70

Saddlewax Road era a poche centinaia di metri per Palos Verdes. Lungo il percorso Petra scorse due bambine in perfetta tenuta da cavallerizza in sella a splendidi cavalli dal mantello scuro. Le sorvegliava un’istruttrice su uno stallone nero.

La casa di Balch era a tre quarti della strada alberata, un ranch a stucco color albicocca in fondo a uno spesso tappeto di edera. Il terreno circostante, come quello delle case vicine, era delimitato dal solito steccato bianco. Ragazzini che giocavano a basket; un uomo in polo color verde smeraldo che innaffiava una Corvette d’epoca. L’atmosfera generale era quella di famiglie dal roseo futuro.

Strano posto per uno scapolo. Forse il residuo di un matrimonio.

Anche sopra il portellone del box di Balch era fissato un canestro. Nessun veicolo parcheggiato davanti. Le poche rose piantate a ridosso della casa erano esili e appassite e le assicelle del tetto deformate. Davanti all’ingresso si era accumulata la corrispondenza di quattro giorni. Un foglietto pinzato alla zanzariera avvertiva che l’ufficio dello sceriffo aveva sequestrato l’immobile e che l’accesso era vietato. Nessuno si era preoccupato della posta.

Wil telefonò allo sceriffo e ottenne l’autorizzazione a entrare. Se lui e Petra avessero prelevato qualcosa, ne stilassero un elenco e gliene facessero pervenire una copia. Mentre lui si armava di buste di plastica e moduli dal bagagliaio dell’automobile, Petra raccolse la corrispondenza. Poi entrarono.

Il soggiorno era al buio. Rancido. Cosparso di giornali ancora ripiegati, indumenti sporchi, lattine vuote di birra e pepsi, bottiglie di succo d’arancia e di vodka. Un patito di screwdriver.

Un porcile, proprio come l’ufficio. Al contrario della Lexus. Mentre Petra leggeva la corrispondenza, Wil attaccò i divani, rimuovendo i cuscini, togliendone la fodera, asportandone l’imbottitura.

Il servizio postale non aveva recapitato corrispondenza, solo fatture e pubblicità. Tre giorni prima Balch era stato visto a Montecito a scambiare le automobili dopo aver seppellito Estrella Flores. Dove le aveva tagliato la gola? Probabilmente nelle colline dietro a RanchHaven. Petra era propensa a credere che avesse sopraffatto la cameriera a casa e l’avesse portata via passando per la pista antincendio, per ucciderla in un luogo appartato. Aveva quindi caricato il cadavere in macchina, avvolto nella plastica e nascosto nel bagagliaio, per trasportarlo a Montecito, dove lo aveva sotterrato. Aveva lasciato la Lexus laggiù perché convinto di averla pulita e perché non c’era ragione che i poliziotti andassero a controllare la seconda casa di Ramsey.

Aveva prelevato la Jeep perché quello era il veicolo che aveva usato per assassinare Lisa e voleva assicurarsi che anch’esso fosse pulito a sufficienza?

Ricordò il suo atteggiamento durante il colloquio. Dimesso, sottotono. Nemmeno un accenno di intemperanza, ma se era malato di mente fino a quel punto, perché avrebbe dovuto sentirsi a disagio?

L’allusione al brutto carattere di Lisa, alle critiche che rivolgeva a Cart. Scarpe da corsa nuove di zecca. E bravo il nostro signor Gregory Balch. Perché allora un uomo così astuto aveva fatto il lacchè per tutta la vita?

Per rubare dalla cassa del suo boss in attesa del momento giusto per scomparire? Avendo in origine progettato di farlo con Lisa, fino al giorno in cui qualcosa era andato storto?… Forse in quel preciso istante Balch era in Brasile con un paio di valigie piene di denaro contante e nel cuore e nella mente la soddisfazione di aver distrutto la vita di Ramsey in più di un senso.

Il frigorifero in cucina le offrì il mesto spettacolo delle scorte di uno scapolo, solo pietanze comperate già cotte, in gran parte di un ristorante cinese della zona, insieme con altro succo d’arancia, altra Smirnoff.

In soggiorno Wil proseguiva nella sua lenta, meticolosa opera di demolizione.

