesso ossessivi. L’ipotesi reggeva.

Se aveva spedito Balch a prendere la Jeep era perché aveva usato il fuoristrada per l’omicidio? E la Mercedes era stata solo un diversivo? Ricordò quando Ramsey aveva acceso per lei le luci del suo museo e le aveva mostrato la berlina grigia. Probabilmente nella speranza che lei gli chiedesse di esaminarla, sapendo che non avrebbe trovato niente.

Balch che faceva il lavoro sporco per il suo padrone.

Tutt’a un tratto, forse per il buio, forse per i nervi a fior di pelle, la sua mente ebbe un violento sussulto.

E se Balch avesse avuto una parte attiva?

O avesse agito per proprio conto?

Tesa come una corda di violino, ricontemplò il caso da una prospettiva nuova.

Basta spostare un poco la testa e l’angolazione cambia completamente.

Balch come protagonista principale. Tornando all’inizio di tutte le sue ipotesi, sostituendo Balch a Ramsey.

Quadrava.

Lisa e Balch… un altro uomo maturo. Una storia di cuore… e denaro?

Poiché era Balch a firmare gli assegni, a gestire le finanze di Ramsey, era probabilmente a conoscenza della sua situazione economica meglio del principale. Un manager che si arricchiva con i soldi del divo di cui manovrava le sostanze: niente di nuovo sotto il sole.

Balch in combutta con Lisa per derubare Ramsey? L’ex moglie e il lacchè invidioso che trovavano comunione di sentimenti nel loro odio per l’uomo di successo?

Lisa aveva contattato quel broker, Ghadoomian, preannunciando un’imminente indipendenza economica, il desiderio di studiare un piano di investimenti. Poi tutto si era dissolto nel nulla.

Perché papà non le aveva versato i cinquantamila promessi? O era andato storto qualcos’altro?

L’avidità l’aveva spinta a esagerare nelle pretese provocando la rottura fra lei e Balch?

Petra vi meditò a lungo. Balch non era il tipo di sciupafemmine, ma Lisa non era una ragazza convenzionale. Elementare stabilire quale potesse essere il movente di Balch: portarsi a letto la ex del suo quarterback, la donna che Ramsey non era stato capace di soddisfare, avrebbe garantito una gioia immensa a un fallito come lui.

Tutti quegli anni a proteggere Ramsey sui campi da football e nella vita professionale, vedendo svanire i propri sogni di successo sullo schermo mentre Ramsey accumulava milioni di dollari. Per tutta l’adorazione che gli aveva dimostrato, Ramsey era stato avaro nelle ricompense, non lo aveva certo aiutato a far carriera dopo quelle prime, poche apparizioni in pellicole di infima qualità. Balch dichiarava di non avere talento, ma lo stesso si poteva dire di numerosi attori di seconda categoria che pure lavoravano intensamente. E Ramsey, che senz’altro avrebbe potuto ritagliargli uno spazio sul set, lo aveva invece installato in quella topaia a passare carte, mentre lui conduceva la vita del divo. Perché almeno non un ufficio più dignitoso?

Ramsey che dice a Balch: non ti meriti niente di meglio.

E se Balch avesse infine concluso il contrario?

Con l’aiuto di Lisa. Alla quale piaceva correre rischi. Ne aveva corso uno di troppo?

Poi le sovvenne un’altra circostanza: Balch viveva ai Rolling Hills Estates, vicino a Palos Verdes. Il corpo di Ilse Eggermann era stato abbandonato vicino a Marina del Rey, ma il suo appuntamento con Lauch aveva avuto luogo a Redondo Beach, a poche uscite di autostrada dalla penisola.

Immaginò Balch che si fermava al molo di Redondo a mangiare o bere qualcosa. Osservava Ilse e Lauch litigare, Ilse che piantava Lauch in asso. Vedeva materializzarsi la sua occasione.

Avendo notato Ilse perché gli ricordava Lisa?

Convincerla non sarebbe stato difficile. Un uomo maturo, gentile, galante. Ilse sarebbe stata particolarmente vulnerabile, una straniera rimasta appiedata, sola nella notte.

Dopo un maiale come Lauch, Balch le sarebbe potuto apparire come un vero cavaliere.

E la somiglianza tra Lisa e Ilse non era una coincidenza, perché da anni Balch reprimeva la sua passione per la moglie del principale.

Subire, sempre subire… Balch soccorre Ilse, pretende una ricompensa in natura, ottiene un rifiuto.

In un impeto di collera, la uccide. La fa franca.

Anni dopo, sottoposto a un ricatto, con le spalle al muro, perché non riprovarci?

Petra riesaminò la situazione dal principio. Balch riesce a uscire di nascosto di casa mentre Ramsey dorme. Usa la pista antincendio al volante di una delle automobili del suo padrone. Ma Estrella Flores lo vede. Non le è mai stato simpatico, forse giudicava con sospetto qualunque cosa facesse.

Lui la elimina.

Fin qui nessuna sbavatura.

Forse l’indomani mattina le sarebbe apparso tutto ridicolo. Al momento le piaceva.

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