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Alle sette di sera il capitano Sepulveda non era ancora tornato e i tecnici avevano smesso di effettuare prelievi. Il sole era basso e le querce ostruivano la luce morente del giorno. Il sergente Grafton era tornata alla sua automobile. Petra aveva finito con Ramsey.

Lawrence Schick scortò il suo cliente alla Rolls, rimanendo imperturbabile quando Petra si accodò. Ramsey si sedette in macchina a guardare dal finestrino aperto. Sembrava invecchiato di colpo.

«Se ho bisogno di mettermi in contatto con lei…» cominciò Petra.

«Stiamo andando a cena», la informò l’avvocato. «Al Biltmore, Santa Barbara.»

«E dopo aver cenato?»

Schick si lisciò le ciocche. «Non è la serata adatta per brandy e sigari, mi pare, detective, dunque penso che rientreremo a Los Angeles. Piacere di averla conosciuta. La prego di continuare a comunicare per mio tramite.» Si batté due volte la pipa nel palmo, si sedette al posto di guida, ruotò un polso esile. Il motore si accese e la Rolls si avviò silenziosa, eccetto che per un lievissimo frusciare di ghiaia.

Pochi minuti dopo giunse Sepulveda con una serie di mandati. «Tutti i giudici erano a giocare a golf», spiegò. Ne aveva approfittato per cambiarsi e ora indossava una tuta con il distintivo dell’ufficio dello sceriffo di Carpenteria.

Nonostante il nullaosta di Ramsey, non era stata iniziata alcuna perquisizione perché il sergente Grafton aveva voluto aspettare Sepulveda.

Petra aveva cercato Schoelkopf per informarlo del tentativo di Balch di riparare a Las Vegas. Non aveva avuto risposta e l’agente di servizio l’aveva avvertita che era fuori a cena, ma non si sapeva in quale locale. Nessuna fortuna nemmeno con Wil Fournier.

Stava per chiamare Stu quando arrivò Sepulveda. In quel momento Ron stava usando il cellulare. Parlava con le figlie.

«Per il momento ci concentreremo sulla casa», decise Sepulveda agitando i mandati. «Al resto della proprietà penseremo domattina. Ho a disposizione i nostri tecnici e uno specialista di impronte digitali di Ventura che una volta lavorava con noi e che secondo me è ancora il più in gamba. Ha intenzione di farci compagnia?»

«Per un po’», rispose Petra.

«Sa che non posso lasciarla partecipare alla perquisizione. Ho l’obbligo di colorare dentro le righe.»

«Possiamo guardare?»

Sepulveda rifletté. «Perché lei e il suo collega non vi mettete comodi laggiù?» Le indicò la panchina di legno che circoscriveva il tronco della quercia più grande. L’inclinazione dei rami più bassi garantiva una certa intimità.

«Non posso proprio guardare, capitano?»

«Se troviamo qualcosa le do un fischio.»

Petra gli rivolse un breve sorriso e andò alla panchina. Dura come pietra e fredda. Ron la raggiunse mentre parlava ancora al telefono. «Sono orgoglioso di te, Bee. Grazie di fare come ti dice la nonna. Ciao.» Chiuse il cellulare. «Non possiamo entrare?»

«Il nostro nuovo allenatore ci ha destinati alla panchina», gli rispose Petra.

«Qui ci sono troppe giurisdizioni», si lamentò lui. Le si sedette accanto, le sfiorò la punta delle dita con il pollice. «Ma non è sempre un male, giusto? Non si sa mai chi ti capita di conoscere.»

Petra sorrise, accettando volentieri la sua carezza, ma incapace di pensare ad altro che al lavoro, tutto quello che aveva da fare.

Si fece prestare il telefono, provò di nuovo Wil. Di nuovo nessuna risposta, ma intercettò Schoelkopf.

«Ramsey è appena stato qui con Schick», gli disse.

«E allora?»

Petra gli riassunse il colloquio e gli riferì della telefonata fatta da Balch alla Westward Charter.

«Mi sembra che a questo punto il quadro sia completo, no? Balch. Merda. E voi che eravate così sicuri che fosse Ramsey. Ti immagini la giornata campale che ci avrebbe fatto passare la stampa per un granchio come quello? A un passo dall’aver incriminato un innocente. Va bene, Barbie, bocca cucita con tutti finché non avrai avuto mie notizie. Non una parola. Intesi?»

Sei tu quello che ha la linea diretta con gli organi d’informazione, imbecille. «Certamente, capitano.»

«Dico sul serio. Bocca più serrata di… quello che è. Di Las Vegas mi occupo io. Ho conoscenze tra i colleghi di laggiù. Marcano normalmente da vicino alberghi e motel. Se è lì, lo troveremo. Intanto tu chiama le compagnie aeree. Mettici anche Fournier.»