Petra decise di compiere un giro dell’abitazione. Trovò tre camere da letto, due completamente vuote, una ridotta a un caos disgustoso; due bagni, una zona pranzo comunicante con la cucina e, accanto al soggiorno, uno studio con le pareti perlinate e una finestra che dava dietro casa. Lo studio conteneva solo una poltrona reclinabile rivestita in pelle e un televisore a schermo gigante. Sopra l’apparecchio riconobbe un decodificatore illegale. Accese il televisore e fu aggredita dalla visione di un metro e mezzo di pene che penetrava in una vagina in un sottofondo di gemiti e mugolii.

«Ah, gli uomini», commentò Wil ridendo.

Petra spense il televisore, aprì le tende. Il terreno retrostante era di dimensioni discrete, con alcuni alberi e una piscina ovale. Ma l’erba era alta abbastanza da farne fieno e l’acqua nella vasca era una zuppa verdastra. Un muro alto e una corona di arbusti proteggevano la proprietà da sguardi indiscreti da parte dei vicini. Fortuna per i vicini.

Anni-luce dal tenore di vita principesco di Ramsey. Altrettanti anni trascorsi a non somigliargli minimamente.

Decise di affrontare la camera che sembrava un porcile. Puzzava come il fondo di una cesta per la biancheria sporca. Letto matrimoniale da grandi magazzini, lenzuola e federe nere con le macchie tipiche dei capelli grassi. Calzò i guanti e sigillò la biancheria da letto nelle buste di plastica che aveva portato con sé. Il materasso era ammuffito. Anche con le mani protette dalla gomma, provava ribrezzo a toccare quella roba.

Davanti al letto c’era un altro televisore, stesse dimensioni, con un secondo decodificatore. Sintonizzato sulla stessa stazione porno. Fazzoletti di carta appallottolati e riviste monografiche nel comodino completarono il quadro della solitaria vita sessuale di Balch. Sfogliò le riviste nella speranza di qualche scena sadomaso particolarmente cruenta che convalidasse la tesi di una psiche patologicamente aggressiva, ma trovò solo convenzionali fantasie da maschio eterosessuale. Le scene più perverse erano di bondage all’acqua di rose.

Prese debitamente nota e infilò il materiale pornografico in un’altra busta.

Pile di biancheria intima sporca creavano un tappeto accidentato tra la sponda sinistra del letto e una parete. Probabilmente Balch dormiva sul lato destro e gettava gli indumenti dall’altra parte. L’armadio a muro conteneva una serie di tute da ginnastica di colori diversi, jeans e magliette, tutte con l’etichetta di Macy’s. Un sacco di plastica con il biglietto di una tintoria sull’Hawthorne Boulevard conteneva due paia di calzoni e tre camicie, nonché l’abito blu di seta che gli aveva visto indosso il giorno della notifica.

Sequestrò gli indumenti protetti dalla plastica. Lasciava la biancheria sporca per terra per giorni interi, ma aveva mandato quei capi in tintoria.

Probabilmente i vestiti che indossava mentre aveva ucciso Lisa. Due paia di calzoni, tre camicie.

Se c’erano macchie di sangue, perché il tintore non se n’era accorto? Esaminò il ripiano sopra gli indumenti appesi. Tredici faldoni. Le scritture contabili di Balch. Le analizzò con calma.

La sua sola fonte di reddito era lo stipendio che percepiva da Ramsey. Aveva cominciato venticinque anni prima a venticinquemila dollari l’anno. Aumenti progressivi l’avevano portato a centosessantamiia. Una somma accettabile, ma niente in confronto ai milioni che incassava il principale.

Non risultavano investimenti degni di nota. Deduceva il deprezzamento della casa di Saddlewax, acquistata quindici anni prima, e i leasing sulle sue automobili (c’erano state Buick e Caddie prima della Lexus), ma non risultavano altre proprietà immobiliari. Per quattordici anni aveva versato mensilmente gli alimenti a Helen Balch di Duluth, Minnesota. Da nove anni ne versava anche ad Amber Leigh Balch.

Il nome di Helen evocava una donna di mezza età, la classica prima moglie. La casa era stata comperata quattordici anni prima… subito dopo il matrimonio? Se così era, la separazione era avvenuta di lì a un anno.

Amber Leigh aveva il sapore di uno pseudonimo tipico dell’Industria. Petra la immaginò come una guastafamiglie con gambe da puledra, una bambolona dal petto prorompente, tratti non abbastanza regolari perché si potesse dire dal viso attraente, grande criniera di capelli. Probabilmente biondi, si era indotti a pensare dopo Lisa e Ilse. Anche con lei non era durata a lungo.

Duemila al mese a Helen; millecinquecento ad Amber.

Il suo mensile netto ammontava a ottomila dollari. Seicento andavano per la Lexus. Tolti quelli e gli alimenti alle due ex consorti, gli restavano meno di quattromila dollari. Negli ultimi anni aveva ricevuto rimborsi fiscali per ventimila circa. Non si era all’indigenza, ma comunque nell’ordine di grandezza delle noccioline per un operatore nel mondo dello spettacolo.

Perquisì meticolosamente la stanza senza trovare documenti relativi all’esistenza di altri fondi. A differenza di Lisa, lui non aveva fatto progetti in campo finanziario. Forse Lisa aveva riciclato per conto suo?

Finché aveva preteso di più. O aveva cercato di ricattarlo. Denaro e passione. Non c’era alternativa.

Sentì sbattere una porta. Guardò dalla finestra e vide Wil diretto al box. Lo vide aprire il portellone con un telecomando. Il box era vuoto. Petra tornò ai suoi documenti, etichettò i faldoni a uno a uno. Passò alle altre stanze.

La prima camera da letto vuota era esattamente quello che sembrava. Nella seconda, però, trovò altro bottino nell’armadio a muro: tre scatole da scarpe piene di fotografie. La prima conteneva foto professionali vecchie di trent’anni di squadre di football di liceo e college, con le faccie dei giocatori troppo piccole perché si potessero riconoscerne i connotati. Poi venivano ritratti più dilettanteschi di Ramsey e Balch in assetto atletico, giganteschi paraspalle imbottiti, vite da vespa.

Il Bel Tenebroso e il suo biondo amico del cuore, entrambi sorridenti e famelici, pronti a mettere sotto i piedi il mondo intero.

Poi foto del primo matrimonio. Balch era ancora snello e abbronzato e Helen era una bruna attraente con i capelli corti e l’aria della ragazza seria. Nelle fotografie scattate quando era più matura mostrava di essere invecchiata bene, di aver conservato una bella linea e di aver cominciato presto a usare di tanto in tanto gli occhiali.

Poi Helen che teneva in braccio un neonato. Vestito di rosa. Una bambina. Balch non aveva mai parlato di figli durante il colloquio, ma non ce n’era stato motivo, l’argomento di conversazione era la vita di altre persone. Ricordava come aveva schivato tutti gli accenni personali. Ora capiva perché.

Una ventina di fotografie della bimba, senza nome sul dorso. Molto graziosa, bruna come la madre. Istantanee fino all’età di otto anni o giù di lì, poi più niente.

Per colpa del divorzio o di qualcosa di più grave… per esempio un decesso? Un altro lutto nella triste esistenza di Balch?

Nella seconda scatola c’erano versioni in dimensioni ridotte delle fotografie che Petra aveva visto appese nell’ufficio di Balch. Quasi tutte di Ramsey, poche sue. I fotografi erano più di uno.

L’ultima scatola era quasi vuota. Vi trovò un solo ritratto di nozze eseguito da un fotografo di Las Vegas. Ecco un collegamento. Balch in abito scuro e camicia bianca, faccia rosea, un po’ gonfia, aria un po’ stordita, torreggiava accanto ad Amber Leigh che era minuscola e asiatica, con zigomi incredibili e tette smaccatamente artificiali. Non la bambolona che aveva immaginato Petra, ma senz’altro una bambolina.

Sposava donne brune, ma ammazzava le bionde.

Sotto la foto c’era una busta con una data di tre anni prima.

In un’arrotondata scrittura infantile, la busta era indirizzata al signor G. Balch. Sul retro era indicato il mittente, Caitlin Balch. Niente indirizzo, timbro postale di Duluth, Minnesota.

Stessa scrittura sull’unico foglio di carta a righe.


Caro papà,

oggi mi è stato consegnato il diploma e ho vinto anche un premio per la mia orchestrina, ma non credo che t’importi. Non telefoni mai e non vieni più a trovarci e non mandi mai gli alimenti in tempo e adesso che la mamma sta male è veramente difficile per noi. Ti scrivo solo perché la mamma mi ha detto che lo dovevo fare, tu dovresti sapere quando tua figlia prende il diploma.

Non t’importa. Vero?