«Non sono riuscita a contattarlo», ribatté Petra.

«Io l’ho visto oggi pomeriggio. Prova a casa. Che cosa succede lì adesso?»

«Hanno appena cominciato la perquisizione della casa.»

«Tienimi d’occhio quei villici. La Flores è chiaramente il frutto dell’albero di Lisa, dunque il caso è nostro.»

«Che cosa facciamo con il figlio della Flores a El Salvador?»

«Che cosa ne facciamo?»

«È preoccupato per la madre. Gli ho promesso di fargli sapere.»

«Ti ho detto che per il momento nessuno deve sapere niente. Un altro giorno o due non gli cambieranno la vita. Se trovano qualcosa in casa, chiamami immediatamente.»

Tolse la comunicazione.

Ron rimase in silenzio.

«Non dirmi che non ti ho mai portato in un posto interessante», lo apostrofò Petra. «Le bimbe stanno bene?»

«Benissimo.»

«Se vuoi tornare a casa, io mi troverò un passaggio.»

«No, resto. C’è niente che possiamo fare oltre a girarci i pollici?»

«Chiamare le compagnie aeree.» Petra guardò il telefono. «Ti arriverà una bolletta che sarà peggio del debito pubblico nazionale.»

Lui rise. «Riceverete la fattura.»

Era rimasto con lei per tutto il giorno, tenendosi sempre un passo indietro. Per un veterano come lui non doveva essere stato facile, e per tutta ricompensa lei non faceva che usargli il telefono. «Sei sicuro che Alicia e Bee non abbiano bisogno di te?»

«Mia madre le porta fuori a mangiare una pizza. E resta a dormire da noi.»

«Brava nonna.»

«La migliore», convenne lui. «Dopo la morte di mio padre, pensavo che sarebbe precipitata nella depressione. Gli aveva dedicato la vita intera. All’inizio era giù, ma poi ne è uscita bene. Si è iscritta a un corso di paddle tennis ed è entrata in un gruppo della divulgazione della lettura, si è messa a viaggiare. Sente la sua mancanza. Il loro era stato un gran bel matrimonio. Ma se la cava bene.»

«Quando è morto tuo padre?»

«Due anni fa.»

«Anche il mio.»

Lui le prese la mano, gliela strinse, gliela lasciò.

«Non ho madre», aggiunse Petra. «È morta dandomi alla luce.»

Ron tacque. Un uomo sensibile. Lei non lo guardò. In quel momento non desiderava un contatto a quel livello.


Al terzo tentativo rintracciò Fournier a casa. «Ho cercato di comunicare con quel cellulare per un paio d’ore», si scusò lui. «Dove sei?»

Gli raccontò tutto.

«Incredibile», fu il suo commento. «Dunque in questo momento Balch potrebbe essere dovunque.»

«È stato abbastanza stupido da chiamare la Westward Charter usando il suo nome vero, perciò può darsi che ci vada bene.»

«Come vuoi che ce la dividiamo?»

«Fai tu. A proposito, guarda che S. vuole che ci mettiamo sopra un coperchio a tenuta stagna.»

«Scateniamo una caccia all’uomo per ritrovare Balch, ma non lo diciamo a nessuno?»

«Non prima che lui abbia ricevuto ordini da sopra.»

«Splendido», si rallegrò Wil. «E il bambino, dove lo mettiamo?»

«Per il momento resta in secondo piano.»

Lui sbuffò. «Ma certo, visto che finalmente gli ho trovato un nome. Le segnalazioni di Watson hanno pagato. William Bradley Straight, dodici anni. Viveva in un campeggio di trailer. Comunità di emarginati. Scomparso da qualche mese. Se ha visto davvero uccidere Lisa, non è il suo solo problema. Qualcuno ha ammazzato sua madre, pare per averla spinta contro uno spigolo. Il responsabile è probabilmente il suo uomo, un balordo di nome Buell Moran. E adesso viene il bello. Moran è stato visto aggirarsi per Hollywood a mostrare alla gente l’identikit del ragazzino.»

«Oh no», gemette Petra. «È a caccia dei venticinquemila.»

«Spingerebbero anche me a darmi da fare e io non vivo in un rimorchio.»

«Dio», mormorò Petra. William Bradley Straight. Un ragazzino con un progetto di sopravvivenza, convinto di avere una possibilità. Patetico. Che cosa gli avevano fatto?

«Allora», riprese Wil, «vogliamo dividerci quelle compagnie aeree?»

Quando Petra ebbe chiuso la comunicazione, Ron chiese: «Che cosa c’è?»

«Un altro orfano.»

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