Tua figlia (credo)

Caitlin Lauren Balch


Commovente. Le aveva mai risposto? L’assenza di altre lettere faceva pensare di no.

Nessuna foto di Lisa né di Ilse Eggermann. Sarebbe stato chiedere troppo.

Se l’una o l’altra delle donne uccise aveva nutrito qualche sua intima ossessione, aveva probabilmente distrutto tutte le prove al riguardo. O le aveva portate con sé per giocarci.

Petra infilò gli elastici intorno alle tre scatole e le stava portando fuori quando sentì il richiamo di Wil.


Aveva allineato tutto sul pavimento del box.

Sei pistole, due rivoltelle e quattro automatiche, tre carabine, due fucili, fra i quali un Mossler di pregio. Scatole di munizioni per tutti. Il box era impregnato dell’odore di lubrificante per armi da fuoco.

Rastrelliera per utensili montata sopra un banco da lavoro vuoto, due cassette per attrezzi piene di ogni bendidio, altre due contenenti accessori da pesca, sei canne, sette mulinelli.

«Da lago e da altura», commentò Wil con ammirazione. «Gran belle esche, anche. Mosche fatte a mano. E guarda qui!»

Coltelli. Petra ne contò trentadue.

Coltelli da caccia, pugnali da combattimento, coltelli per disossare a lama lunga che Wil aveva detto di aver trovato nelle cassette delle esche.

«Un uomo a cui piace sparare e tagliare, Petra. Su uno dei coltelli per disossare c’è del sangue. Può essere di trota. Ma non si sa mai.»

«Pesca e caccia», mormorò Petra annuendo. «Forse ha anche un capanno da qualche parte nei boschi.»

«Ci manca giusto questo, uno di quei patiti della natura, amanti dei corsi di sopravvivenza. Sarà meglio usare tutte le precauzioni del caso con questi aggeggi. Vado a prendere dei guanti freschi e la videocamera.»


Quando finirono erano quasi le otto e un quarto. La casa era diventata quasi insopportabilmente torrida, ma intanto l’olfatto di Petra si era abituato all’odore.

«Ci siamo guadagnati il salario», esclamò Wil e accese di nuovo il televisore. Cambiò canale passando da una scena di sesso orale a un notiziario. «Giusto in caso sia successo qualcosa di interessante. Sembra che non abbiamo altro modo per essere messi al corrente.»

Le notizie erano solo di cronaca nera: una bambina di nove anni rapita a Willow Glen, una sparatoria a Florence e un’altra ad Angeles Crest. Niente però su Lisa o William Bradley Straight.

«Lavoro, lavoro, lavoro», sospirò Wil. Sbadigliò e si srotolò le maniche della camicia. Aveva ripiegato la giacca di lino e l’aveva lasciata sulla mensola del caminetto. Dopo aver rivestito quest’ultimo con uno strato protettivo di plastica del dipartimento. Sembrava non meno provato di quanto si sentisse Petra.

Sbadigliò di nuovo. «So che a questo punto dovremmo gettare la rete per Balch, ma almeno io ho bisogno di mangiare qualcosa…»

Si interruppe alzando la mano per chiedere silenzio. Qualcosa sullo schermo lo aveva risvegliato di colpo.

«… maschio di razza bianca», stava riferendo il cronista. «L’identità non è ancora stata resa pubblica, ma i funzionari dell’ufficio dello sceriffo hanno descritto la vittima come un uomo dalla corporatura notevole, sul metro e novanta di statura e molto grasso. Il corpo era stato smembrato, ma le parti non erano ancora state sparse in questo remoto angolo di boscaglia. I boy-scout che probabilmente hanno disturbato l’assassino hanno riferito di aver visto un’automobile allontanarsi a forte andatura e con le luci spente. Per ora è tutto, Chuck. Vi aggiorneremo quanto prima.»

Fournier usò il telecomando per passare rapidamente da un canale all’altro. Trovò altri tre telegiornali in corso, ma o la notizia dello smembramento era stata data o solo una delle emittenti aveva avuto l’informazione.

«Che cosa c’è?» cercò di sapere Petra.

«Un metro e novanta, molto grasso», ripeté lui. «Sarà una coincidenza, ma si avvicina maledettamente alla descrizione di Buell Moran, il mezzo idiota che cercava il ragazzino. Quello che probabilmente ha ucciso sua madre. D’accordo, so anch’io che questo è il paese degli obesi, però… Avevamo una mezza idea che avesse sentito che il piccolo Straight era stato avvistato sulla costa e si fosse diretto a ovest. In tal caso è possibile che si sia imbattuto in qualcuno che gli abbia fatto pensare di poterlo aiutare e poi gli abbia fatto lo sgambetto. Non sostengo che sia lui, sappiamo quanti motociclisti fanno una brutta fine ad Angeles Crest, e molti sono grandi e grossi, ma questa è troppo carina per lasciarla passare.»

«Carinissima», convenne Petra. «Da concorso di bellezza.»

«E c’è un altro aspetto, Petra. Questa storia dello smembramento e il fatto che lo abbiano trovato ad Angeles Crest mi ha ricordato un caso a cui ho lavorato anni fa, quando mi occupavo dei russi. Ai russi piace fare a pezzi i cadaveri. Una volta ne abbiamo pescato uno in flagrante. Si concentrano soprattutto sulla testa e le dita delle mani pensando di poter impedire l’identificazione. E all’epoca usavano Angeles Crest. Lo avevano appena scoperto. Il tizio che mi ha passato la soffiata sul ragazzino è russo. La prima volta che l’ho visto, mi ha fatto scattare qualcosa dentro. Occhi da delinquente.»

«Perché avrebbe ucciso Moran?»

«Metti che fossero in gara per quei venticinquemila? Metti che siano entrambi malati cronici di avidità, due poco di buono, incapaci di controllare i loro impulsi. Il russo, che si chiama Zhukanov, vede Moran che gira mostrando a tutti la faccia del ragazzino e si spaventa. Oppure Moran lo affronta, gli dice di essere il padre del bambino, rivendica un diritto di prelazione. E Zhukanov conclude che è un individuo troppo scomodo. Guarda che quei russi sono cattivi, Petra. Quello che abbiamo preso a preparare lo spezzatino di carne umana aveva intascato duecento dollari. Immagina cosa farebbe uno così per venticinquemila.»

«Se Zhukanov si è sentito minacciato al punto da uccidere Moran», osservò Petra, «potrebbe voler dire che avrebbe appreso qualcosa di nuovo sul piccolo Straight, forse ha scoperto come rintracciarlo dopo aver parlato con te. Vediamo se ci sono messaggi.»

«Ci sono messaggi per te», confermò la centralinista, «ma ho un telefono che scotta. Non posso andar su a controllare.»

In sala operativa non le rispose nessuno. Petra riattaccò e Wil recuperò la giacca dal caminetto. Si passò una mano sulla fronte scura e liscia come liquirizia e compose un numero al telefono. Petra lo riconobbe: era quello dell’ufficio sceriffi alla Centrale. Il quartier generale da cui dipendeva Ron.

«Care vecchie camicie beige», le disse. «La loro percentuale di soluzioni è il doppio delle nostre, ma loro non hanno a che fare con regolamento di conti e testimoni dalla bocca cucita… Pronto, sono il detective Fournier, dipartimento di Hollywood. Può per piacere…»

Petra uscì a caricare le scatole da scarpe in macchina. Al buio la via di Balch era silenziosa e tranquilla, tante famiglie felici davanti ai rispettivi maxischermi. Se solo avessero saputo. Si colmò il naso di tiepida aria fragrante di pini. Chissà che tempo c’era a Duluth, Minnesota? Che cosa avrebbe pensato Helen Balch quando lo schermo di casa sua si fosse riempito della faccia del suo ex?

Quando rientrò in casa, trovò Wil sorridente.

«Nessun documento d’identità sul corpo, ma hanno la testa, grazie alla cortese premura dei boy-scout. La descrizione corrisponde a quella di Moran nella maniera più assoluta. So che abbiamo accumulato abbastanza straordinari da meritarci la pensione, e non hai idea di quanto avessi voglia di metter giù la testa, Petra, ma credo che faremo bene a dare un’occhiata a questo russo. Forse non riusciremo a risolvere il caso di Lisa stasera, ma non sarebbe bello risolvere almeno qualcosa?»

«Sarebbe stupendo», ribatté Petra. «Ti va se ci fermiamo sulla strada a prendere qualcosa da mangiare? C’è un posto cinese sull’Hawthorne da cui si serviva Balch. Dubito che avesse buon gusto, ma non si sa mai.»

Загрузка...